I calabresi del banco pegni

I calabresi del banco pegni I calabresi del banco pegni Processo agli uomini del clan Avevano dei giudici per amici Una pagina oscura torna in tribunale. Si celebra da ieri in corte d'appello (presidente Capirossi) il processo per associazione per delinquere di stampo mafioso contro Domenico Belfiore - già condannato all'ergastolo per l'omicidio del procuratore Caccia e il suo clan di calabresi. Belfiore è comparso dietro le sbarre. A pochi metri, a piede libero, il cognato Placido Barresi. In tribunale i due principali imputati furono condannati per «associazione semplice» a 3 anni e 8 mesi. Ieri il pg Burzio ha chiesto per loro 8 anni di reclusione. Stessa pena per gli altri presunti promotori dell'organizzazione mafiosa, Sergio Landonio, Paolo Ponzi e il milanese Franco Zigon. Per gli «affiliati» Rocco Gasperoni, Claudio Barnbara, Giuseppe Belfiore ed Elio Scarrone l'accusa ha proposto 4 anni di carcere. Manca in questo processo la figura di maggior spicco: Gianfranco Gonelia. Nel corso del primo processo fu colpito da ictus e una perizia l'ha definito improcessabile a causa delle sue condizioni di salute. Gonelia gestiva un bar che ospitava una bisca clandestina: Barresi e Belfiore gli offrirono la loro protezione. Era il 1983: nacque in quel modo un «rapporto d'affari» che consentì al gruppo di crescere vistosamente «sia nelle attività lecite che in quelle illegali». Gonelia controllava attraverso prestanome il Banco dei pegni di piazza Carignano, la gioielleria Corsi di via Roma, il ristorante Muletto di corso Casale, la finanziaria Prest Firn ed altre società. Ma prestava anche soldi ad usura e i calabresi riscuotevano i crediti con sistemi assai poco ortodossi che sembrano essersi assai diffusi in questi ultimi anni. A Gonelia faceva pure capo il calcio scommesse clandestino e un traffico di oro e gioielli ricettati. Suo amico era 1 allora sostituto procuratore anziano Luigi Moschella, dimessosi dalla magistratura in seguito allo scandalo e condannato hi un al- tro processo. Nella sua relazione il giudice Bellone ha ricordato 1'«inizio inquietante della vicenda». Il 13 agosto viene scarcerato Barresi, il 20 i calabresi Pronestì e Gullace sono arrestati sotto la procura con una calibro 38 dalla matrice abrasa. Li si sospetta di progettare l'omicidio di un magistrato. Pochi giorni dopo è ucciso ad Orbassano il sardo Carlo Sanna che si era subito attivato per far liberare Pronestì. Belfiore e Barresi vengono arrestati per favoreggiamento. Manca una data a questa ricostruzione: il 26 giugno, quando è assassinato il procuratore Caccia. L'attacco del clan continua mesi dopo con l'invio al successore di Caccia, il dottor Scardulla, di una lettera anonima che tenta di screditare un altro magistrato molto duro con i calabresi, Maddalena. Con i rapporti fra il finanziere del clan e Moschella si è riaperta una pagina oscura per la magistratura torinese. Anche il pg Burzio l'ha evocata parlando di «convocazioni di magistrati - fra cui Moschella - a casa Gonelia per discutere di questioni giudiziarie». «Terribile» è l'aggettivo scelto dall'accusatore. Il pg ha ricordato che Gonelia, i suoi amici ed «alcuni magistrati» cenavano insieme al ristorante Cont Piolett. Ha rievocato questi episodi a riprova della «espressione di potenza che il gruppo dei calabresi esercitava ostentando l'amicizia di magistrati». I gestori del locale, i coniugi Taghante, erano disorientati. Subirono un'estorsione e scapparono all'estero. «Il vero motivo della fuga della coppia ad Ibiza - scrisse il pm del primo processo - è la situazione di terrore in cui i Tagliante si erano venuti a trovare». Subito dopo il magistrato aggiunse: «La loro fuga porterà al fallimento della finanziaria limi e dal crack il Gonelia acquisterà il Muletto». Per poco o niente. Alberto Gain©

Luoghi citati: Gonelia, Ibiza, Orbassano