E le torinesi vestivano alla Direttorio di Luciano Curino

E le torinesi vestivano alla Direttorio Oggi in omaggio con La Stampa un altro fascicolo della «Storia del Piemonte a fumetti» E le torinesi vestivano alla Direttorio Con l'arrivo di Napoleone «ifranseis an carossa e noi a pé» I francesi del generale Bonaparte entrarono a Torino e due giorni dopo re Carlo Emanuele IV lasciò la città e raggiunse la fedele Sardegna. Era il 9 dicembre 1798 che per gli zelanti giacobini torinesi diventò l'anno settimo della Repubblica francese e primo della Libertà piemontese. Torino ha 94 mila abitanti. Con una serie di decreti il generale Joubert cerca di rendere repubblicana la città sabauda. Ha dalla sua parte i giacobini che, secondo il Cognasso, sono «nobili declassati, borghesi, professionisti senza lavoro, preti e frati in rotta con la chiesa. Molti gli ingenui ubriacati dalla retorica rivoluzionaria». E lo storico parla di ufficiali francesi che si installano nelle case espellendone i proprietari; di soldati che nei ristoranti pranzano senza pagare e se non sono soddisfatti sfasciano i mobili; chiamano "marmottes" i torinesi. Comunque, non si arriva agli eccessi del Terrore parigino, non si vedono «aristocrates à la lanterne». Si dà alla città una nuova bandiera: rosso, turchino, arancione. Il calendario è quello francese con i mesi chiamati vendemmiale, nevoso, germinale, messidoro, brumale, ventoso, fiorile, termidoro, glaciale, piovoso, pratile, fruttidoro. Si cambiano i nomi di vie e piazze che evocano il passato. In piazza Nazionale, ex piazza del Castello, e nella altre maggiori piazze si innalzano gli alberi della libertà con in cima il rivoluzionario berretto frigio, e il patibolo in piazza Carlina. Arredi e quadri di palazzo reale, di case patrizie e di comunità religiose sono mandati ai musei parigini. Fuse le campane di molte chiese e le targhe di bronzo del Municipio e della Cittadella per farne cannoni. La chiesa di Santa Cristina diventa la Borsa di Commercio. Alle dieci di sera caffè e luoghi pubblici devono chiudere. Cognasso: «Nelle vie della città si ebbe il trionfo della moda parigina: berretti rossi, fasce rosse, tricolori, pennacchi, stivaloni come i padroni. Le donne si misero al collo il nastro rosso della ghigliottina e vestirono alla Direttorio». I ragazzi dagli 8 ai 15 anni sono inquadrati nelle legioni delle Speranze della Patria e istruiti alle armi. Si aprono club politici un po' ovunque, il più importante nell anfiteatro di anatomia dell'Università, ma non è che siano troppo animati. Liberté, égalité, fraternité è scritto sui vessilli rivoluzionari, i torinesi commentano: «I franseis an carossa e noi a pé». Il potere giacobino dura poco più di cinque mesi, finché gli austro-russi cacciano i francesi e il generale Suvarov occupa Torino. Luciano Curino

Persone citate: Bonaparte, Carlo Emanuele Iv, Cognasso, Fuse, Joubert

Luoghi citati: Piemonte, Sardegna, Torino