Messinis: sono un consulente non consultato

Messinis: sono un consulente non consultato Definitive e irrevocabili le dimissioni dalla Fenice per «incompatibilità» con il sovrintendente Messinis: sono un consulente non consultato Polemica anche col sindaco, che aveva annunciato la pace fatta VENEZIA. Alle nove paginette del sovrintendente Gianfranco Pontel per il suo piano sulla Fenice, il consulente artistico Mario Messinis risponde con nove righe secche: tanto è lunga la lettera di dimissioni al presidente dell'ente lirico, il sindaco Ugo Bergamo. «Data la situazione che si è verificata nel consiglio di amministrazione, ove è apparsa la posizione del sovrintendente, così lontana dalla mia, desidero comunicarle che non posso assumermi la responsabilità di condividere un programma di lavoro futuro, sia per l'impostazione culturale che per le preoccupanti incognite economiche e operative. Pertanto ritengo di dover rassegnare le dimissioni dall'incarico. A questo mio disagio si aggiunga il problema delle troppe smentite di fatti reali, tra i quali, innegabile, la mia posizione di consulente non consultato». Si concede una battuta all'inglese, il professore, in mezzo a questa vicenda che ha invece tutto il carattere dell'Ita liett a dei partiti, ormai fuori tempo massimo. La vicenda ha perfino aspetti surreali. Neanche 15 giorni fa Pontel dichiarava a ogni pie sospinto tutta la sua fiducia in Messinis. Perfino l'altra sera, mentre lui se ne andava sbattendo la porta, sovrintendente e sindaco dichiaravano che non vi era alcun contrasto. E ieri, nel ricevere la lettera di dimissioni, lo stesso Bergamo invitava il musicologo a ponderare la propria decisione, dopo di che si affrettava a sbandierare ai quattro venti che il consulente ci aveva ripensato, costringendolo a inviare un secondo, inequivocabile fax. Addirittura Pontel replica in serata con un comunicato, testualmente: «Prendo atto con viva sorpresa di questa decisione». S'infuria con i giornali, il sovrintendente. Perché lo attacca¬ no? Perché non lo capiscono? Perché strapazzano, ad esempio, la sua idea di dare man forte alle feste popolari veneziane? Perché, a lui che vuole rilanciare l'ente, trovare pubblico fresco, legare teatro e città e insieme lanciarlo come «palcoscenico del mondo», se possibile pure risparmiando denaro, perché, dunque, a lui è riservato questo trattamento? La risposta gliel a danno quelli che con il mondo della lirica convivono da decenni, addetti ai lavori e appassionati musicofili. Gli stessi che avevano implorato il ministro Margherita Boniver di non firmare il decreto di nomina. Tutti, a cominciare da Messinis, eccepiscono che non si va al risparmio, caso mai allo sperpero. Qualcuno ironizza su questa specie di piano quinquennale, dal tardivo sapore di socialismo reale. Qualcun altro osserva come Pontel abbia ancora in mente il piano «Feste po¬ polari» con il quale si era presentato insieme alla Fininvest da assessore socialista al Turismo. Il filosofo Massimo Cacciari parla di gestione «da Pro loco». Il musicologo Alfonso Malaguti, l'unico dei consiglieri che abbia votato contro il piano, è severo: «Si vuole rendere La Fenice sede di eventi berlusconiani che nulla hanno a che fare con la lirica». Quanto alla trovata di un festival all'aperto, il musicista Claudio Ambrosini ricorda le parole di Arturo Toscanini: «All'aperto si fanno solo le gare di bocce». Francesco Valdambrini, direttore del Conservatorio, chiede il commissariamento dell'ente. E c'è chi prevede l'orlo del precipizio per il Gran Teatro, che ha appena celebrato i due secoli di storia, entro 6 mesi al massimo: poi, hai voglia a far risorgere l'uccello mitologico dalle ceneri. Mario Lodo

Luoghi citati: Bergamo, Venezia