Disonorata «non colpevole»

New York, fine '800: il movimento femminile salva l'italiana condannata a morte New York, fine '800: il movimento femminile salva l'italiana condannata a morte Disonorata, «non colpevole» Ferita nell'onore, uccise l'amante compaesano Doveva essere la prima donna sulla sedia elettrica IUTTO ha inizio con uno stupro e finisce con una crociata: nel giro di un anno, tra il 1895 e il 1896, il movimento femminile in cappellino e mantella riesce a vincere negli Stati Uniti i pregiudizi razziali e a salvare la prima donna destinata alla sedia elettrica. E' l'italiana Maria Barbella, approdata a New York da Ferrandina, paese di capre e di sassi della Basilicata. Fu accusata di aver ucciso l'uomo che l'aveva sedotta promettendole il matrimonio. A strappare dal braccio della morte di Sing Sing l'unica detenuta condannata alla pena capitale è Cora Slocomb, la moglie americana di un conte friulano. Detective in gonnella, capace anche di infuocare gli animi in difesa della Barbella, la Slocomb riuscirà a raccogliere prove in difesa della condannata e a farle commutare la pena. La bella e combattiva Slocomb, trasferita da New Orleans nel castello friulano dei Brezza con il marito Detalmo, gentiluomo-inventore con una passione per l'ingegneria civile, era un personaggio indubbiamente originale per i tempi: «capitana d'industria» (anche se americana venne eletta presidentessa dell'Associazione italiana dell'impresa femminile), dopo il matrimonio in Friuli aveva dato slancio alla lavorazione del merletto ed esportava con successo trine e ricami. Ma era molto legata al suo paese d'origine, dove tornava di frequente. Leggendo sui giornali del caso clamoroso della giovane italiana e i resoconti del processo, prima ancora che venisse pronunciato il verdetto aveva immediatamente intuito cosa sarebbe accaduto: la Barbella, poverissima, ignorante della lingua, della mentalità e del costume americani, difficilmente se la sarebbe cavata. Ecco dunque la Slocomb, accompagnata dal Conte, trasferirsi a New York per mobilitare e sollevare l'opinione pubblica dopo la condanna a morte: la «piccola» Barbella - era molto minuta e bassa di statura - avrebbe dovuto essere giustiziata tramite la prima sedia elettrica che, inventata nel 1889 da un dentista di Buffalo, il dottor Alfred Southwick, era considerata un gran progresso rispetto all'impiccagione. A ricostruire minuziosamente la storia della difficile battaglia è oggi la pronipote della Slocomb, Idanna Pucci, della nota famiglia di stilisti fiorentini, nel volume II fuoco dell'anima, in libreria il 9 aprile, pubblicato da Longanesi. E' la storia di un fatto di cronaca ricco di implicazioni: infatti le autorità americane volevano, tramite 0 processo Barbella, dare una lezione esemplare agli emigrati italiani e dimostrare che nel loro codice il delitto d'onore non era contemplato. Il processo Barbella diventerà una doppia occasione di dibattito sulla pena di morte e sulla condizione femminile. «Ho incontrato la storia dell'impresa tentata dalla mia bisnonna Cora solo un giorno, per caso - racconta la Pucci -. In famiglia di Cora si parlava poco anche perché ogni storia di instabilità mentale era un argomento tabù e Cora fu chiusa nel manicomio di Imola: aveva 44 anni e i suoi nervi cedettero da un giorno all'altro, improvvisamente un caldo pomeriggio di maggio». Era invece un caldissimo pomeriggio di aprile del 1895, la' temperatura era salita di colpo da 12 a 32 gradi, quando la Barbella davanti a quattro testimoni aveva inferro un colpo di lametta alla gola del lustrascarpe Domenico Cataldo, con cui dà qualche mese conviveva. «Lasciami in pace, vai bene solo per i porci», era stata l'ultima ingiuria che le aveva gridato il Cataldo senza nemmeno girarsi dal tavolo del bar dove stava giocando a carte. Domenico era sul punto di mettere in atto un progetto a cui da tempo pensava: ripartire per l'Italia e abbandonare la Barbella violata nell'onore senza le dovute nozze riparatrici. Era stata un'esistenza misera quella della Barbella - spiega la Pucci -. L'emigrata, di professione cucitrice, viveva a Mott Street come una reclusa. Per andare nella sartoria dove lavorava faceva sempre la stessa strada. Durante il tragitto un giorno il lustrascarpe l'aveva abbordata. «Cataldo racconta ancora la scrittrice - le disse che anche lui era originario della Basilicata, di Chiaromonte, il che era vero; che aveva mille dollari in banca, il che era un po' più della verità; che aveva 28 anni, che era un po' meno della verità; che era stanco di vivere da scapolo, che era tutto falso». Capelli corvini, il viso dai tratti marcati, Maria non era una bellezza ed era anche molto timida. A Domenico, il primo uomo che l'aveva corteggiata e che poi la costrinse a forza a perdere la verginità, aveva consacrato tutta se stessa. Cataldo era un professionista della seduzione e a Little Italy era già noto per le attenzioni rivolte ad alcune minorenni «persuase» ad accoppiarsi con lui con gli stessi mezzi usati con Maria. Tutto questo non venne fuori al processo: la Barbella non conosceva l'inglese e i suoi avvocati, nominati d'ufficio, non si curarono di farle esporre la dinamica dei fatti. Nella revisione del processo, provocata dalla Slocomb con nuovi difensori, la sartina di Mott Street raccontò quello che realmente era accaduto. Contro di lei fu avviata comunque una pesante campagna di stampa che tirò in ballo persino le teorie 1 ombro siane: «Se il professor Lombroso fosse in questa città scriveva un giornale -, indicherebbe Maria quale conferma di molte sue conclusioni riguardo alle donne criminali. Il suo aspetto mostra la sua natura animale. La mascella è pesante, la fronte bassa, le orecchie sono sporgenti. Il lato destro del volto è più grande di quello sinistro». Alla fine del primo processo Maria fu chiusa nella prigione di New York. Per ottenere il rinvio della sentenza, la Slocomb le tentò tutte: volantinaggio con notizie sulla storia dell'assassinio, coinvolgimento di amici influenti, azioni presso i singoli giornali. Lettere anonime la mi¬ nacciarono di morte e al suo fianco venne messo Joe Petrosino, l'investigatore che quindici anni dopo sarà giustiziato dalla mafia a Palermo mentre cercava i collegamenti tra clan siciliani e americani. La campagna a favore della Barbella, sostenuta da molte associazioni femminili, divenne l'occasione anche per una riflessione sulle condizioni degli emigrati. Tra le argomentazioni usate per sconsigliare l'uso della sedia elettrica vi fu persino quella della difesa del pudore: «Se Maria Barberi dovesse essere giustiziata - quasi tutti i giornali storpiavano il cognome della Barbella - la si dovrebbe portare alla presenza di parecchi uomini dopo averle rasato il cranio e scoperta fino a tutta la coscia. Non può essere uccisa con le gambe decentemente coperte, sennò le gonne potrebbero prendere fuoco». «Il tribunale è zeppo di uomini», protestava la presidentessa dell'Associazione nazionale per il suffragio delle donne Susan Stanton, che vent'anni prima era stata arrestata perché aveva osato votare. Il nuovo processo in cui la Barbella apparve completamente trasformata - grazie agli aiuti ricevuti in carcere dal gruppo che si andava ingrossando delle sue sostenitrici - durò 24 giorni e si tennero anche udienze serali. La piccola italiana era sempre vestita di nero ma in maniera curata e quasi elegante e aveva imparato a parlare in inglese. L'interesse del pubblico era grande e l'attesa del verdetto snervante: c'era la curiosità morbosa di vedere di persona la Barbella che nel corso dei mesi aveva occupato le pagine dei giornali ed era diventata una celebrità. Ma vi era anche molta attesa perché l'esito del processo avrebbe chiarito la posizione dello Stato di New York nei confronti della pena di morte alle donne. Con il passare dei giorni anche la parte della stampa che era stata ostile alla Barbella cominciava a cambiare posizione. Quando la giuria pronunciò il verdetto: «Non colpevole» il pubblico che riempiva la sala era composto non solo da italiani ma anche da molti americani, in gran maggioranza donne. Appena uscita dal tribunale la Barbella incontrò la contessa di Brazza e il marito che le immortalò con la sua macchina fotografica. Dopo qualche tempo la Barbella sposò un italiano. Ma il suo nome era destinato a comparire di nuovo nei titoli di testa. Questa volta venne addirittura definita «eroina»: aveva salvato una vicina di casa dalle fiamme. Mirella Serri Un'americana in prima fila per Maria Barbella Parla Idanna Pucci, che ricostruisce la battaglia Cora Slocomb, la salvatrice di Maria Barbella, era sposata con un conte-inventore friulano Maria Barbella: l'America l'accusò senza pietà perché voleva dare una lezione esemplare agli emigrati italiani e dimostrare che nel suo codice il delitto d'onore non era contemplato