La guerra del sì e del no fra invettive e tradimenti di Area Pds

TUTTI I GIOCHI La guerra del sì e del no fra invettive e tradimenti HillI m j TUTTI I GIOCHI Lm ROMA ™ ULTIMA polemica scoppia sull'intervento del professor Giovanni Sartori, l'eminente politologo che, dall'America dove insegna, interviene sul Corriere per chiedere a Mario Segni di chiarire una volta per tutte la sua posizione sul «doppio turno», minaccia di votare «no» e definisce la battaglia sul referendum «una contesa stranissima». Svelando che «il grosso dei maggiori partiti raccomanda l'approvazione della proposta Segni, e dunque appoggia il Sì, ma poi si scopre che quel sì sottintende un No a quel che il referendum propone». Labili alleanze costruite sulla sabbia. E ancor più vaghe, per usare un eufemismo, dichiarazioni. Il referendum propone l'uninominale a un turno, ma chi lo vuole? Si chiede il professore. «Sino alla morte e senza mai un'ombra di dubbio, soltanto Pannella». Tutti gli altri, i «doppi» de, gli «amletici del pri» non dicono, fingono di dire, o si pronunciano per il turno doppio «che in realtà è cosa diversissima». E giù fendenti. Con Franco Bassanini, pidiessino referendario «doc», firmatario del patto originario di Segni e compagni, che dà ragione a Sartori a dà addosso all'amico Mariotto, chiamandolo «ambiguo»: «Dica con chiarezza che il successo del Sì non pregiudicherà una scelta fra uninominale a uno o a due turni, tranquillizzando gli elettori sugli effetti del loro voto», lo esorta. Mentre i repubblicani, piccati, dalle pagine della Voce si stupiscono per l'accusa e accomunano l'esimio professore all'odioso Orlando «che ha pubblicamente dichiarato che, se vincerà il Sì, si batterà fino alla morte perché la legge elettorale resti esattamente quella definita dal quesito». Come dire tanto peggio, tanto meglio. Orlando il traditore. Che aveva subito sposato la causa referendaria e poi ha inopinatamente cambiato fronte, indifferente ai turni singoli, doppi o tripli, alla pari del suo fido Nando Dalla Chiesa. Sulla loro scia alla fine si è accodato anche il giudice Antonino Caponnetto, il quale ammette che la riforma elettorale lui la vorrebbe «ma oggi una vittoria del Sì avrebbe un solo risultato: dare carta bianca a questo Parlamento per preservare l'attuale classe dirigente». E confessa che lui veramente era per l'astensione. La posizione del professor Asor Rosa, pidiessino del «no», quando la particella negativa dentro il costituendo pds sot- tolineava l'appartenenza all'ala dura. Oggi astenuto in segno di distinzione. Distinguersi. Separarsi dagli altri, dal mucchio dei «nemici», o dai propri compagni o ex compagni di strada. Che sia anche questa una delle motivazioni sottili che guidano gli spostamenti delle ultime settimane? Occhetto, D'Alema e soci si pronunciano per il Sì? Ingrao e Tortorella si schierano dall'altra parte, insieme agli ex colleghi comunisti Garavini e Libertini e coi missini. E col No, per sfiducia nell'ammucchiata che ormai non sa di vecchio e per «la mancanza di una discussione razionale nel merito» finisce anche Stefano Rodotà, il rigoroso ex presidente del partito. Pannella referendario di ferro? L'ex parlamentare radicale Mauro Mellini considera quello del 18 aprile «un referendum truffa che rischia di consegnare un assegno in bianco per sanare Tangentopoli». Pino Rauti è per il sì, all'opposto di Gianfranco Fini. E i verdi storici Mattioli e Scalia, firmatari del patto, si buttano sul No, contro Rutelli e Ripa di Meana. Vale anche l'opposto. Bettino Craxi resiste, da sempre antireferendario e proporzionalista. E un tempo il partito era con lui compatto, da Martelli a Spini, passando per Formica. Poi, a poco a poco la maggioranza è trasmigrata, volente o nolente. Giuliamo Amato per primo, che aveva dichiarato il referendum elettorale «incostituzionale». E giù gli altri. Stupefatti come Gianni De Michelis che, mentre Craxi dichiara «Voto No» lo fissa negli occhi senza dire una parola. Dubbiosi come Gino Giugni, il quale ammette che «a sinistra molti voti andranno al No perché Segni è antipatico». E alla fine, paradossalmente, con l'ex capo resta solo il professor Gallo, l'ex presidente della Consulta che a Craxi aveva dato del «nazista». Più convinti forse, tutto sommato, dei de che quel Sì se lo sono proprio fatti strappare di bocca. E nemmeno tutti osano dirlo in pùbblico. Forlani per esempio, continua a piangere il buon vecchio sistema proporzionale e sostiene che «gli unici sì che contano sono quelli dati quando si forma il governo». Andreotti sulYEuropeo si cimenta in spiegazioni oscure, sostenendo che «si tratta di una vera riforma, collimante con una tendenza diffusa, che copia le spa». E Segni, muto sui doppi turni, denuncia i doppi giochi nel suo partito. Maria Grazia Bruzzone Segni nel mirino del politologo Sartori per la sua ambiguità, e Bassanini approva Ma il pri accusa: non fate come Orlando Psi spaccato, con Craxi solo il «nemico» Gallo QUELLI DELL'ULTIMA ORA wmmMM Giorello BENVENUTO (PSI] : Enrico MANCA [PSI] Carlo RIPA DI MFANA [VERDI] FORLANI ANDREOTTI I «MISTERIOSI» Giulio ANDREOTTI [DC] Francesco COSSIGA m« ■ , ilEANA «RASSEGNATI» E «INDIFFERENTI» Arnaldo FORLANI [DC] Paolo CIRINO POMICINO [DC] Ciriaco DE MITA [DC] Antonio GAVA [DC] Gianni DE MICHELIS [PSI] Rino FORMICA [PSI] Claudio SIGNORILE [PSI] Umberto BOSSI [LEGA] INGHAU próoitnMoirasi Bettino CRAXI [MBl I «VOLTAGABBANA» Leoluca ORLANDO IRETE] Nando DALLA CHIESA IRETE] Gianni MATTIOLI (VERO!) Massimo SCADA [VERDI] ORLANDO. I «DISSENZIENTI» Stefano RODOTÀ' [PDS] Carlo PALERMO [RETE] Mauro MELLINI [AREA RAO, PP M MATTIOLI RODOTÀ PALERMO LE «SORPRESE» Antonino CAPONNETTO [RETE] Ettore GALLO [PRI-Ex PSI] Giovanni SARTORI [DOC. UNIVERS.] CAPONNETTO ASOR ROSA GLI «ASTENUTI» Alberto ASOR ROSA [Area PDS]

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