Reviglio il mio Eni giurò la trasparenza
Il ministro replica alle accuse di Di Donna Il ministro replica alle accuse di Di Donna Reviglio: il mio Eni giurò la trasparenza ROMA. Al momento della nomina a presidente dell'Eni, Franco Reviglio chiese a tutti i presidenti delle società «caposettore» del gruppo chimico-petrolifero nazionale (come l'Agip, la Snam e l'Enichem) di sottoscrivere dichiarazioni giurate in cui garantivano la correttezza della gestione finanziaria, l'assenza di «fondi neri» e la trasparenza dei bilanci. «Con la presente dichiaro - recita il testo delle dichiarazioni, tutte firmate - che allo stato attuale delle mie conoscenze non mi risulta che durante il periodo in cui ho ricoperto la carica di (...) della (...) dal (...) al (...) vi siano state operazioni poste in essere dalla società che non siano state registrate nei libri e nelle scritture contabili in conformità alle leggi e ai contratti, accordi, convenzioni etc stipulati. In particolare non mi risulta l'esistenza di conti bancari, depositi e fondi cassa, nonché di altre componenti del patrimonio della società, che non abbiamo trovato adeguato e completo riscontro nelle scritture contabili». E' questa l'unica notizia nuova emersa nel turbinoso «day-after» dell'intervista con cui l'ex vicepresidente dell'Eni Leonardo Di Donna ha sparato a zero sulle gestioni Reviglio-Cagliari dell'ente tirando in ballo anche la Snam (che, con l'Eni, ha annunciato querela) e il Pei, nelle persone di Cervetti e Cossutta, che a loro volta hanno smentito e annunciato querele. Reviglio, con quelle dichiarazioni giurate, voleva cautelarsi contro il malaffare. Per di più, il ministro del Bilancio confuta le accuse di presunte «truffe fiscali» e mancate chiusure di finanziarie «compromesse». «Tutte le società estere - spiega - confluirono nell'Eni International Holding cui fu affidato il ruolo di controllo della gestione delle attività estere. L'Hydrocarbons di Zurigo, che non venne sciolta, si limitò soltanto a gestire rapporti pregressi e le proprie partecipazioni». Quanto alle accuse di «truffa fiscale». Reviglio osserva che il rilievo nasce dalla confusione tra evasione ed ottimizzazione. «Nel caso del bilancio Eni '86 si è trattato di ottimizzazione, come è comprovato dal fatto che il bilancio fu certificato da una primaria società di revisione, di cui l'Eni, su mia iniziativa, fu il primo ente a chiedere l'intervento». Anche Di Donna ha voluto rettificare alcune sue dichiarazioni: «Non erano tangenti i pagamenti Snam per il gas sovietico, erano provvigioni». Retromarcia innescata? No, spiega, semplice precisazione: «All'inizio degli Anni 80, la questione delle intermediazioni per il gas russo fu al centro di polemiche, confermo la mia ricostruzione: all'inizio la Snam negò tali pagamenti che poi risultarono avvenuti, fu accertato però che si trattava di provvigioni». E le telefonate di pressione di Cossutta e Cerquetti? «Mai ricevute», stoppa Di Donna, aggiungendo che a telefonare per metterlo in guardia dalle strumentalizzazioni contro Cossutta e Cerquetti, fu Eugenio Cefis, quello di razza padrona, [r. e. s.j Il ministro del Bilancio Franco Reviglio
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