Il fascino del teatro un'infanzia ritrovata

Il fascino del teatro un'infanzia ritrovata Il fascino del teatro un'infanzia ritrovata un'infanzia ritrovata. E fin d'allora non stabilii gerarchie tra le varie forme di teatro: opera lirica, prosa, avanspettacolo, cinema». Così Macchia nei Frammenti di una autobiografia letteraria, che, inediti, aprono il volume. Il quale, nella sua maestosa architettura in sette sezioni, non parla certo di storia teatrale soltanto: ma si può anche percorrerlo trasversalmente seguendo il filo rosso di questa specifica disciplina, lasciando ai musicologi puri la stupenda sesta sezione {Il teatro della musica) e ai fotocinéphiles la settima (La camera oscura). Anche così, anche secondo quest'ottica, tutto sommato gretta e utilitaristica, anche cedendo al nostro peggior demone, quello mai abbastanza deprecato della specializzazione, il libro ci riserva incontri stupendi. Né L'eros (1986) Macchia rivisita uno dei suoi eroi prediletti, don Giovanni, tra teatro gesuitico, scenari dei comici italiani e, naturalmente, Molière: l'«uomo che sperpera il suo coraggio», l'uomo che «esalta la metamorfosi, la diversità del momento, che è vita» e che si trova ad opporsi ad una statua, cioè a «l'immobilità, l'immobilità della morte»: un contrasto, questo, che «diventa una delle espressioni più eminenti del dramma barocco, con significati allegorici e soprannaturali». Né La malinconia (1973) il teatro di Molière, pressoché nella sua totalità, vien ripercorso, senza per questo affatto sminuirlo, anzi marcandone la solitaria e disperata grandezza, come un teatro di «salute e dannazione, arma di difesa e d'attacco, fon¬ te di liberazione e di stralunata confessione indiretta» dell'autore. E' un teatro che lascia inquieti, sollecitando ad ogni incontro nel lettore-spettatore la domanda: «da che parte è Molière?». Servendosi di documenti anche minuti (così in luì mettono ancora frutto gli insegnamenti dei suoi maestri del metodo storico), Macchia ci spiega come le due pulsioni fondamentali del drammaturgo-attore furono «la malattia e la gelosia». E come la seconda fosse il «sintomo di una condizione più grave», «il fiore livido di una pianta minata dalle radici»: un'immensa e nebbiosa malinconia, una «tristezza accompagnata da timore e da diffidenza», che trova solo parziale sfogo nell'insistente, quasi maniacale polemica contro i medici, visti, «come accade nei bambini», come «fantasmi,

Persone citate: Macchia