Comprò lo borsa di Calvi Condannato un prelato di Gio. Bia.

Assieme a Flavio Carboni e Giulio Lena Assieme a Flavio Carboni e Giulio Lena Comprò lo borsa di Calvi Condannalo un prelato «Conteneva documenti compromettenti» Nessuno degli imputati andrà in carcere ROMA. Il faccendiere, il falsario e il prete: tutti condannati. Hanno maneggiato la borsa di Roberto Calvi, il presidente del vecchio Banco Ambrosiano trovato morto sotto il ponte dei «Frati neri» a Londra, e adesso un tribunale ha distribuito loro una manciata di anni di carcere, anche se tutti o quasi condonati: 5 per Flavio Carboni, ex collaboratore di Calvi, considerato il regista dell'operazione-ricettazione; 2 e mezzo a Giulio Lena, l'uomo che l'ha in parte finanziata; 3 e mezzo a monsignor Paolo Maria Hnlica, il sacerdote cecoslovacco che - per conto del Vaticano, secondo l'accusa -, doveva acquistare i documenti del «banchiere di Dio» offerti da Carboni. I condannati non andranno in galera grazie al condono, ma dietro il verdetto pronunciato dalla prima sezione del tribunale di Roma c'è la storia di una trama imbastita da un lato per guadagnare soldi, dall'altro per tirar fuori il Vaticano dalle sabbie mobili del «caso Calvi». Una vicenda che risale al 1985 e venuta alla luce nel maggio '88 grazie alle indagini del pm Francesco De Leo e del giudice istruttore Mario Almerighi. Monsignor Paolo Hnlica, animatore della società Pro Fratrìbus, doveva recuperare il contenuto della borsa di Calvi per conto del Vaticano, prima che quelle carte cadessero in «mani nemiche». Il prezzo pattuito con Car¬ boni - uno degli ultimi ad aver visto Calvi vivo a Londra -, il quale diceva di avere la disponibilità della borsa, fu di 51 miliardi. Quali erano gli intenti del monsignore? «Procurarsi da Flavio Carboni, per tutelare il buon nome del Vaticano, documenti lesivi degli interessi della Chiesa provenienti dalla borsa di Calvi, in parte materialmente sottratti subito dopo la morte di questi e in parte recuperati attraverso chiavi sottratte con la borsa». Così recita l'atto d'accusa. A garanzia di Carboni, padre Hnlica staccò degli assegni su un conto corrente dello Ior che però non furono onorati, e di qui sorsero i problemi del faccendiere che si era fatto anticipare i soldi per l'operazione di recupero della borsa da Giulio Lena. Al sacerdote Carboni aveva offerto anche degli «assaggi» dei documenti di Calvi: per esempio la copia di una lettera del banchiere al papa, nella quale Calvi ricordava a Giovanni Paolo H i finanziamenti elargiti a «Solidarnosc». E per sollecitare il pagamento degli assegni, Carboni stesso scrisse al Papa e padre Hnlica al segretario di Stato Casaroli: una missiva che però - dice lui - il prete firmò in bianco. In aula il prelato venuto dall'Est s'è difeso dicendosi vittima di un imbroglio, e soprattutto affermando che il Vaticano non c'entra, fu una sua iniziativa personale, [gio. bia.]

Luoghi citati: Londra, Roma