la guerra di «nano feroce» di E. 1.

la guerra di «nano feroce» la guerra di «nano feroce» Una pista porta al delitto di Ligato TRA MAFIA E POLITICA u N'AGENDA trovata in tasca ad Antonino Imerti potrebbe forse contribuire a svelare qualcuno dei più misteriosi ed inquietanti delitti verificatisi nel Reggino in questi ultimi anni. Come quello ad esempio dell'ex presidente delle Ferrovie dello Stato, il democristiano Lodovico Ligato, assassinato davanti alla sua villa di Borale, alla periferia Sud di Reggio la notte tra il 26 ed il 27 agosto dell'89 o quello del sostituto procuratore generale presso la Corte di Cassazione Antonio Scopelliti, ucciso il 9 agosto di due anni fa mentre rincasava dal mare nella sua casa estiva di Campo Calabro. Anche se nessuno dei numerosi rapporti stesi finora dalla magistratura sulla Tangentopoli locale o sul delitto Ligato figura in qualche modo il nome di Imerti o della sua cosca, è indubbio che gli inquirenti sperano di avere da lui utili indicazioni sui rapporti esistenti tra la classe politica amministrativa di Reggio ed i vari clan che erano interessati ai lavori in città. Per il delitto Ligato sono in carcere (la Cassazione discuterà il caso ai primi di aprile) i quattro politici indicati come componenti la «cupola» che gestiva da anni gli affari ed ai quali puntava anche Ligato dopo essere stato «licenziato» dalla presidenza delle Ferrovie. Si tratta dei due ex sindaci della città, Piero Battaglia (de) già parlamentare ed assessore alla Regione e di Giovanni Pala- mar a (psi) consigliere regionale; e poi dell'ex sottosegretario Franco Quattrone e dell'ex assessore regionale Giuseppe Nicolò, entrambi democristiani. La «cupola» gestiva e controllava sempre secondo l'accusa - tutti i più importanti lavori pubblici d'intesa con i clan con i quali Imerti era in qualche modo alleato, anche se la sua zona di dominio era altra, così come il suo campo di attività. Preferiva, pare, dedicarsi al traffico internazionale di droga ed in collaborazione con turchi, americani e siciliani. Proprio ai siciliani, si disse all'indomani del delitto Scopelliti, Antonino Imerti aveva fatto un grande favore. Il magistrato infatti doveva sostenere l'accusa, nell'autunno del '91, a carico degli imputati al primo maxi processo della mafia palermitana e per mesi aveva studiato i voluminosi fascicoli processuali e la ricostruzione delle cosche fatta dal giudice Falcone. Solo lui, si specificò, era in grado ormai di sostenere quella accusa; altri, dato il ristretto lasso di tempo e data la voluminosità dei fascicoli non ce l'avrebbero fatta per cui gli imputati sarebbero usciti per decorrenza di termini o per assoluzione. Da qui la decisione di uccidere Antonio Scopelliti e un delitto commesso nella zona di dominio e di influenza di Imerti non poteva avvenire senza il suo consenso, se non addirittura con il suo concorso. Ma questa pista sembrò poi svanire. [e. 1.]

Luoghi citati: Campo Calabro, Reggio