In cella il Riina calabrese di Enzo Laganà

Antonino Imerti preso dopo 7 anni con il cognato: era il capo di un clan che insanguinò Reggio Antonino Imerti preso dopo 7 anni con il cognato: era il capo di un clan che insanguinò Reggio In cella il Riina calabrese E'finita la fuga del re della 'ndrangheta REGGIO CALABRIA DAL NOSTRO CORRISPONDENTE Il «Riina della 'ndrangheta» era latitante da quasi sette anni. Antonino Imerti, 47 anni, soprannominato «nano feroce», è stato catturato ieri notte dai nuclei anticrimine della polizia e - per la prima volta - i reggini hanno avuto il coraggio di telefonare in questura ed esprimere il loro compiacimento per la cattura. Chi lo ha fatto spera probabilmente che finisca la guerra di mafia che ha insanguinato in questi anni la città ed i suoi dintorni causando centinaia di morti. Con quella di Imerti si è conclusa anche la latitanza di Pasquale Condello, che di «nano feroce» è cognato e luogotenente, con lui ha condiviso questi anni di violenza e di lotta tra i clan oltre che alcune condanne all'ergastolo. Li hanno presi poco prima delle 2 mentre probabilmente si spostavano da un covo ad un altro. Gli uomini della mobile avevano fatto in questi ultimi mesi terra bruciata nel territorio dei Comuni che stanno alle spalle di Villa San Giovanni, e che da sempre costituiscono la sua zona di azione dei boss. «Abbiamo usato anche apparecchiature sofisticate per intercettare telefonate e controllare segnalazioni via radio», hanno spiegato in questura, ma soprattutto hanno setacciato, specialmente di notte, alcuni centri abitati (Fiumara di Muro e San Roberto soprattutto), costrìngendo così Imerti e Condello a spostarsi continuamente per evitare la cattura. E ieri notte l'ennesimo appostamento ha avuto successo. Gli uomini della squadra mobile avevano circondato la frazione San Rocco di Fiumara mentre quelli del nucleo anticrimine si erano appostati lungo un canale di irrigazione che scorre a fianco di una strada interpoderale. All' 1,40 è scattato il blitz: le due persone che si muovevano tranquille al buio sono state immobilizzate. Erano Imerti e Condello. Entrambi armati di pistole semiautomatiche con doppio caricatore e proiettile in canna, non hanno avuto il tempo di accennare alla fuga o ad una reazione, «nano feroce» in jeans, camicia a scacchi e maglione verde con sciarpa al collo, ha avuto appena la forza di sorridere al vicequestore Blasco che aveva diretto l'operazione, a dirgli in faccia: «Lei continua a fregarmi!». In pratica era dal 7 luglio del 1986 che il dottor Blasco, che dirige la squadra mobile reggina, gli dava la caccia. Quella sera «nano feroce» si era reso irreperibile dopo essere sfuggito - per la seconda volta e per la seconda volta in maniera quasi miracolosa - alla spietata ricerca che gli dava la banda rivale, quella di Paolo De Stefano. Quella séra Imerti con un guardaspalle e con il cognato Vincenzo Condello stava andando dai carabinieri per apporre la firma al registro dei liberi vigilati, quando da una curva gli hanno sparato addosso. E nella sparatoria era morto il Condello ed un giovane killer. La guerra tra i due clan era scoppiata nell'ottobre dell'anno prima Eppure fino a qualche mese avanti Imerti, dopo essere stato piccolo boss di paese con prece denti per reati vari e per sequestro di persona e alcune fughe riuscite, del De Stefano era divenuto il più fedele braccio destro al punto che, per consolidare l'amicizia, era stato proprio il capoclan a favorire le sue nozze con Giuseppina Condello, figlia di un suo anziano alleato. Dopo le nozze, invece, poiché «nano feroce» voleva maggior potere e più autonomia, erano subentrati i primi «screzi». Il clan De Stefano aveva pensato così di liquidarlo facendolo saltare in aria, solo che l'attentato - avvenuto a Villa San Giovanni l'I 1 ottobre 1985 - aveva finito per uccidere tre guardaspalle di Imerti, mentre la vittima designata se l'era cavata con poche ferite. La reazione di «nano feroce» era stata immediata: due giorni dopo un commando aveva ucciso davanti a casa Paolo De Stefano assieme ad un suo giovane affiliato. Da quel momento in pratica a Reggio si era scatenata la guerra con decine di morti: da un lato si era schierato il clan Imerti, Condello, Saraceno, Serraino-Rosmini e dall'altro quello dei De StefanoTegano-Libbri-Zito. Anche l'arcivescovo di Reggio aveva implorato la tregua durante la messa di Natale officiata in carcere e poi in una solenne funzione per il perdono in cattedrale durante la quale la vedova di Paolo De Stefano aveva letto un messaggio ai clan in lotta. La guerra di mafia aveva subito una pausa solo a novembre del '91 pare per l'intervento di esponenti della malavita americana preoccupati per quello che stava succedendo, o più probabilmente in previsione dell'arrivo di centinaia di miliardi destinati ai lavori per la città. Enzo Laganà Il blitz è scattato mentre i due cercavano di raggiungere un covo Di fianco Antonino Imerti, catturato dopo sette anni di latitanza. A destra il cognato Pasquale Condello

Luoghi citati: Fiumara, Reggio, Reggio Calabria, San Roberto, Villa San Giovanni