«La cupola delle tangenti»
Interno Napoli, arrestato ex assessore regionale, giunta campana in crisi. Confessa il de Tesorone «La cupola delle tangenti» Un terzo pentito: così spartivamo i soldi NAPOLI. Il comitato d'affari si sarebbe riunito a Roma per dividersi le tangenti sugli appalti dei Mondiali '90 a Napoli: lavori per oltre seicento miliardi da affidare a imprenditori amici, molti dei quali avevano già partecipato all'affare della ricostruzione post-terremoto. Ogni decisione veniva presa lì, in un ufficio della capitale, dove leader napoletani dei partiti che ricoprivano incarichi importanti a livello nazionale si incontravano periodicamente. E' questo lo scenario decritto da un politico pentito, il terzo dopo i deputati Raffaele Mastrantuono e Alfredo Vito, protagonista di un lungo e drammatico interrogatorio svoltosi nella notte tra venerdì e sabato scorsi in una caserma della Guardia di finanza. E' il de Diego Tesorone, ex assessore all'economato del Comune di Napoli, arrestato per corruzione dal giudice Gennaro Costagliola e rimesso in libertà dopo la confessione. Una deposizione-fiume, la sua, piena di fatti e cifre che trovano conferma in molte delle informazioni già fornite nei giorni scorsi agli investigatori da Alfredo Vito. La notizia del pentimento di Tesorone ha gettato nel caos i Palazzi napoletani, ormai travolti dagli scandali. Le istituzioni locali stanno crollando una dopo l'altra come castelli di carta, squassati da inchieste giudiziarie, confessioni a catena e arresti. Dopo le dimissioni dell'amministrazione comunale, ieri è stato stilato anche l'atto di morte della giunta regionale. Il suo presidente, il democristiano Ferdinando Clemente di San Luca, ha detto che la crisi si è resa necessaria per un «chiarimento politico» tra i quattro partiti della maggioranza: de, psdi, pli e pri. Sta di fatto che poche ore prima due uomini del Gico, il gruppo investigativo sulla criminalità organizzata della Guardia di finanza, avevano messo le manette ai polsi del consigliere regionale Cline- Bocchino, socialista, ex assessore alla sanità, vicino alle posizioni del ministro Carmelo Conte. E' accusato di concussione: avrebbe intascato 350 milioni in cambio dell'autorizzazione all'apertura di un centro di raccolta di rifiuti. Anche lui è stato scarcerato, dopo aver parlato di convenzioni con le cliniche private, dell'acquisto di materiale sanitario, di appalti presso le Usi. Ma le sue confesssioni sembrano rose e fiori, se paragonate alla chilometrica deposizione fatta davanti ai giudici da Diego Tesorone, il personaggio più mondano della de napoletana, l'uomo che durante l'ultima campagna elettorale organizzava party nei circoli esclusivi e distribuiva agli invitati manciate di introvabili «Swatch». Fu trombato, Tesorone, e dopo la mancata elezione mosse accuse velenose alla de. Venerdì, subito dopo l'arresto, ha deciso di dire tutto ai giudici Isabella lascili e Gennaro Costagliola. Ha parlato senza esitazioni di una centrale romana, una sorta di cupola che gestiva in prima persona gli appalti per i Mondiali 90 a Napoli. Beneficiari delle bustarelle miliardarie sarebbero stati i cinque partiti che all'epoca governavano la città: de, psi, pli, psdi e pri. La spartizione, ha proseguito Tesorone, sarebbe avvenuta durante riunioni periodiche tra le forze politiche, alla presenza di ex ministri e parlamentari. Di mazzette, sia pure a livelli molto più bassi, si discuteva anche a Napoli, durante summit im¬ provvisati da politici locali che spesso avrebbero litigato fino all'ultimo milione. Sul libro paga degli imprenditori, avrebbe concluso Tesorone, c'erano perfino dei consiglieri che avevano il solo compito di presentarsi in aula per garantire il numero legale, e consentire quindi l'approvazione delle delibere. Uno spaccato del comitato d'affari che si sarebbe insediato nel palazzo San Giacomo, sede del Municipio, è stato fornito ai giudici anche da Bruno Brancaccio, costruttore tra i più noti a Napoli, arrestato venerdì con Tesorone e anche lui scarcerato dopo l'interrogatorio. L'imprenditore non si è limitato a confermare il racconto dell'ex assessore all'economato, ma ha aggiunto che il fiume delle tangenti avrebbe inondato anche altri partiti, inclusi quelli dell'opposizione. «Ho dato trenta milioni a ciascun consigliere della maggioranza, ma qualcosa è andata anche agli altri», avrebbe ammesso. Già, gli altri partiti. Che neanche loro fossero immuni dalla tangentomania lo ha detto anche Alfredo Vito, il capostipite dei politici pentiti, Di questo argomento potrebbe parlare anche Alfredo Romeo, 39 anni, consigliere delegato del consorzio che ha vinto l'appalto per il censimento e la gestione del patrimonio immobiliare del Comune, e che secondo Alfredo Vito avrebbe versato sotto banco quattro miliardi e mezzo alla de. Romeo, resosi irreperibile, ha fatto sapere attraverso il suo avvocato, Lionello Manfredonia, che si costituirà oggi. Anche lui ha l'intenzione di collaborare con i giudici. Fulvio Mitene Alfredo Vito (a sinistra), primo deputato de «pentito» Claudio Signorile (a lato), ex ministro psi dei Trasporti, è stato accusato da Elio Graziano I' 11 marzo scorso, durante un'udienza del processo per lo scandalo delle lenzuola d'oro
Luoghi citati: Comune Di Napoli, Napoli, Roma
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