«Innocenti in carcere per l'omicidio ligato» di Raffaella Silipo

«Innocenti in carcere per Pomiciato ligato» Un professore calabrese smonta la tesi ufficiale sulla morte dell'ex presidente delle Ferrovie «Innocenti in carcere per Pomiciato ligato» Una nuova biografia: indagini superficiali, pentiti inattendibili UN PROCESSO SOTTO ACCUSA O, i quattro politici in carcere non sono i responsabili dell'omicidio di Lodovico Ligato». Pasquino Crupi, giornalista e docente universitario calabrese, è convinto che la verità sulla fine dell'ex presidente delle Ferrovie dello Stato, assassinato nell'agosto 1989 in un agguato a Reggio Calabria, sia ancora da stabilire. E farà uscire a giorni, subito dopo la sentenza sul caso, la biografia Lodovico Ligato. Balla con i lupi. Muore come un cane, edizioni Periferia. «Non faccio ipotesi precise né nomi nuovi spiega Crupi - vorrei semplicemente spingere a cercare ancora, a seguire la pista più ampia dello scandalo Ferrovie dello Stato, del traffico di armi. Soprattutto vorrei dimostrare che i giudici hanno peccato di superficialità: è comodo trovare capri espiatori, e i quattro accusati (Piero Battaglia, Francesco Quattrone e Giuseppe Niccolò, de e Giovanni Palamara, psi) sono personaggi talmente discussi e squalificati... fin troppo facile imputare loro l'omicidio». I passi di maggior interesse del libro - che nella prima parte ricostruisce l'adolescenza, gli studi, l'esperienza da giornalista alla Gazzetta del Sud e gli esordi politici di Ligato - riguardano proprio lo «smontaggio» del processo, osservato al microscopio nei suoi punti deboli. «Il problema principale del PM Bruno Giordano spiega Crupi - è stato dimostrare che l'uccisione di Ligato era "pensata" a Reggio. Ma non è stato sufficiente l'esame dei bossoli e della pistola Glock, né la testimonianza dell'on. Giacomo Mancini, dunque tutta l'accusa ha dovuto basarsi sui due pentiti Alfa e Del¬ ta)). Di questa pistola Glock, all'indomani dell'omicidio, si parlò molto, perché si tratta di un'arma in dotazione di molti servizi segreti. La moglie Eugenia Mammana, e i politici vicini a Ligato, dichiararono allora che i mandanti andavano cercati «in alto», lasciando intravedere grandi complotti. Giordano liquidò tali ipotesi come «inutili e distraenti». Secondo Crupi, invece, possono avere un certo valore. «Per dire che la pistola Glock è arma usata solo dalla 'ndrangheta, ci si è dovuti basare sui pentiti, che hanno parlato "a rate", in questo e in tutti gli altri casi in cui l'indagine mostrava delle ciépe». Beh, ormai è la prassi... «Certo, ma molte testimonianze risalgono a dopo la chiusura delle indagini, avvenuta il 2 dicembre». Alfa e Delta infatti hanno parlato il 15 ottobre, il 5 novembre, e poi il 4, 5, 7 e 10 dicembre. «I difensori lo hanno fatto notare al Gip Domenico telasi, ma questi ha comunque deciso di tener conto degli elementi emersi. Parimenti ha giudicato il presidente del Tribunale della libertà Saverio Marmino. Non mi pare il modo più corretto di procedere». Si tratta, dunque, di una mera questione procedurale? In realtà Crupi mette anche in dubbio la sostanza delle dichiarazioni dei pentiti. «Solo Alfa, che parla dell'esecuzione materiale del delitto, accusa direttamente i quattro. Detta, che parla dei mandanti, è molto generico. Ma, si sa, un pentito non basta, e siccome in molti punti, anche non strettamente attinenti al caso, le dichiarazioni coincidevano, si è creduto di ravvisare la necessaria concordanza per procedere all'accusa». Insomma, il processo è basato sulle deduzioni, non sui fatti, questa la tesi di Crupi. «Ma viviamo ancora in uno Stato di diritto, e per condannare ci vogliono prove più certe. Questo mi interessa dimostrare». Raffaella Silipo Il de Lodovico Ligato è stato assassinato a Reggio Calabria il 26 agosto del 1989 In aprile la sentenza

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