Le mille Russie profonde si spaccano sul «golpe» di Cesare Martinetti

Le mille Russie profonde si spaccano sul «golpe» Le mille Russie profonde si spaccano sul «golpe» GLI ECHI IN PROVINCIA LMOSCA A voce delle Russie arriva a Mosca ancora frammentaria e cointraddittoria, mentre le ex repubbliche dell'Urss si schierano con Eltsin perché temono una destabilizzazione che riapra questioni interne difficili, innanzittuto con le popolazioni russofone. Estonia, Lettonia e Lituania si augurano che venga salvaguardato «non solo l'avvenire delle riforme, ma la stabilità e la sicurezza in Europa e in Asia». Con Eltsin si schiera pure Eduard Shevardnadze, ex ministro degli Esteri di Gorbaciov, ora presidente del parlamento georgiano: «Se si arriva alla guerra civile, la Nato dovrà garantire la sicurezza della Georgia e delle altre repubbliche. Ma sono convinto che non si arriverà a questo punto: Eltsin ha ancora abbastanza sostenitori». Appoggio al presidente da Leonid Kravciuk, presidente dell'Ucraina. Armenia e Azerbaigian si augurano la «stabilità» in Russia, come fa pure il Tagikistan. Manca ancora la voce di Nursultan Nazarbaev, potente presidente del Kazakhstan, che evidentemente attende che la situazione si chiarisca. Dalle venti repubbliche della Federazione russa, dalle province e dalle regioni invece si sentono quasi ovunque due voci che riproducono in scala il conflitto dei poteri che sta dividendo a Mosca il Cremlino dal parlamento. Infatti anche a livello locale vi sono i Soviet che quasi generalmente respingono l'appello di Boris Eltsin e le amministrazioni con i governatori che essendo nominate dal Presidente lo appoggiano. Così accade a Celiabinsk dove il Soviet regionale ha definito «illegale e inammissibile» l'appello del Presidente, mentre il capo dell'amministrazione Vadim Soloviov ha dichiarato il suo appoggio a Eltsin e annunciato che i suoi decreti saranno applicati con «precisione». Da Tver, l'ex Kalinin, sulla strada tra Mosca e Pietroburgo, il capo dell'amministrazione Vladi- mir Suslov fa sapere che dalla capitale non è arrivata ancora alcuna raccomandazione. Il piccolo Soviet cittadino di Pietroburgo chiede che venga confermata la linea democratica, mantenuta l'integrità della Russia e propone nuove elezioni (di Presidente e Parlamento) come «unica via d'uscita». Anatoli Sobchak, sindaco dell'ex capitale e uomo di punta dello schieramento democratico, si schiera totalmente con Eltsin attaccando il presidente della Corte Costituzionale Zorkin: «Ha chiesto un voto di fiducia su se stesso, non sul Congresso, che sarebbe stato illegale. Noi tutti, eletti in un altro paese (quando c'era ancora l'Urss, ndr) e in un altro tempo dovremmo essere rieletti». Bordate contro Eltsin sono arrivate da Karelia, Moldavia, dalle isole Sakalin e Kurili, dalla Bashkiria, dai partiti di Vladivostok, da Novosibirsk, Siberia. No a Eltsin anche dai bacini carboniferi di Comi e di Kemerovo: «Non introdurremo l'amministrazione speciale». Il Soviet ha però appoggiato il voto di fiducia. Dalla Khakhassia, ai confini con la Mongolia, il presidente dei sindacati Dankovzev minaccia uno sciopero generale contro il Presidente. Sibillina, invece, la posizione di Vassili Kaleghin, ataman dei Cosacchi: «Il vertice del potere ha messo il popolo nella posizione del bambino a cui si chiede: vuoi più bene a papà o a mamma? Dando ragione all'esecutivo, si rischia la dittatura, al parlamento l'anarchia». Cos'è peggio? I Cosacchi, per ora, non l'hanno detto. Cesare Martinetti Anatoli Sobchak sindaco di Pietroburgo appoggia Eltsin «La sua decisione è perfettamente legale»