Il tradimento della banlieue di Aldo Cazzullo

Il tradimento della banlieue Il tradimento della banlieue «Tanto Chirac non potrà fare di peggio» PARIGI DAL NOSTRO INVIATO Otto ore passate ad assemblare Ax, e fuori dai cancelli li attende ancora una sfida a lettere blu, il colore gollista: «La gauche c'est le chomage», sinistra uguale disoccupazione. Normale che gli operai della Citroen non siano di ottimo umore. Nel '68 qui venivano gli studenti che li scavalcavano a sinistra e portavano ben altri cartelli: «Noi vogliamo la rivoluzione, voi un piatto di lenticchie». Gli operai scrollarono le spalle. Ma ora sanno che i conservatori hanno ragione: l'hanno già vista in azione la scure. Dice Michel, 38 anni, socialista da venti: «Io lavoravo alla Renault, a Billancourt. Me li ricordo i giornalisti che venivano sui luoghi sacri del Maggio '68. Poi Billancourt è stata chiusa, come Javel, come tutte le grandi fabbriche della banlieue». E' rimasta solo questa, a Aulnay-sousBois, alla periferia Nord-Ovest di Parigi: 5700 operai, nessuno stabilimento grigio e tetro come vorrebbe il canovaccio, ma bianchi e asettici come una clinica modello. Eccoli quelli che De Gaulle chiamava sprezzantemente «caienlits», come le maschere della commedia dell'arte con la camicia fuori dai pantaloni strappati. Preoccupati per la vittoria della destra? «No. Io non voto, sono portoghese». «Neanch'io. Vengo dal Marocco, mi chiamo Aziz e sono comunista, come quasi tutti i miei compatrioti in fabbrica». Ecco perché il pc ha tentato (invano) di dare il voto agli immigrati. Sul cancello un altro cartello blu incalza: «La gauche c'est l'immigration». Si sale sulle navette per la Gare de Lyon. A bordo si discute vivacemente, ma di Juventus-Paris St-Germain, semifinale di Coppa Uefa. «In fabbrica parliamo poco di politica», confermano. Sì, ma adesso siamo fuori. «I socialisti hanno promesso e non hanno mantenuto. Se perdono, chi se ne importa». Interviene Gustave, calvo e tondo: «Un'ora di lavoro in meno alla settimana, da 40 a 39. Ecco le conquiste di 12 anni di gauche. Mitterrand ha subito gli avvenimenti. Se governare significa gestire l'esistente, tanto vale che lo faccia Chirac, magari lo farà meglio». I leader socialisti non sono popolari. Soltanto il nome provoca boati di disapprovazione su tutto il pullman. La Nuova Sinistra di Rocard? «Una manovra per l'Eliseo», lo liquida Gustave. A proposito, e Mitterrand? Una voce dal fondo: «Speriamo che muoia». Qualcuno però si indigna. Spiega Gustave: «C'è affetto per il Presidente, ma ora se ne deve andare. Coabitare con la destra significherebbe buttare via due anni». Il partito comuni- sta? «In fabbrica non esiste più». E allora cambiamo banlieue, andiamo a Sud, a Villejuif, feudo di Georges Marchais, che del pc è il segretario da una vita. Da lontano Villejuif è due cubi: uno di vetro (il più avanzato ospedale d'Europa per la cura dei tumori), uno di cemento (una riserva d'acqua). Da vicino il baluardo bolscevico pare piuttosto un quartiere residenziale: un saloli de thè (cinque anni fa, alle ultime elezioni, qui c'era un'officina, dice il proprietario), boutique, un teatro (è in scena Goldoni). I bus sono pieni di infermiere, che assicurano: «Nei tre ospedali di Villejuif lavorano settemila addetti, la Cgt, il sindacato comunista, è molto forte». Stavolta però Marchais rischia la trombatura. Lo dicono i sondaggi e i visi tirati nella sezione del pcf. «Con il candidato gollista siamo 50 e 50 - ammette il segretario Gilles Saint-Gale -. Ma le proveremo tutte. Guardi i manifesti che stiamo stampando». Dicono: «Il partito comunista potrebbe ancora servirvi. Non gettatelo via». Aldo Cazzullo

Luoghi citati: Aulnay-sousbois, Marocco, Parigi