No alla giustizia sommaria di Pierangelo Sapegno

Ho alla giustizia sommaria Ho alla giustizia sommaria Un monito degli avvocati penalisti BOLOGNA DAL NOSTRO INVIATO Avvocati a congresso. Mentre tangentopoli fa strage. Dalle manette facili alle informazioni di garanzia che cadono a pioggia. E il processo penale cambia pelle, capovolge le regole, fino a smarrire il principio di legalità. «Attenti alla giustizia sommaria», gridano, ancora inascoltati, i penalisti: «E' un rischio che domani potrebbe interessare qualsiasi cittadino». Attenti, avverte Vittorio Chiusano, ai processi che diventano politici, «usati come meri strumenti di lotta». Quando arrivano i giorni della resa dei conti, il pericolo è più grave. Certo, di questi tempi, forse non sono appelli così futili. Temi ce ne sono tanti, per dibattere. Importanti, e attuali. Eppure Giuseppe Gargani, il presidente della Commissione Giustizia alla Camera (tanto per intenderci, quello della legge-bavaglio alla stampa), ne aggiunge un altro, come se non bastassero: «Un quinto delle cose pubblicate sui giornali o non sono mai avvenute oppure i giudici sono stati costretti a farle subito dopo». E' così grave l'accusa, che i giornalisti insorgono. E Gargani rettifica un po' il tiro: «Sì, forse sono meno. Però, ce ne sono, ce ne sono... Almeno uno me lo ricordo». Ma è davvero il ruolo della stampa, è davvero l'informazione diffusa il problema principale del nuovo processo penale che si svolge sotto i nostri occhi? In verità, altro preme dimostrare al congresso di Bologna. Tanto per cominciare, sottolinea Giandomenico Pisapia, il padre del nuovo Codice di procedura penale, «il diritto alla libertà d'informazione è sancito dalla Costituzione, così come il diritto individuale alla libertà e quello alla difesa. Si tratta di trovare un sistema che non ne lede nessuno». Il fatto è che, in questo marasma, con i grandi inquisiti tutti insieme sotto il tiro della magistratura, qualcuno comincia a pensare di essere arrivato in ritardo. E Marco Pannella, magari fra le righe, ci tiene a sottolinearlo: «Da 30 anni in sede tecnica il diritto all'immagine e all'identità della persona è stato massacrato in Italia, con un concorso gravissimo dell'ordine giudiziario, e dico dell'ordine giudiziario e non dei magistrati. Adesso tutti si accorgono di quanto sia stato suicida non aver tutelato gli articoli del codice, la dottrina e la giurisprudenza in questa direzione. Oggi la vita delle persone, e non solo dei politici, è la vita della propria immagine e noi abbiamo la dimostrazione che il sistema è impazzito e che in sede tecnico-giuridico ci troviamo senza difese per la verità». E, alla fine, è proprio questo che preme dire agli avvocati riuniti a Bologna nell'aula magna dell'Università di scienze politiche. Con Tangentopoli, il processo penale si sta trasformando. «Signori», avverte Vittorio Chiusano, presidente dell'Unione delle Camere penali, «questo rischia di diventare un processo al sistema dei partiti e come tale uscire da confini strettamente propri a ogni processo». Da processo come risoluzione di conflitti, spiega l'avvocato Gaetano Pecorella, «al processo inteso come attuazione di scelte politiche». E in questa nuova veste assume caratteristiche opposte, «perché il suo scopo è la verità reale, per cui tutti i mezzi sono giustificati da questa finalità; le parti hanno il dovere di collaborare per la realizzazione di un fine comune, cosicché anche l'imputato deve dire la verità; e l'avvocato deve farsi collaboratore del magistrato, altrimenti si porrà in contrasto con gli interessi della società». Così, però, il processo perde certi principi inderogabili tipici di un sistema democratico, aggiunge Chiusano: «la presunzione dell'innocenza di un imputato, la libertà come bene assoluto, che prevale su tutte le esigenze». Che fare, allora? Ancora Chiusano: «Viviamo in uno Stato di diritto, il processo penale non può avere nessun altro obiettivo che restare dentro certi binari». Avvocato Mario Casalinuovi, vicepresidente dell'Unione delle Camere Penali: «Si possono separare le carriere dei magistrati, quella del pubblico ministero e del giudice. Com'è mai possibile che nel 99 per cento dei casi il gip confermi le richieste di custodia cautelare?» Si può correggere la legge, renderla meno flessibile, più garantista. Ma può farlo questo Parlamento riempito da un indagato su 5? E Pisapia allarga le braccia: «E' una situazione anomala, senza precedenti. Sarebbe meglio fosse un altro Parlamento a legiferare. Ma c'è anche un'esigenza pratica. Bisogna far presto». Già. Bisogna far presto. Pierangelo Sapegno A fianco Attilio Bastianini vicesegretario del pli Sotto, il presidente del Genoa Aldo Spinelli amico di Giovanni Prandini

Luoghi citati: Bologna, Italia