DUE VIE D'USCITA di Alessandro Galante Garrone

Contestato il gran maestro Di Bernardo DUE VIE D'USCITA cassero. Ed un'amministrazione snella, formata da uomini laboriosi, che si sentissero orgogliosi di essere servitori della collettività». C'è da stropicciarsi gli occhi, come per un brutto sogno, nell'assistere oggi, un giorno dopo l'altro, a questa valanga di incriminazioni e di arresti che sommerge il Paese, e distrugge l'ultima briciola di quella speranza. Il marcio è venuto alla luce, nella sua immensità. I cittadini sono colpiti da stupore, sgomento, indignazione. Ma i politici, e chi maneggiava le leve del potere, e la magistratura non si erano accorti di nulla? Oggi si comincia a intuire che non erano mancati gli avvertimenti e i presagi. Ieri notte, dalla ripresa di uno spezzone televisivo del 1980, si è visto che il giornalista Paolo Guzzanti aveva pur detto qualcosa di molto chiaro, sulla fiumana di soldi affluiti di nascosto alle casse dei partiti, in violazione della legge sul loro finanziamento. E altri segni sopravvennero. Perché, allora, non ci si è mossi? Indifferenza, insipienza, calcolo meditato, o, freudianamente, «rimozione»? Sta di fatto che dagli impinguamenti clandestini si è fatalmente scivolati, come su un piano inclinato, verso la più sfacciata corruzione, l'arricchimento sconcio, l'inquinamento della vita pubblica: in una parola, Tangentopoli. E ogni giorno siamo informati della scoperta, in sede giudiziaria, di nuove concussioni, corruzioni, ricettazioni, favoreggiamenti, falsi: tutta una sequela, eretta a sistema, di reati previsti e puniti dal codice penale. Giunti a questo punto, non ci si può sottrarre a un drammatico problema. Che cosa fare, di tutti questi processi? Di «colpo di spugna», non si può parlare e in verità nessuno - per un elementare senso di pudore civico - ha ancora apertamente parlato. Si sono soltanto suggeriti espedienti fallaci. Si è anche accennato, dall'alto, all'impossibilità di giungere, prima di dieci o dodici anni, a sentenze definitive di condanna o di assoluzione, all'infuori delle ipotesi (in ogni caso nefaste) di prescrizioni, amnistie, condoni. Appigliarsli da parte delle autoritàigovernative, a questa conclusione, sarebbe una sciagurata confessione di definitiva impotenza, di fallimento dello Stato (per non dire di bancarotta, magari fraudolenta, del medesimo). Possiamo rassegnarci a una prospettiva simile? Mi pare im possibile. In questi ultimi giorni, ho voluto sentire il parere di uo mini di legge (giudici e avvocati) di rettitudine e intelligenza indiscutibili, a quotidiano contatto con il mondo giudiziario: quel mondo che io ho abbandonato tanti anni fa - e in qualche mo mento, come l'attuale, lo rimpiango - per darmi a una diversa attività, quella dell'insegnante di storia. Ho voluto saggiare le mie idee e i miei dubbi con la loro esperienza, profondamente vissuta. E ne ho tratto il convincimento che due vie sono ancora percorribili. La prima è quella dell'applicazione, sostanziale e processuale, delle norme vigenti. Non sarà una via facile, certo: ma non è di sperata. Con un integrale utilizzo dei mezzi offerti dal nuovo codi ce di procedura penale, e ricorrendo a opportuni accorgimenti, in questo campo specifico dei delitti contro la pubblica amministrazione - addestramento di nuclei di polizia a ciò destinati, come in anni recenti si è fatto per i reati di terrorismo, di mafia ecc., pool di magistrati e rafforzamento di sezioni giudiziarie, «corsie preferenziali» per tali processi, maggiore dovizia di servizi accessori e così via - parrebbe lecito non abbandonarsi a troppo pessi mismo, o disfattismo. In questi ultimi anni, in regime di applica zione del nuovo codice, processi non meno gravi di quelli a cui qui ci si riferisce sono giunti a compimento nello spazio di due o tre anni. La seconda via, complementare rispetto alla prima - costituente la «soluzione politica», richie sta a governo e Parlamento dagl: stessi giudici di Milano - è indubbiamente di più difficile attuazio ne; e andrebbe meditata e attua ta con molta cautela, anche per evitare il rischio di qualche adombrabile illegittimità costitu zionale, o di provvedimenti ispi rati a un iniquo favore per chi si è macchiato di tanto gravi colpe «Processi giusti», che approdino a sentenze umane ma serie, che re stituiscano un volto decente al nostro Paese. Mi riservo di torna re sul grave argomento; ma sarei ancora più appagato e tranquillo se altri ancora, di me più esperti, riprendessero un tema così scot tante. Alessandro Galante Garrone

Persone citate: Paolo Guzzanti

Luoghi citati: Milano