Eredi di Gramsci divisi da Totò

«Rifondazione» all'attacco: in nome di Chaplin polemica. Su «Liberazione», requisitoria di Aristarco contro «l'Unità» Eredi di Gramsci divisi da Totò «Rifondazione» all'attacco: in nome di Chaplin i ROMA a LTRO che quisquilie e /■ pinzillacchere. Lo spetri tre- di Antonio de Curtis, k *lin arte Totò, s'incunea nella sinistra, mette l'un contro l'altro gli eredi del defunto pei, diventa addirittura arma contundente nel conflitto sempre più aspro che divide le anime separate del post-comunismo italiano. Sul settimanale di Rifondazione comunista, Liberazione, Guido Aristarco rampogna l'Unità per aver pubblicato un articolo di Renzo Arbore in cui si sosteneva la sacrìlega tesi secondo cui Totò sarebbe meglio di Charlot. «Non senza furbizia nell'odierno panorama dell'omologazione», sottolinea con puntiglio il critico di Liberazione, come a rimproverare il giornale fondato da Gramsci di soggiacere allo spirito dei tempi e di affidarsi alle cure di un alieno come Renzo Arbore: «No, la vita non è tutto un quiz». Totò meglio di Charlie Chaplin? Ma non scherziamo. I «totologi», come sprezzantemente Aristarco definisce la categoria rappresentata da Arbore, rievocano i tempi in cui a sinistra lo snodato, funambolico, surreale pazzariello veniva gustato quasi in semiclandestinità, rìdendo «al buio» delle sale cinematografiche per non farsi vedere dagli «impegnati» che «non ridevano mai» e che consideravano le opere di Totò, ha scritto Arbore, «filmetti e nient'altro, così avevano stabilito i critici (quasi tutti)». Balle, luoghi comuni, panzane, risponde il critico che con inflessibile severità negli Anni Cinquanta lanciava i suoi fulmini ideologici dalle colonne di Cinema nuovo: nessuno «aveva costretto nelle catacombe i germogli della "nuova critica"». E poi, obietta Aristarco, «non credo proprio dimostrabile che Totò sia migliore di Charlot». No, Chaplin no. Declassare l'omino stritolato dai meccanismi infernali di Tempi moderni, il buonissimo del Monello, questo non è ammissibile. Charlot è stato un simbolo della cultura di sinistra, una vittima del maccartismo, un emblema della retorica progressista. Fino a ieri tutti erano d'accordo, nella cultura che si muoveva nell'alveo del pei. Ma è come se il big bang che ha fatto esplodere l'universo comunista avesse scavato una voragine simbolica tra le due forze che si sono spartite le spoglie del pei. Come se la frattura politica avesse trascinato ulteriori separazioni sul terreno del gusto, dei simboli, delle predilezioni estetiche e politiche. E persino sul terreno profano dei fumetti. Meno di un anno fa fu proprio il segretario di Rifondazione comunista a dichiarare la sua preferenza per Paperino, «che non è aristocratico» e che è «dalla parte dei più deboli», contrapposto al «pidiessino Pippo». Dall'Unità replicarono rifiutando sdegnosamente il paragone col simpatico tontolone di Disney per non dare a Rifondazione il monopolio della difesa di Paperopoli. Oggi è la volta della disputa su Totò. Nel¬ la redazione di Liberazione dicono di non apprezzare «il gioco frivolo» della contrapposizione infinita con l'Unità anche se, anonimo, un redattore del settimanale di Rifondazione si lascia scappare qualche ironia sul «partito di Fantozzi e di Lupo Alberto». Il vicedirettore vicario dell'Unità, Giuseppe Caldarola, conferma invece l'impressione «che tra le forze che provengono dal vecchio pei le distanze sembrano sempre più profonde, e non solo sul terreno strettamente politico». «E' come se affiorasse tra noi e i compagni di Rifondazione un'estraneità ormai irriducibile. Rafforzata, per quello che mi riguarda, quasi dallo stupore di aver con¬ vissuto nello stesso partito». Un'estraneità politica. Ma anche, più in generale, un'estraneità culturale, psicologica ed estetica che divide persino i fratelli separati sul piano dei criteri con cui si giudica un film, una canzone, un personaggio dei fumetti. Un esempio? «Mi piacciono moltissimo i film di Francesca Archibugi, sento che parlano di cose vicine a ciò che penso e credo di scorgere nella società italiana», risponde Caldarola. Che prosegue: «Conosco molti compagni di Rifondazione e intuisco che la mia preferenza non è condivisa, essendo piuttosto nelle loro corde i film di Gabriele Salvatores. Mentre a me non diverte affatto l'idea di fuga così come è rappresentata dal regista di Puerto Escondido». «Ci sentiamo sempre più diversi», conclude Caldarola con un tono che non si sa definire se rattristato o liberatorio. Chaplin contro Totò, Paperino contro Lupo Alberto, Che Guevara contro Fantozzi, Archibugi contro Salvatores: una guerra dei simboli si è aperta a sinistra. E i fratelli separati non si riconoscono più. Pierluigi Battista Meglio Lupo Alberto o Paperino? Francesca Archibugi oSalvatores? Fantozzi o il Che? I fratelli separati sempre più diversi si fanno guerra con cinema e fumetti TOTO1 Il critico Guido Aristarco: da «Liberazione» una dura reprimenda contro «l'Unità» Nella disputa a fumetti, nessuno dei contendenti vuole il povero Pippo Renzo Arbore: divampa la polemica per il suo articolo su Totò «meglio di Chaplin»

Luoghi citati: Caldarola, Roma