Wallner non mi ascoltarono
Ciarrapico ancora latitante Wallner: non mi ascoltarono «Era un verminaio, lo dissi ma cantavo fuori dal coro» ROMA. I cinque avvisi di garanzia per il «crack» Federconsorzi sono piombati come altrettanti fulmini su una vicenda che sembrava ormai in via di, seppur soffertissima, conclusione. Ai rituali «no comment», alle dichiarazioni di «serena fiducia» si contrappongono voci che commentano come «ampiamente prevedibile» la decisione della magistratura. A parlare è Fabio Fabbri, sottosegretario alla presidenza del Consiglio: «Com'era inevitabile, il crack della Federconsorzi è passato dall'ambito del diritto civile-commerciale a quello del diritto penale. Altrettanto inevitabile appare la liquidazione coatta amministrativa come unico e indispensabile sbocco della procedura in corso, nell'interesse dei creditori e dell'agricoltura italiana». Da Verona Stefano Wallner, ex presidente della Confagricoltura, ha parole ancor più taglienti: «Finalmente - dice - è venuto al pettine il vero nodo dello sfascio finanziario della Federconsorzi: il falso in bilancio che consentiva a questi signori di cavare denaro fresco da crediti inesistenti verso consorzi agrari decotti, attraverso operazioni di factoring, con l'Agrifactoring, di cui era presidente Luigi Scotti, contemporaneamente presidente della Federconsorzi, o attraverso fideiussioni rilasciate dal Fata, di cui era presidente Arcangelo Lobianco». «La mia principale, se non unica, preoccupazione, come presidente della Confagricoltura - prosegue Wallner -, era di ottenere che questi bilanci venissero certificati. Lo si può documentare ineccepibilmente. Per questo mi era sembrato opportuno affidare l'incarico di vicepresidente della Federconsorzi a Giuseppe Gioia, perché lo sapevo consigliere superiore della Banca d'Italia. Purtroppo la mia aspettativa è rimasta delusa. Sta ai magistrati chiarire come e perché». Ma non c'è soddisfazione nelle parole dell'ex presidente degli imprenditori agricoli. «Come si può essere soddisfatti di qualsisai cosa riguardi un disastro come quello della Fedit? La mia posizione è solo quella di un uomo felice che si faccia finalmente chiarezza su questo verminaio. Come presidente della Confagricoltura, nel marzo del lontano 1987, ricordai all'assemblea della Coldiretti di avere "da tempo sollecitato un più puntuale confronto" sullo stato della Federconsorzi, al fine di consentirle di entrare con dignità nel settore agroalimentare "aprendosi al mondo delle grandi imprese industriali e commerciali". E questo mio intervento, da guastafeste, fu accolto assai poco benevolmente». Allo scadere del suo mandato, circa due anni più tardi, Wallner uscì dalla scena del sindacalismo agricolo nazionale. «Non credo siano stati gli agricoltori italiani a volere un così radicale ritorno al passato - commenta Wallner - ma piuttosto l'esigenza dell'establishment di toglier di mezzo un personaggio scomodo e con lui le poche persone che hanno avuto il coraggio di cantare fuori dal coro». Ma il seguito della storia, fino a ieri, ha giustificato questi fatti? «Basta guardare i continui tentativi di copertura della vicenda replica Wallner -. Solo l'attuale situazione di maggior coraggio e fermezza della magistratura ha potuto scoperchiarla, far aprire questa partita». Viene spontaneo chiedersi quali saranno le conseguenze del terremoto sulla Coldiretti. «Tecnicamente - fa notare Wallner - i responsabili sono gli ex vertici Fedit. Le responsabilità morali sono un'altra cosa, ognuno le vede secondo la propria coscienza». E a proposito di responsabilità Wallner ha qualcosa da aggiungere: «Bisogna che tutti rammentino di come furono gli 8000 miliardi del debito Fedit a causare il primo declassamento del rating nazionale. Senza contare che quella montagna di miliardi, che qualcuno si è messo in tasca, avrebbe potuto risanare l'intera agricoltura italiana». Vanni Cornerò
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