Così benedisse la «guerriera»

Così benedisse la «guerriera» Così benedisse la «guerriera» L'incontro con Betty Friedan in Vaticano ~^m\ LONDRA Il Papa Vacillatole porse I la mano benedicente alla I madre di (quasi) tutte le —M\ battaglie femministe: «Voghamo esprimere la nostra gratitudine ed apprezzamento per tutto il bene che Lei ha fatto alle donne del mondo», disse Paolo VI a Betty Friedan. L'autrice de La mistica della femminilità ne fu conquistata: «Mi consegnò una medaglia in bronzo con la sua effige - ricorda -. Allora gli dissi: anch'io le ho portato un regalo, il simbolo del movimento delle donne, con la croce che simboleggia l'uguaglianza assoluta tra i sessi. Vede, Santità, quando le donne diventano completamente uguali agli uomini, il tipo di croce cambia...». Udienza singolare: tanto più che era il rovente 1974, l'anno del referendum sul divorzio in Italia. Il testo completo del collo¬ quio, nel racconto della Friedan, è riportato nella biografia di Paolo VI scritta da Peter Hebblethwaite, che dedica un intero capitolo alla sollecitudine di Montini verso le donne. Insomma, fu quasi un idillio: e dire che l'Humanae Vitae, nel '68, aveva bandito la contraccezione. E' certo, comunque, che da allora i rapporti delle femministe con la Chiesa sono regrediti. Oggi, una ventina d'anni dopo, Dacia Marami invita alla levata di scudi fiscale contro Wojtyla. E l'idillio? «E' per me?» chiese Paolo VI, inforcando gli occhiali. «Gli dissi: lei ha dato più voce alle donne di quanto la Chiesa non abbia fatto negli scorsi 1900 anni - rievoca la leader del movimento -. Speravo, aggiunsi, che la Commissione sul ruolo delle donne da lui istituita combattesse le barriere all'uguaglianza delle donne nella società e nella Chiesa». Quella Commissione era nata l'anno prima «per aiutare Montini a dire cose sensate sulle donne», confida ruvidamente uno dei membri. La ricerca si concentrò sull'apostolato delle donne piuttosto che sul ministero, ma ebbe il grosso pregio di lasciare aperto il dibattito sul sacerdozio femminile: per dodici voti contro cinque, concluse che «il Nuovo Testamento in sé non dava la possibilità di risolvere chiaramente ed una volta per tutte il problema dell'accesso delle donne al sacerdozio». Paolo VI rispose con un secco «no» alle donne prete. Nel 1976 l'Enciclica In Insigniores calò come una mannaia su quel dibattito, ma l'autore è convinto che i toni del rifiuto non fossero poi così perentori e maschilisti. «Non sono d'accordo - mi dice Owen Chadwick, studioso di storia della Chiesa all'Università di Cambridge -. Quell'Enciclica era molto tagliente. Non stento a credere che Montini si sia dimostrato affabilissimo con Betty Friedan: in privato, lo era con tutti. Ma quando prendeva decisioni pubbliche, poteva essere molto crudo e rigido: era la sua grande contraddizione». Eppure, argomenta Hebblethwaite, Paolo VI ha promosso le donne nella Chiesa. Conferì all'ex ministro olandese Margot Pompe e all'economista inglese Barbara Ward un ruolo centrale nella commissione internazionale Giustizia e Pace. Nominò con gioia la prima donna nell'Accademia Pontificia delle Scienze. E nominò Caterina da Siena e Teresa d'Avila dottori della Chiesa: «Fu un passo importantissimo commenta Chadwick -. Assai più di una beatificazione». Maria Chiara Bonazzi

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