L'uomo ombra di Andreotti «libero come una rondine»

L'uomo ombra di Andreotti «libero come una rondine» L'uomo ombra di Andreotti «libero come una rondine» IL FASCISTA CHE PREMIAI GORBACIOV S, ROMA ONO libero come una rondine!» gracchiava, nel registratore, la voce inconfondibile del Ciarra. Calmo, quasi rassegnato, ripeteva: «Capito? Sono libbcro come una rondine». Perché bisogna sapere che questa storia che l'avevano arrestato girava ormai per Montecitorio e per le redazioni dei giornali da cinque o sei anni, quando Tangentopoli poteva essere il titolo di una storia di Topolino. Con regolarità scientifica, a intervalli periodici che si potevano perfino calcolare, e con variabili capi d'accusa. Ecco, hanno arrestato il Ciarra. E allora, con i tempi e la solennità del rito, in tanti telefonavano all'Italfin, chiedevano della signora Petazzo, o di Calvani. «Scusi, sa, per favore, si potrebbe parlare...». Lui sapeva già tutto. Negava, tonante e soddisfatto del suo essere lì, alla cornetta: «Come una rondine! come una rondine!». E continuava, poetico, a furia di metafore di uccellini in gabbia, e sportellini e sbarrette. Insomma, figurarsi se si faceva beccare, il Ciarra. La fuga è all'altezza della sua fama. Che certo si nutre della nascita in un paese in Abruzzo che si chiama Bomba; poi di coloritissime espressioni dialettali, di calcio romanista, di inchini al «principale» Andreotti e bollicine; quindi di fettuccine e nostalgie fasciste. Insomma di tutto un armamentario che ha contribuito ad ancorare il personaggio su un livello virtualmente casereccio da cui lui per primo ha cercato invano di innalzarsi, in una dimensione regional-popolare tutta racchiusa in quel nome di cittadina turistica del basso Lazio, Fiuggi, nota per certe sue terme. Attenzione, è un'immagine se non falsa, certo un po' facile. A osservarlo bene, anche senza soffermarsi sul revolver dentro il cassetto con il quale mise in fuga il faccendiere Pazienza, anche senza pensare che l'acqua minerale fu sfruttata e imbottigliata con i soldi dell'Ambrosiano del povero Calvi, il Ciarra sembra davvero una figura da film americano, uno che lo potrebbe intrepretare Rod Steiger. Altro che Alberto Sordi, o Aldo Fabrizi, cui pure assomiglia al punto tale che l'altr'anno ai cancelli della sede della Roma a Trigona si è presentato un signore che diceva di essere il figlio dell'attore: «Mi chiamo Massimo. Lui somiglia così tanto a mio padre, mi fa venire in mente dei ricordi...». Era uno stratagemma « si è capito poi - per far entrare il figlio nei «pulcini» della squadra. E tuttavia, nel suo micro-significato bizzarro, apre uno squarcio sull'effetto che faceva, il Ciarra. Con quella sua patetica ossessione sul «salotto buono della finanza», che più la manifestava e meno ci entrava, nel salotto. E non perché avesse come diceva lui - «le mani che puzzavano di pesce» per via di quel suo primo lavoro in una fabbrica di essicamento o inscatolamento in cui conobbe, per caso, «il principale». No, dal salotto rimaneva fuori proprio perché dietro di lui i salottieri intravedevano l'ingombrante tutore politico, l'ombra andreottiana, e mica solo l'ombra. Quando serviva, invece - deve aver pensato il Ciarra - come son stati svelti a farlo intervenire. Per la Mondadori, con l'ingegner De Benedetti che all'inizio, dopo aver dato un'occhiata inorridita al catalogo, non lo voleva proprio, quel fascista, come mediatore. Le idee politiche di don Peppino: un mistero. «Sono un fascista storico» diceva. Storico: e seguiva una dissertazione sugli anni che passano, ma la fede resta. Poi diceva: ((Appartengo al popolo democristiano». Ma senza tessera. Andreotti: «Per lui farei qualsiasi cosa». E per Craxi e Balzamo. E per se stesso. E intanto premiava Gorbaciov, in odio ai comunisti italiani che gli facevano la guerra a Fiuggi. L'assegno è coperto, dovette spiegare circa un anno dopo. Poi, in trasferta a Mosca come presidente della Roma, voleva incontrare pure Eltsin. Affittava castelli, organizzava feste, fondava giornali, prestava l'aereo a Vespa per intervistare Saddam Hussein, litigava sanguinosamente con Sbardella, cantava «Nel Sole» con Al Bano a Montesilvano, inaugurava il culto scaramantico del pepe roncino e riempiva il consiglio generale della Fondazione Fiuggi («per la cultura»: quest'ulti ma cosa scritta più piccola) con una serie di nomi che, riletti og gi che il vicepresidente è lati tante, fanno un po' impressio ne. E comprava, comprava: aerei, gazzette, cliniche, bar, ristoranti, tutto. Faceva, alla fine, anche un po' la vittima, tutti questi giudici stalinisti, brigatisti: «Più di quello che mi hanno fatto possono solo arrestarmi. Ma strillerò come le oche del Campidoglio». Sempre pennuti. Intanto è libero come una rondine. [f. cec] Dal pesce in scatola all'impero di Fiuggi E poi aerei, giornali, cliniche e bar ma sempre fuori dal «salotto buono» Nella foto qui accanto Ciarrapico con Andreotti; sotto, con il banchiere Calvi e a destra allo stadio della sua Roma con sciarpa come un tifoso qualunque

Luoghi citati: Abruzzo, Fiuggi, Lazio, Montesilvano, Mosca, Roma