Arriva il Principe Eugenio, francesi in fuga di Luciano Curino

Arriva il Principe Eugenio, francesi in fuga Oggi in omaggio con La Stampa un altro fascicolo della «Stona del Piemonte a filmetti» Arriva il Principe Eugenio, francesi in fuga La cronaca dell'assedio e della rotta nel settembre del 1706 Il 2 settembre 1706 il duca Vittorio Amedeo II e il cugino principe Eugenio salirono a Superga per studiare il terreno, le posizioni del nemico e il punto dove attaccare. Si accorsero che le linee dei francesi, forse sicuri di non ricevere offesa in quel punto, erano come scucite nella pianura tra la borgata Vittoria, la Madonna di Campagna e Lucento. Tornarono a Carignano e con l'esercito austro-piemontese si misero in marcia verso Rivoli. Il comando francese giudicavano soltanto questione di ore, nel peggiore dei casi di un paio di giorni, la resa della città assediata. Il 5 settembre il principe di Analt inseguì con i suoi cavalieri una colonna francese fino al castello di Pianezza. Una popolana, Maria Bricca, esperta del luogo avendo servito presso la famiglia del marchese di Pianezza, per un lungo e segreto sotterraneo guidò VAnalt nel castello: 800 francesi uccisi, feriti o pri¬ gionieri, c'erano un migliaio di muli carichi di farina, armi e polvere. All'alba del 7 aprile dagli accampamenti di Venaria, Pianezza e Collegno, senza bandiere, trombe e tamburi, silenzioso si mette in moto l'esercito austropiemontese, Sono 30 mila uomini contro 47 mila. Alle 10 l'attacco alle linee francesi. L'Orléans resiste bene, cerca di prendere la controffensiva. Ma è attaccato sul fianco da Vittorio Amedeo che con cavalieri e granatieri ha attraversato la Stura. L'intervento dei dragoni francesi fallisce per l'entrata in campo delle riserve apprestate da Eugenio, che aveva previsto questa mossa. «Seminati di cadaveri i combattuti solchi, sgominate ormai le schiere di Francia, ferito l'Orléans, piagato a morte Marsin, cominciò la fortuna a dichiararsi decisamente a favore delle armi alleate di Savoia e dell'Impero», scrisse Viriglio. A Torino la folla segue la battaglia sui bastioni, sui tetti, si suonano a festa le campane. E, dopo 117 giorni d'assedio, il conte Daun esce con duemila uomini del presidio della città che trascinano sei pezzi d'artiglieria e sparano contro gli assediami in fuga, che abbandonano armi, cavalli, cannoni, vettovaglie, stendardi, tutto. La fuga diventa rotta («rujr bandosi la ■ vflr strada gli uni (^f agli altri» ha scritto un testimone), molti annegano nel crollo dei , ponti di barche sul Po. Quello che resta dell'esercito francese rimpatria, ha scritto un contemporaneo, «senza portar seco altro che l'acerbissimo cordoglio di dar in pochi momenti l'abbandono alle conquiste fatte per lo spazio di sei anni nel Piemonte». Luciano Curino jr ■ vflr (^f ,

Persone citate: Maria Bricca, Viriglio, Vittorio Amedeo, Vittorio Amedeo Ii