Gran rancore a Palazzo I vecchi alla riscossa

Manisco: Miglio, un trombone ma il primo dell'orchestra Gran rancore a Palazzo I vecchi alla riscossa L'ACCUSA ROMA I nuovo c'è che arrivano i vecchi. Profeti di sventura, incattiviti dagli acciacchi e dalla vita, con un ghigno sul volto e la bandiera della rivoluzione italiana che sventola fra le mani rugose. E allora benvenuti a Gerontopoli: la città di politici, politologi e giornalisti che si chiamano Miglio, Bocca, Libertini. E a qualcuno fanno paura. «Mi spaventa la presenza forte degli ultrasettantenni che si pongono come leader». Il sociologo Giuseppe De Rita ha lanciato l'allarme nell'intervista di Lietta Tomabuoni pubblicata ieri dalla Stampa. Il padre del Censis ribalta un'iconografia millenaria, fatta di nonnini rassicuranti e barbe bianche. A quanto pare, si cambia: spuntano gli alfieri di quello che De Rita chiama «il grande rancore italiano». Vecchi senza futuro. Vecchi senza speranze. Vecchi «aggressivi o estremisti per sentirsi ancora vitali». «Ma io estremista lo ero già a vent'anni». Lucio Libertini, cinquant'anni dopo. Sui nuovi vecchi è d'accordo, gli basta restare fuori dall'elenco: «L'età può far- ti diventare acido. Ingrao, ad esempio: quando fondammo Rifondazione, lui la prese come un fatto personale. Non è così per tutti. Cossiga picconava, ma in allegria. Avreste dovuto vedere che risate quando mi riceveva al Quirinale». Nilde lotti, madre della Patria e nonna giovanile, socchiude gli occhi: «I vecchi non sono cattivi. E' che a una certa età si comincia a pensare che sia la politica ad essere cattiva. Ci si trova a un bivio: la saggezza o la follia. La maggior parte prende la prima strada. Ma altri no». Di un bivio parla anche il missino Servello, settantuno anni: «Quando si invecchia in politica, hai due modi di sopravvivere: diventare un santone o assumere posizioni estremistiche». Ma c'è un limite: «Il senso del ridicolo. Alla mia età non riuscirei più a fare a botte in Parlamento, come mi capitava un tempo con Pajetta». Pajetta, il ragazzo rosso. Lo tua in ballo anche Vittorio Orefice, che davanti al suo farfallino ha visto passare e diventar vecchie intere generazioni, per confutare la tesi di De Rita. «La vecchiaia porta solo saggezza. Lo scalmanato Pajetta raggiunse da vecchio una bontà e una serenità encomiabili». Il professor Miglio, secondo De Rita, no. «E invece quel signore si sbaglia, perché non sono cattivo. Sono sincero», spiega il senatore della Lega. «Io non ho età e comunque mi sento molto più giovane di questi vecchietti di quaranta o cinquantanni che circolano nella Bicamerale con le loro idee appassite. Non è colpa mia se in questo Paese la generazione di mezzo è stata travolta dalla corruzione e ci si deve affidare agli anziani. Ma io mi sono preparato. Ci sono arrivato integro, a questa fase finale. Con le mie vecchie idee, che poi sono quelle nuove». E in difesa di Miglio, e dei suoi coetanei, si leva la voce di un neocomunista: Lucio Manisco. «Miglio è un trombone, ma almeno è il primo dell'orchestra, mentre gli altri leghisti sono ancora sugli alberi, in attesa di completare la scala evolutiva. La verità è che i vecchi si fanno sentire non perché sono cattivi, ma perché sono i migliori. Anche nel giornalismo». «Io sarò un vecchio diventato cattivo, ma De Rita è un vecchio diventato stupido. E che per giunta ha paura di perdere il cadreghino». Giorgio Bocca non gradisce il riferimento del sociologo a «qualche anziano opinionista senza una visione del futuro».. «Non vedrò il futuro, ma ho previsto benissimo quel che sarebbe successo, mentre lui non aveva capito niente. E poi dove sono tutti questi vecchi?». Al potere, insinua De Rita. Ma da maestri o da usurpatori? Sentiamo un giovane politico che ha già provato a esser vecchio in un altro mestiere. «Come nel calcio, anche qui a una certa età bisogna avere il coraggio di lasciare». D'accordo, Gianni Rivera, ma la saggezza... «Questo non è il momento della saggezza. Perfino l'America si è affidata a un uomo di 46 anni». Ricambio, ricambio. Però al Senato ci sarebbe un certo Giulio... «Sapete che vi dico? - racconta Libertini -. Gente come Forlani è sorpassata. E Gava quando parla in pubblico è così enfatico da riuscire imbarazzante. Ma Andreotti no. Lui non è un reduce». E Miglio: «Andreotti è superficiale, ma non ha perso il contatto con la realtà». «In Parlamento gira una battuta», chiude Libertini: «Andreotti sta imparando a fare il giovane senatore...». Massimo Gramolimi Manisco: Miglio, un trombone ma il primo dell'orchestra A sinistra: Lucio Libertini (Rifondazione) Sopra: il giornalista Giorgio Bocca Nilde lotti già presidente della Camera ed ora alla guida della Bicamerale

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