Dieci referendum, ma quanti li capiscono?

Dieci referendum, ma quanti li capiscono? I professori Casetta e Comba ospiti dei Martedìsera in vista dell'appuntamento del 18 aprile Dieci referendum, ma quanti li capiscono? Due docenti universitari spiegano i rìschi della consultazione I referendum sono fissati per domenica 18 aprile e fra i cittadini comincia diffondersi l'ansia che precede qualsiasi consultazione popolare. Perché andiamo alle urne? In che modo incideranno i nostri «sì» o «no» sulla scheda? E' stato fermo l'invito alle Camere del presidente della Repubblica, Oscar Luigi Scalfaro: «Deputati e senatori, rispettate la volontà degli italiani». Su questo istituto, che può rivestire un ruolo di fondamentale importanza in questa fase della storia della Repubblica, ieri si è discusso ai «Martedìsera». Al centro congressi dell'Unione industriale sono intervenuti, nella loro veste di accademici, due docenti della facoltà di Giurisprudenza: il professor Elio Casetta, ordinario di Diritto amministrativo, e il professor Andrea Cornba, titolare della cattedra di Organizzazione internazionale. Referendum, dunque. Da do¬ ve cominciare per illustrare questa materia così complessa? Casetta e Comba concordano: partiamo dai quesiti a cui tra un mese gli elettori dovranno dare una risposta. Alcuni rivestono senza dubbio un interesse di carattere generale: sono quelli che chiedono l'introduzione per tre quarti di un sistema maggioritario con collegi uninominali e un turno per l'elezione dei 315 senatori della Repubblica, e l'estensione del maggioritario a tutti i Comuni, indipendentemente dal numero di abitanti. Altri, come quelli sulla soppressione del ministero del Turismo e dello Spettacolo o sul passaggio delle competenze in tema di inquinamento ambientale dalle Usi al ministero, appaiono invece più specifici. E ancora. Gli italiani dovranno sicuramente esprimersi sulla proposta di abolizione degli articoli di legge sul finanzia¬ mento pubblico ai partiti, sugli interventi straordinari per il Mezzogiorno, sul carcere per chi si droga e sul decentramento delle nomine ai vertici di Casse di Risparmio e Monti di Pietà, mentre i quesiti legati alla soppressione dei ministero delle Partecipazioni Statali e dell'Agricoltura potrebbero risultare superati da una nuova normativa prima del fatidico 18 aprile. Domanda dal pubblico: siamo sicuri che i dieci quesiti referendari siano chiari a tutti i cittadini? E soprattutto, non c'è il timore che il continuo ricorso alla verifica della volontà popolare non finisca per costituire un freno all'attività parlamentare? Il professor Comba ammette che il rischio esiste. Ma osserva che altri sono i problemi. Parla di corretta informazione nei confronti degli elettori e della «capacità del Parlamento di da¬ re immediata attuazione attraverso nuove leggi all'espressione degli elettori». Del resto, aggiunge Comba, il referendum non mette in discussione il sistema rappresentativo della Repubblica, ma costituisce - secondo quanto previsto dall'Assemblea costituente - uno strumento nelle mani del popolo per consentire allo stesso sistema di adeguarsi alle aspettative della gente su temi di interesse collettivo. Il messaggio è chiaro: guai a demonizzare il referendum, comunque la si pensi sulle domande che di volta in volta vengono sottoposte all'attenzione dei cittadini. E valga per tutti l'esempio della Gran Bretagna: nonostante non sia previsto l'istituto referendario, questo Paese non ha trovato altri strumenti di pari efficacia quando è stato posto di fronte al dilemma: «Europa sì, Europa no». [g. a. p.l

Persone citate: Andrea Cornba, Casetta, Comba, Elio Casetta, Oscar Luigi Scalfaro

Luoghi citati: Europa, Gran Bretagna