«Ma io re Silvio sono ottimista» di Valeria Sacchi
«Ma io, re Silvio, sono ottimista» «Ma io, re Silvio, sono ottimista» «Per la Sme ho un piano, lo straniero va bloccato» Il presidente della Standa sogna una fusione con Gs. E la Rinascente? «Mai dire mai» LA GUERRA DIETRO IL BANCONE UDINE DAL NOSTRO INVIATO Silvio Berlusconi e in gran forma. E' arrivato a Tavagnacco per inaugurare il nuovo centro commerciale Friuli, la prima pedina del gruppo Stantìa nella regione. Snocciola volentieri previsioni e desideri, e ne approfitta per prendersi una piccola rivincita: oggi anche chi lo rimproverava di ottimismo nello scorso autunno è allineato sulle sue posizioni. Il padrone di Fininvest riconferma la sua fiducia nella grande distribuzione dove è pronto a investire altri 2000 miliardi in quattro anni, tutti in «autofinanziamento», creando 6000 nuovi posti. Come? Sia con i nuovi ipermercati che con altre iniziative, come i discount. Ma non resteranno ferme nemmeno le altre attività. Anche qui si prevedono 3000 nuovi assunti entro il 1996. Per la distribuzione, è chiaro che il vero moltiplicatore è la fusione con un altro grande gruppo. «La Standa, con i suoi 5700 miliardi di fatturato 1993, che arriveranno a 6000 se ci lasciano aprire entro l'anno anche i centri di Torino, Bologna e Pisa, è già un grande gruppo in Italia. Ma in termini di raffronto europeo è piccola», ammette. E allora? Allora bisogna «avere fantasia», sedersi tutti «insieme per cercare una soluzione». Una cosa è certa: se gli stranieri compreranno le catene, il danno sarà rilevante per la nostra industria. Se è così, per quale motivo ha detto no alla cordata Confcommercio? «Prima di tutto perché non credo molto alle cordate, e poi perché mi sembra che questa iniziativa sia tesa più ad ingessare una attività, per evitare che disturbi sotto il profilo della concorrenza, che a svilupparla». Ma alla Sme c alle sue parti Berlusconi pensa seriamente. Farà un'offerta? «Consentitemi di non entrare nei particolari», risponde, poi accenna in termini generici a possibili «fusioni». Per la Sme, sarebbe disposto ad allearsi anche con lo Stato? «Perché no, dal momento che loro comunque dovranno restare in minoranza?». Su Rinascente, il discorso scivola più sfumato. Ripete, Berlusconi, di essere d'accordo con altri imprenditori nel giudicare negativo l'ingresso di «un protagonista straniero». Riparla di proposte come le centrali d'acquisto comuni. Ma non ha già dichiarato di non avere le forze sufficienti per acquistare oggi il gruppo milanese? <<E' vero, l'ho detto. Ma in affari: mai dire mai». La dimostrazione del dinamismo è questo iper di Tavagnacco: 102 mila metri quadri, di cui 40.000 per il centro con ipermercato Standa e una galleria commerciale di 49 negozi, un bacino d'utenza di 351.000 consumatori, senza contare Austria e Jugoslavia. Un'unità costata 100 miliardi, che ha aspettato otto anni il permesso di apertura: «Ogni giorno l'imprenditore si scontra con la macchina burocratico-amministrativa», afferma Berlusconi, «anche a Torino siamo fermi da 8 anni e potremmo assumere mille persone. Altro elemento negativo sono i vincoli di orario. Solo 44 ore la settimana, mentre potremmo, e dovremmo, lavorarne 78». Qui si aggancia il discorso politico. Ricorda: «In settembre, mi ero opposto al catastrofismo imperante. Per buone ragioni. Vedevo i dati delle mie attività, quelli dei miei clienti. Ritenevo che la crisi ci fosse, ma non la recessione. Solo uno sviluppo rallentato. E sono stato dileggiato». I fatti oggi gli danno ragione: l'inflazione rallenta, la disoccupazione non è così grave come si sostiene, l'export è salito del 27%, la scala mobile è stata messa in soffitta. Puntualizza: «Anche i tassi sono scesi e, altra cosa che attendevo, negli Stati Uniti si è aperta la stagione della speranza». Il discorso si allarga al gruppo: nel 1992 le vendite Standa sono salite del 10%, la pubblicità stampa «tiene» e aumenta dell'8%, quella tv passa da un incremento del 12% al 14%. «Non rallentano i consumi alimen¬ tari, i prodotti per la casa e per l'igiene personale, quelli che usano la marca e la sostengono con la pubblicità» aggiunge, e preconizza «perdite di quote di mercato avranno quei produttori che rinunciano alla pubblicità». Dunque, guai ai catastrofisti, a tutti coloro che «ci hanno inondato di pessimismo, creando un clima di sfiducia che è dannoso per i consumi, e dannoso per le piccole e medie aziende. Nessun malato migliora senza la fiducia». E i dati 1992 del gruppo? «Chiuderemo in linea con l'anno precedente. Gli utili operativi sono migliori, ma pesa l'indebitamento» Farete qualcosa per ridurlo? «Non credo nei prossimi mesi, anche se molte cose sono allo studio. Voglio precisare, tuttavia, che esso nasce dalle acquisizioni, e corrisponde, perfettamente, ai proventi dei diritti televisivi». E sull'Italia che cambia? «Impossibile fare pronostici. Ma un ricambio potrà forse portare ad una nuova efficienza. Di cui abbiamo tutti un gran bisogno». Valeria Sacchi «La ripresa c'è già, l'Italia ha bisogno di un ricambio» Silvio Berlusconi presidente della Fininvest
Persone citate: Berlusconi, Silvio Berlusconi
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