Il Cer attenti all'inflazione

Il Cer: attenti alFinf lozione Il Cer: attenti alFinf lozione «Nel '93, buco da 17 mila miliardi» ROMA. Ormai lo sfondamento è quasi certo. Le previsioni sul deficit pubblico '93 si collocano molto più su del traguardo fissato, 150.000 miliardi: ieri il Cer, Centro di studi economici certo non ostile al governo Amato, ha reso nota la sua stima, 167.000. Suppergiù sulla stessa cifra sono le prime stime che già da qualche tempo trapelano dai ministeri; il responso ufficiale sarà emesso verso l'inizio del mese prossimo, con la «relazione di cassa del Tesoro». Il ministro delle Finanze, Franco Reviglio, smentisce ogni cifra («la verifica dei conti è appena cominciata»); il ministro del Bilancio, Nino Andreatta, osserva un rigoroso silenzio. Ma di fatto si sta ponendo il problema di una «manovra aggiuntiva», come già negli anni precedenti, consistente in nuove tasse o nuovi tagli alle spese; con la differenza che l'economia in recessione e la crescente disoccupazione danno ragione a chi vorrebbe evitarla, e tenersi il maggior deficit. Verso la manovra-bis spingono le condizioni del prestito Cee concordato dal governo Amato. Lo scostamento ammissibile dalla Cee, a causa degli effetti della recessione, sarebbe di circa 1012.000 miliardi tra minori entrate e maggiori spese, al netto di eventuali risparmi nel pagamento degli interessi sul debito pubblico, che non entrerebbero nel conto. Le stime che circolano sul deficit, che comprendono anche un modesto risparmio (da quattromila a novemila miliardi) sugli interessi, vanno quindi molto oltre i margini di tollerabilità. Il Cer (in cui le figure di maggior rilievo sono Antonio Pedone e Luigi Spaventa) non si esprime in modo esplicito prò o contro la manovra-bis, ma esorta al «rigore fiscale» e nega che esistano «scorciatoie»; depreca «l'attenzione ossessiva che i mercati riservano ai nostri dati di fabbisogno del Tesoro», ossia al deficit, ma sostiene che occorre tenerne conto. Al centro del rapporto è il no alla proposta, avanzata tempo fa dalla Confindustria e da alcuni economisti, di una energica riduzione dei tassi di interesse ufficiali. Un po' dimenticata nelle ultime settimane a causa della gravità della crisi politica, la proposta di una forte riduzione dei tassi si fonda sull'esempio dell'Inghilterra: dopo che la sterlina è uscita dal Sistema monetario europeo, il tasso di sconto è calato al 6% dal precedente 10%. Da noi, invece, si è solo recuperato il livello pre-crisi. Ma è per l'appunto l'incertezza sulla finanza pubblica, secondo il Cer, uno dei principali motivi per cui un «ribasso aggressivo» sarebbe rischioso e probabilmente controproducente. «Per dispiegare effetti benefici - afferma U rapporto - una siffatta operazione dovrebbe riuscire a incidere sull'intera struttura dei tassi». Ora, i tassi a lungo termine, determinati dal mercato, in Italia «non hanno seguito né il ribasso sinora avvenuto dei tassi a breve, né il ribasso dei tassi a lunga verificatosi per altre valute». Al contrario, «è molto probabile che una drastica riduzione dei tassi ufficiali si limiterebbe a rendere più ripida l'inclinazione della curva dei rendimenti». Inoltre, il Cer ritiene probabile che una riduzione forzata dei tassi ufficiali «provocherebbe un ulteriore deprezzamento della lira»; «nulla dimostra che un ulteriore deprezzamento darebbe luogo ad aspettative di successiva rivalutazione» come può avvenire per la sterlina. Insomma, i tassi a lungo termine potrebbero perfino salire ancora: è un ragionamento assai simile a quelli che si ascoltano alla Banca d'Italia. Va aggiunto che secondo il Cer l'elevato livello dei tassi non ha «un legame chiaro e inequivocabile» con il livello degli investimenti e dell'occupazione, «pur se è vero che un alleviamento degli oneri finanziari potrebbe impedire chiusure di aziende». Il Cer vede anche incertezze dal lato dell'inflazione: «Si può essere ottimisti» sui fattori interni, con l'abolizione della scala mobile e il contenimento del costo del lavoro, con il «mutamento di comportamento dei settori protetti»; però «non sappiamo ancora se questa riduzione resisterà a un'auspicabile ripresa della domanda» e soprattutto se gli effetti di una così forte svalutazione della lira potrebbero manifestarsi prima o poi. Nella previsione complessiva elaborata dal Cer, l'aumento dei prezzi al consumo nella media '93 risulta del 5,9%, quindi in sensibile rialzo rispetto ai valori attuali (4,4% negli ultimi 12 mesi). L'occupazione calerebbe, nell'anno, dello 0,4% (80-90.000 posti di lavoro in meno). L'incremento del prodotto interno lordo si limiterebbe allo 0,5%, con una flessione dello 0,8% nei consumi. La svalutazione accrescerebbe le esportazioni del 7%. [s. L] COSA PREVEDE IL CER [VARIAZIONI IN PERCENTUALE] / —=^— \ -1993 1994 : 1995s PIL 0,5 1,7 2,1 ESP0RTAZI0NI 7,0 5,2 4£ D0MANDA INTERNA -1,5 1,4 2,3 INVESTIMENTI -3,8 1,1 3,2 CONSUMI -0,8 1,5 2,0 IMPORTAZIONI -1,7 4,1 5,4 PREZZIAL C0NSUM0 5,9 5,3 4,4 OCCUPAZIONE -0,4 0,0 0,5 FABBIS0GN0 [in mid. di lire] 166.880 196.938 207.925 >TASS0 MEDIO B0T 11,4 10,3 9:>4 Nel grafico, le proiezioni economiche del Cer sul prossimo triennio

Persone citate: Antonio Pedone, Franco Reviglio, Luigi Spaventa, Nino Andreatta

Luoghi citati: Inghilterra, Italia, Roma