Che brava Marilù Prati Con Erasmo da Rotterdam fa l'elogio della parodia di Osvaldo Guerrieri

In scena all'Adua, regia di Troiani Che brava Marilù Prati Con Erasmo da Rotterdam fa l'elogio della parodia In scena all'Adua, regia di Troiani PRIME TEATRO TORINO. Marilù Prati sta a Erasmo da Rotterdam come Luciano De Crescenzo ai filosofi greci. Vi ricordate come l'autore di «Così parlò Bellavista» ha divulgato il pensiero di Talete, di Socrate, di Platone? Non ne stravolgeva il senso, però gli dava una domesticità arguta, un tocco di fraterna affabilità, come se Platone (o Socrate, o Talete) tenesse simposio a Mergellina e lì, nell'ombra violacea di una pergola, raccontasse quei miti che avrebbero aperto le menti più opache alla luce della sapienza e della verità. Bene. Marilù Prati ha compiuto all'incirca la stessa operazione. Ha teatralizzato l'«Elogio della follia» con l'animo incline all'affabilità, allo scherzo, al corsivo. In ciò, naturalmente, è stata aiutata dalla natura stessa dell'opera, che Erasmo scrisse nel 1508 per seppellire nel ridicolo la Scolastica medievale. Tenendo presenti i «Dialoghi» di Luciano, che venivano riscoperti proprio in quel periodo, Erasmo tesseva una vasta parodia del mondo contemporaneo. E di parodia (aggiornata) lo spettacolo della Prati è pieno, al punto da diventare parodia al quadrato, cioè parodia della parodia. Troppo? Ma no. La bellissima scena di Enzo Cucchi riproduce un albero sul cui tronco sono incastonati edifici, monumenti ecc. Da quel tronco si stacca una figura filacciosa, con cappello a cono e le dita allungate da protesi acuminate. E' la Follia, l'errore della mente che Marilù Prati nel o spettacolo «libera l'animo della preoccupazione e lo riempie di piacere». Ma un piacere eversivo. Follia, col suo corteo di Vanità, Adulazione, Dimenticanza, Pigrizia, Voluttà, Irriflessione, Golosità, scardina le credenze acquisite, gli inganni della storia, della società. E la Prati, mutando ogni volta abito e registro, si scaglia contro i capisaldi delle convenzioni. Irride al matrimonio come un imbonitore da fiera che trova il suo ritmo in un valzer allegro, s'insinua fra i misteri dell'infanzia e dell'adolescenza, denuncia il narcisismo degli attori e degli scrittori, semina tempesta sulla guerra. Qui l'albero perde una parte di corteccia e rivela uno schermo televisivo che ingigantisce il volto dell'attrice. Le «minima moralia» arrivano a Cristo, che «si è servito della follia per salvare gli uomini», e giungono alla persuasione definitiva: «Fingersi folli a tempo e luogo è solo una sapienza». E' brava la Prati. Recita con intensità e con brio. Dialoga con un quartetto di ballerine che citano le avanguardie storiche, dal futurismo al dadaismo ed offrono momenti di spiritosa teatralità (coreografia di Giuditta Cambieri). Vigila su tutti il regista Massimiliano Troiani, che ha trasformato un'opera filosofica in un varietà intelligente, tanto gradevole da indurre Silvio Berlusconi a farsene produttore. Si replica all'Adua fino a sabato. Osvaldo Guerrieri Marilù Prati nello

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