Paolo Rossi cari giudici avete dimenticato le stragi

«Pop e rebelot», nuovo show del comico Paolo Rossi: cari giudici avete dimenticato le stragi «Va bene Tangentopoli, ma Ustica ritalicus e i morti di Bologna?» «Pop e rebelot», nuovo show del comico BAGNACAVALLO. Un'osteria, tanto vino e lui, il funambolico Paolo Rossi, alle prese con i sette stadi dell'ubriacatura spagnola e messicana, dalla semplice ebbrezza alla sbornia più totale. Dopo la grande popolarità raggiunta con la trasmissione di Raitre «Su la testa», il comico è tornato al teatro: in questi giorni presenta in Romagna (ma la prima ufficiale è il 2 aprile al Ciak di Milano) «Pop e rebelot», nuovo show sviluppato in 7 parti, corrispondenti ad altrettanti passaggi della vita oltre che alle fasi dell'etilismo. Pop sta per popolare e rebelot viene da confusione, in dialetto milanese, ma significa anche un particolare modo di raccontare storie diffuso appunto nelle osterie meneghine. Regia di Giampiero Solari, testi di Riccardo Piferi, Gino e Michele, Marco Posani e Stefano Benni. In scena con Rossi, un gruppetto di musicisti, guidati dal cantautore modenese Vinicio Capossela. L'esordio, al Teatro Goldoni lunedì e ieri, è stato quasi uno choc: il comico ha abbandonato il suo look trasandato che lo ha reso famoso, nel bene e nel male, in tutta Italia. Niente barba incolta, capelli non curati, camicia stropicciata o maglietta oversize e giubbotto di pelle nera. Al loro posto, un sobrio gessato marrone di buon taglio, un corpetto bordeaux laminato, cravatta intonata, capelli al gel tirati all'indietro e persino un elegante cappello. Al levare del sipario, il pubblico è rimasto qualche minuto ammutolito, per poi lasciarsi andare a un liberatorio applauso di benvenuto. Signorilmente vestiti anche i compagni, al basso, alla chitarra e alla batteria. Ottime le esecuzioni di Capossela (prima giacca bianca, poi nera), impegnato al pianoforte e alla fisarmonica nel rendere (e ci riesce pienamente) un'atmosfera da osteria, indovinato teatro del monologo di Rossi. Ma non tutto è nuovo, nello spettacolo. Come sempre succede quando va in scena un comico, molte battute fanno parte del repertorio consolidato nelle precedenti stagioni e se nel mezzo ci si è messa anche la tv (Grillo insegna), si riconoscono subito. Ad esempio, quelle sui socialisti, su Bettino Craxi, il cognato e «il figlio scemo». Già raccontato in tv il sogno dell'incontro con Bettino che domandava perdono. Più nuova, invece, la storiella di Craxi «accerchiato pericolosamente da una folla inferocita. Ho tentato di salvarlo caricandolo in macchina, ma appena dentro si è messo a inveire, a urlare, tanto che l'ho ributtato fuori». Ce n'è anche per il segretario del pds Achille Occhetto: «Marx avrà sbagliato, Lenin pure, Stalin non ne parliamo, ma questo qua ci dice che dobbiamo credere a una quercia». Nel calderone di Tangentopoli, ecco due frecciate ai giudici, aravi e buoni ma con problemi di me¬ moria. Si sono dimenticati di un aereo caduto in mare, di un treno che non riusciva ad uscire da un tunnel, e della scomparsa di una stazione ferroviaria». Facili i riferimenti a Ustica, Italicus e strage di Bologna. All'Associazione dei familiari delle vittime della strage di Ustica è andato l'incasso della prima serata. Al presidente dell'Associazione, Daria Bonfietti, è stata riservata l'introduzione. Sempre con una bottiglia di vino in mano, Rossi ha coinvolto sin dall'inizio uno spettatore, fornendo anche a lui una bottiglia e invitandolo ad imitarlo tutte le volte che lui ingollava sorsate di vino. Occhialini tondi, viso pacioso, l'accondiscendente spettatore non ha battuto ciglio, e alla fine si è trovato parecchio su di giri. In scena bevevano e fumavano tutti, tranne il bassista, giustificato perché astemio. Esilarante la chiusura su Dio e i 7 peccati capitali. Il pubblico, entusiasta, ha chiesto un paio di bis. Mario Scarponi Bevuta generale in scena. Coinvolto uno spettatore alla fine alticcio Suona Capossela Questa volta Paolo Rossi ha cambiato look: lo vedremo in elegante doppiopetto, panciotto di lamé e cappello

Luoghi citati: Bagnacavallo, Bologna, Italia, Italicus, Milano, Romagna, Ustica