Rocard «Un ps tutto da rifare a partire proprio dal nome» di Enrico Benedetto

L'ex delfino di Mitterrand: una nuova utopia per la Gauche Rocard: «Un ps tutto da rifare a partire proprio dal nome» L'ex delfino di Mitterrand: una nuova utopia per la Gauche VIGILIA IN FRANCIA PARIGI DAL NOSTRO CORRISPONDENTE Per alcuni è il nuovo Mitterrand, altri lo considerano un leader post-socialista, riformatore coraggioso (o giustiziere, secondo le prospettive) del ps. Da quando - il 17 febbraio - Michel Rocard lasciò a sorpresa l'Aventino cui sembrava vincolarlo il ruolo di ex premier e futuro presidenziabile per gettarsi nella mischia, la Francia ha occhi solo per lui. All'idea iniziale - sciogliere il ps in un grande abbraccio con Verdi e centristi - ne seguono, giorno dopo giorno, altre non meno rivoluzionarie, come ridurre gli orari di lavoro per arginare la disoccupazione. Il dopo-Mitterrand sembrerebbe ormai appartenergli, ma lo «strappo» gli procura inimicizie e attacchi quotidiani, a riprova che la Rosa soffre nell'abbandonare - dopo 22 anni - un padre-padrone in rapido declino ma ancora temibile. Per rinnovare il socialismo francese, Lei propone un «big bang» politico. Lo giudica un tentativo estensibile ad altri Paesi europei ove i ps attraversano gravi difficoltà, Italia inclusa? «Occorre essere modesti. Le realtà nazionali sono assai diverse in Europa. Ma abbiamo problemi comuni. La crisi ha rimesso in causa il "compromesso keynesiano" che da trent'anni permetteva alla socialdemocrazia europea di costruire una massiccia protezione sociale, contribuendo all'euroimmagine. E' occorso ovunque adottare politiche influenzate dal monetarismo. Così abbiamo perso la nostra identità. Bisogna rimediarvi attraverso una nuova organizzazione del lavoro e politiche comuni. L'opera è ardua, tuttavia non ci restano alternative». La sua rivoluzione è solo di metodo, oppure implica una nuova ideologia? E quale? «Bisogna muoversi su ambedue i fronti. Rimangono identici i valori: libertà, giustizia, l'essere solidali. Ma cambiano gli strumenti. Ancor oggi la Sinistra ama rappresentarsi una società basata sulla produzione e null'altro. Non deve più essere così. Dobbiamo creare una struttura sociale solidaristica in economia di mercato. Nelle attuali società complesse, spesso opache, dove - come ricorda Norberto Bobbio - esiste un "potere invisibile", è chiaro che l'azione politica ha l'obbligo di vigilare su una maggiore trasparenza». Ascoltandola in tv, a «Sept sur Sept», mi ha sorpreso la sua denuncia deU'«arroganza socialista». Potrebbe esemplificarla? «La vediamo sorgere ogniqualvolta il potere o l'universo partitico-sindacale non ascolta più e vive di semplice autofruizione. Vi sono numerosi esempi anche oltrefrontiera. Deploro inoltre la tendenza a dominare i movimenti politici vicini. E' necessario convincere, non assoggettare». I suoi oppositori le imputano di aver silurato la nave senza neppure attendere le elezioni... «Nessuno la pensa così al ps. Lo pretende casomai la Destra con vistosi fini elettoralistici: i socialisti hanno compreso, senza eccezioni, che il mio era l'appello del rinnovamento». II piano Rocard, dice qualche commentatore, non vorrebbe abolire il «socialismo à la francaise» quanto liberarlo dalla longa manus presidenziale. Ritiene vi sia incompatibilità fra Mitterrand e il ps Anni 90? «Francois Mitterrand incarnò per qualche tempo la storia del socialismo francese. Non dimentichiamolo: ruppe con il suo predecessore Guy Mollet, che rappresentava un'altra concezione. Così va la politica. Ma, in realtà, sotto Mitterrand il ps conservò numerosi caratteri propri alla vecchia "sfio". E possiamo attenderci che succeda qualcosa di analogo oggi con lui». Lei insiste sulla necessità d'instaurare una vera ecologia politica: lavoro spartibile fra occupati e non, esistenza da valorizzare, nuova mobilità fra le 3 categorie-chiave (classe studentesca, lavoratori, pensionati) della Francia contemporanea. Bel programma, ma lo trova davvero fattibile? «Intendiamoci. Ecologia politica? Si tratta, piuttosto, di trarre le conseguenze dalle mutazioni che attraversano le nostre società. Abbiamo una ricchezza reale - specie in termini comparati - ma il Paese non riesce più a creare gli impieghi relativi. E' il luogo, la natura medesima del lavoro che vanno ripensati. Suggerisco due fasi. Primo, operare il passaggio dalla struttura sociologica attuale - avente per base solo le funzioni lavorative - a una che realizzi "l'attività piena". Due: la vita si allunga, organizziamone in modo più soft, meno rigido, i tempi. Forse è davvero sognare, ma la definirei "un'utopia fertile", prossima alle nuove realtà cui assistiamo. Impossibile eluderla. Se non l'accoglieremo, il nostro destino è finire in una società segregatoria, ove le caste rimpiazzeranno le vecchie classi. Quel che im¬ porta è salvaguardare la coesione sociale, l'eguaglianza delle chances e la solidarietà. Il gioco si fa grosso». Le prime reazioni di ecologi, centristi e notabili pcf delusi da Marchais evidenziano un timido appoggio, ma anche non poca diffidenza. Come valutarle? «La vigilia elettorale le rende inattendibili: troppi ordini di scuderia. Malgrado tali limiti, finora le risposte m'incoraggiano a proseguire». Bernard-Henri Lévy scrive che al ps - il cui bilancio sarebbe positivo - nuoce la parola «socialista», laddove invece i Verdi hanno dalla loro un appellativo gradevole, limpido, che maschera l'assenza delle idee minime necessarie per giustificarne le ambizioni. Lei bandirebbe il termine dopo il «big bang»? E per sostituirgli cosa? «Lévy fa un'osservazione meritoria. Il Socialismo Reale - orribile sigla - ha causato seri danni all'idea socialista. I ps europei condividono ormai gli stessi valori, bene espressi attraverso la nozione di socialdemocrazia. Al contempo, ciascun partito ha le sue tradizioni nazionali. Noi cambiammo già nel '71. Sino ad allora il ps era la "sfio", Sezione francese dell'Internazionale socialista. Per rinnovarci bisognerà senza dubbio marcare a livello simbolico la nuova strada intrapresa. Ma come ci chiameremo nel futuro va deciso insieme, previo un lavoro collettivo». I sondaggi le annunciano una dura battaglia nel collegio di Conflans-Sainte-Honorine con rischio di nonelezione, a riprova che il prestigio può non bastare. II sistema maggioritario viene additato con sempre maggiore frequenza tra i mali francesi. Condivide la diagnosi? «La proporzionale secca induce spesso una paralisi. Ma lo scrutinio a maggioranza è brutale, intollerante. La via migliore sta nel mezzo: contemperare i due metodi». Lei è in corsa per l'Eliseo: due anni per guadagnare la fiducia della nazione dopo un eventuale rovescio nelle Politiche del 21 marzo. A che programma si affida? «Ricomporre la Gauche, stabilire un ponte fra tradizione socialista e pensiero verde, esprimersi con parole-idee-programmi chiari e onesti. Semplice da enunciare: ma sarà duro metterlo in pratica». Enrico Benedetto A sinistra l'ex premier Michel Rocard. Sotto, il filosofo Bernard-Henri Lévy. A destra il presidente Mitterrand «Ho denunciato l'arroganza socialista perché il nostro partito rischiava di perdere il contatto con la gente»

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