Cagliari sì all'Eni c'erano fondi neri di Susanna Marzolla

Il presidente dimissionario ammette le tangenti: «Ma il sistema c'era quando sono arrivato Cagliari: sì, all'Eni c'erano fondi neri Il presidente dimissionario ammette le tangenti: «Ma il sistema c'era quando sono arrivato Ma il predecessore Reviglio smentisce: non ne sapevo nulla «Non ho mai conosciuto il banchiere Pacini Battaglia» MILANO. «Sì, è vero: l'Eni aveva fondi neri per finanziare i partiti, in particolare psi e de». Dopo una settimana di carcere, dopo altre tre ore di interrogatorio Gabriele Cagliari, presidente (dimissionario) dell'Eni ammette. Ammette, ma dice di aver ereditato questa situazione. Come avrebbe ereditato quel Pier Francesco Pacini Battaglia, detto Chicchi, quale organizzatore dei fondi. Dopo queste dichiarazioni tutto è possibile, compreso un coinvolgimento nell'inchiesta dei predecessori di Cagliari, con il rischio che solo i defunti riescano a salvarsi. Ma il suo diretto antecedente, e ora ministro, Reviglio, fa già sapere che lui, di fondi neri, non sapeva nulla. In serata trasmette infatti la seguente nota: «Il ministro delle Finanze Franco Reviglio, appreso che il presidente dell'Eni Gabriele Cagliari avrebbe ammesso che i fondi neri destinati a finanziare i partiti sarebbero stati preesistenti, smentisce categoricamente, qualora questa affermazione si riferisse al suo mandato, di essere mai stato a conoscenza dell'esistenza di fondi neri». E ancora: ((Afferma inoltre di non aver mai conosciuto il banchiere Pier Francesco Pacini Battaglia, né di aver mai appreso che esistesse una qualsiasi forma di collaborazione dell'Eni con lo stesso o con la sua società, a lui del tutto sconosciuta». Si tira fuori Reviglio, ma bisogna adesso capire che cosa hanno in mano in magistrati. E non sono solo le dichiarazioni di Cagliari, anzi: il presidente dell'Eni si è infatti deciso a parlare avendo scoperto che gli inquirenti «avevano già una serie notevole di informazioni sul sistema dei fondi neri». In sostanza la sua confessione sarebbe soltanto la conferma di ciò che i magistrati sapevano. Ed è anche ovvio che sapessero: hanno le dichiarazionifiume di Pacini Battaglia, hanno conferme da mezzo vertice dell'Eni; hanno i «ricordi» di Florio Fiorini che il tempo, anziché offuscato, sembra aver rinvigorito. A riprova delle loro conoscenze c'è anche l'ennesimo avviso di garanzia a Craxi. Si ipotizza infatti il reato di ricettazione, in concorso con l'ex segretario amministrativo del psi Vincenzo Balzamo, per un totale di 23 miliardi e mezzo provenienti appunto dall'Eni. Tangenti così ripartite, secondo l'accusa: 3 miliardi a mezzo Snam-Saipem (per questo sono in carcere Dall'Orto, Pigorini e Santoro); 4 miliardi da un'altra società; altrettanti dal Nuovo Pignone (l'episodio per cui è stato arrestato Cagliari); ben dodici miliardi direttamente da Chicchi. Più di ventitré miliardi al solo psi nel giro di due anni: era questa l'entità dei finanziamenti che l'Eni era in grado di fornire ai partiti. Ma come era possibile? Cagliari ha spiegato che il sistema si basava appunto su lucrosissime speculazioni all'estero. Il personaggio centrale era appunto Pacini Battaglia: era lui la chiave del sistema, perché tutto si basava sulle sue finanziarie e sulla sua banca svizzera che «lavoravano» con le società dell'Eni, sia italiane che estere. Le dichiarazioni di Cagliari altro non sono state, però, che una conferma di quello che aveva già raccontato Chicchi. E di quello che aveva raccontato ancor prima Fiorini, ex direttore finanziario dell'Eni. Dodici anni fa, secondo i suoi ricordi, era la stessa cosa: reperimento di fondi attraverso speculazioni all'estero (in particolare sui prezzi del greggio), utilizzo di società-paravento, finanziamento dei partiti con percentuale fissa (40 per cento ciascuno a de e psi; il restante 20 per cento a psdi e pri). E se una cosa è cambiata, è solo la ripartizione dei fondi, con i socialisti che fanno la parte del leone, i democristiani che si accontentano di poco e gli al¬ tri partiti che sembrano scomparsi. Dice infatti Cagliari di «non sapere» se altri, oltre a de e psi, hanno «usufruito dei fondi neri». Dunque, in questi dodici anni, quelli che separano Fiorini da Cagliari, nulla sembra essere cambiato: un sistema che è andato avanti senza soluzione di continuità, oppure ci sono stati dei «vuoti» come, per se stesso, sostiene Reviglio? E' quanto vogliono sapere i magistrati mentre anche l'Eni stessa sta indagando in tutte le sue consociate, italiane ed estere: fondi neri per chi, per quanto? Susanna Marzolla Gabriele Cagliari presidente dimissionario dell'Eni

Luoghi citati: Cagliari, Milano