E il leghista sfodera corda e cappio di Fabio Martini

La rissa minuto per minuto alla Camera: molte critiche allo show di msi e lumbard E il leghista sfodera corda e cappio Napolitano: basta con le buffonate La rissa minuto per minuto alla Camera: molte critiche allo show di msi e lumbard ROMA. Che nell'aria ci fosse qualcosa di sospetto, gli occhiuti commessi della Camera lo avevano subodorato di prima mattina. Che strano l'onorevole missino Teodoro Buontempo, tozzo di natura ma così ingrassato all'altezza della schiena. E che strano il camerata Conti, con quelle tasche così gonfie. Tutto molto strano e così, alle 13,20, quando Giuliano Amato prende la parola, alla destra dell'emiciclo si schiera una squadra di commessi di nero vestiti e con gli occhi puntati sui banchi missini. Il capo del governo può parlare senza interruzioni soltanto per dodici minuti. Dalle 13,32 alle 14 nell'aula di Montecitorio si accende una formidabile rissa verbale, innescata dai missini e culminata nello stupefacente show dell'onorevole Luca Orsenigo, un ragazzone di Cantù, «leghista da quando avevo 24 anni». L'exploit dell'amico di Bossi va in onda nel pieno della sceneggiata dei missini, che da un quarto d'ora stanno beccando Amato. In un'aula già elettrica, attraversata da urla belluine, Orsenigo tira fuori una corda con il nodo scorsoio, quello che si usa per impiccare i condannati a morte. Urla l'allievo di Bossi e, puntando negli occhi Amato, fa ondeggiare la sua impressionante forca. Giorgio Napolitano, l'uomo che ha fatto dell'aplomb uno stile di vita, stavolta vacilla. Urla il presidente della Camera: «Metta subito via quella roba!». Poi, più piano, al suo collaboratore: «Chi è quel signore? Come si chiama?». Glielo dicono e Napolitano urla: «La richiamo all'ordine onorevole Orsenigo; la richiamo...». Nell'aula si urla a tutta gola. Napolitano insiste: «Onorevoli colleghi... onorevoli colleghi', onorevoli della de mettetevi a sedere». Su Orsenigo si lanciano due commessi che cercano di disarmarlo, di sfilargli la sua corda. Il ragazzone di Cantù, che gioca a basket in una squadra di oratorio, resiste, ma poi molla l'arma. Mezz'ora dopo, circondato dai cronisti, impapocchia una originale versione del suo gesto: «Quel cappio simboleggiava la corda che il governo sta stringendo al collo della Padania». Una spiegazione che non è bastata a salvarlo da una delle più severe punizioni inflitte nella storia della Camera: l'espulsione per sette sedute. Ma ieri mattina alla Camera non c'è stato soltanto lo show dell'onorevole leghista. Da quando Amato è stato interrot¬ to per la prima volta, sono seguiti 28 minuti di violenza e goliardia. Mezz'ora al calor bianco che è costata l'espulsione dall'aula ai missini Berselli e Marenco e al leghista con la forca. Tutto ha inizio alle 13,20. Giuliano Amato inizia a parlare («Onorevoli colleghi») e, con gesto meccanico, si chiude il primo bottone della giacca. Per qualche minuto va tranquillo, misura le parole e sui banchi missini frigge, si agita il camerata Buontempo, che cinque minuti prima si era confidato: «Se Amato ci offre qualche spunto, se ne vedranno delle belle...». Niente da fare, il capo del governo va avanti. Il camerata Tassi, quello che veste sempre di nero, prova a punzecchiare: «Elezioni, servo¬ no le elezioni...». Il capo del governo non risponde, ma non può più evadere il cuore del dibattito. Tassi ne approfitta: «Ladri!». Amato tra sé e sé: «Oh, Signore». E riprende il filo in latino: «Il dies a quo...». Di parola in parola, Amato scivola sulla riforma elettorale, la bestia più nera nell'immaginario missino. Dice Amato: «Anche io spero che la legge favorisca maggioranze in Parlamento...». Non l'avesse mai sperato. Si accende la canizza missina. Napolitano (calmo): «Va bene, va bene, onorevoli colleghi, si mettano a sedere. Onorevole Tassi si metta a sed...». La frase del presidente si spezza perché, in questo preciso istante, i missini mandano in scena il loro goliardico cohoo di teatro. Un manipolo di deputati si alzano come un sol uomo/ Sono l'onorevole Berselli, dinoccolato avvocato bolognese che una volta si tolse scarpe e calzini in aula, il veneto Pasetto avvocato difensore degli skin di Verona, il marchigiano Conti, un medico dalla testa calda, il genovese Marenco, il crociato anti-telefoni a luci rosse. Si alzano e nelle mani - guarnite da guanti bianchi - agitano con movimento circolare delle spugnette variopinte. Napolitano urla: «Mettano via quegli oggetti! Smettano con questa buffonata...». Pausa e ancora: «Smettano con questa buffonata!». Non se ne parla proprio di metter via le spugnette: i missini hanno raggiunto il loro scopo e sono sempre più eccitati. E quell'originalissimo scontro, tra Napolitano che insiste nel suo forbito linguaggio d'aula («Smettano onorevoli») e i goliardi che roteano le loro spugnette, per qualche minuto suscita rabbia, ma anche qualche sorriso in aula. E visto che i missini non si fermano, Napolitano prova con le buone: «Avete fatto la vostra dimostrazione, chiudetela immediatamente. Onorevole Berselli, onorevole, la richiamo all'ordine per l'ultima volta». Ma Berselli insiste con le sue spugne e Napolitano sbotta: «La escludo dall'aula!». Scrosciano gli applausi da tutti gli altri banchi. Ma Berselli non se ne vuole proprio andare. Agita guanti e spugne. Napolitano, nel frastuono: «Prego i commessi di prendere quegli oggetti. Onorevole Amato la prego di riprendere il suo discorso». Il capo del governo, nel frattempo, si è seduto. Può riprendere, ma dura pochissimo. Amato: «Vi parlo con l'occhio di chi guarda al prossimo Parlamento come uno che non ne farà parte...». Esplode l'applauso missino. Amato: «La soddisfazione, cari colleghi, è reciproca». Inutile dirlo: riscoppia la bagarre. Irrompono i leghisti. Orsenigo fa il suo show della forca e stavolta si scatenano democristiani e socialisti: «Buffoni!». I leghisti: «Ladri! Mafiosi!». . E mentre i leghisti lasciano l'aula in fila indiana, simulando quello che nelle discoteche si chiama il «trenino», i missini sono in un'overdose di eccitazione. L'onorevole Marenco tira fuori un cartello: «Fuori i ladri». Napolitano di nuovo: «Onorevole Marenco metta via quegli oggetti...». Più piano: «Come si chiama quel collega con i guanti bianchi?». II presidente ora è furibondo: «Sono sceneggiate penose e inammissibili, onorevole Amato concluda». Il capo del governo: «Okay, ma non è facile». E il professor Amato ha il tempo di togliersi una soddisfazione: «Se andremo verso un sistema uninominale, qui dentro ci sono 325 deputati di troppo». Uscendo dall'aula Amato fa un commento gelido: «Erano solo leghisti e missini e contro questi qua ho ricompattato l'aula». Formentini, il capogruppo leghista è fuori di sé: «Amato è stato provocatorio, quando ha minacciato di usare la Guardia di Finanza...». Sembra finita ma non è così: il missino Marenco, espulso dall'aula, davanti al bar della Camera si sente apostrofare: «Pagliaccio!». E' il de Raimondo Mairo. Marenco si lancia sul collega, gli sbatte sulla faccia il panino che stava mangiando. Dopo la rissa, Mairo riprende a mangiare tranquillo il suo panino. Fabio Martini Da sinistra: il leghista Orsenigo esibisce il cappio alla Camera; un missino con manette Il presidente dei deputati ordina ai commessi: sequestrate quegli oggetti

Luoghi citati: Cantù, Orsenigo, Roma, Verona