Inquietanti figli della giungla

Inquietanti figli della giungla COSTA D'AVORIO Inquietanti figli della giungla Allevati da animali, verità o leggenda? SIAMO stati tutti abbastanza colpiti dal ritrovamento, a fine gennaio, di un «figlio della giungla» nella fìtta foresta della Costa d'Avorio. Pare che il «ragazzo selvaggio» vivesse da 13 anni tra i bufali: è incapace di parlare, si muove a balzi e teme il contatto con l'uomo. E' stato letteralmente «catturato» dopo lunghi appostamenti; condotto nel villaggio più vicino, Bouaflè, tra gli sguardi curiosi e atterriti della folla, timorosa della sua «diversità», è stato riconosciuto per alcune cicatrici come il nipote di un uomo presente alla scena. Nel 1980 era misteriosamente scomparso, a due anni di età, mentre presso la riva del fiume attendeva la mamma intenta al bucato. Poi più nessuna notizia, lunghe ricerche infruttuose, la donna morta di crepacuore. Ora la foresta l'ha restituito. Sembra una vicenda degna della penna di Kipling, lontana dalla nostra dimensione tecnologica quotidiana. In realtà non tutto è chiaro. Altri genitori si sono fatti avanti sostenendo che il ragazzo è un loro figlio affetto da autismo e scappato da casa a fine gennaio. Comunque stiano le cose, esempi altrettanto inquietanti sono noti nella letteratura antropologica, e se pur casi del genere non sono frequenti, rappresentano un corpo sufficientemente definito di esperienze in cui anche la recente vicenda ivoriese si colloca senza attriti. Le testimonianze su bambini allevati da orsi, lupi e altri animali selvatici, mettono in crisi la nostra visione antropocentrica, creando qualche sottile crepa nei nostri principi evolutivi. Dallo studio di Lucien Maison, Les enfants sauvages, in cui sono raccolti 53 casi di bambini allevati dalle fiere, una delle poche opere di divulgazione sull'argomento, di fatto scaturiscono problemi antropologici e psicologici che vanno al di là del fatto straordinario in sé. Problemi che non riguardano solo il reinserimento nella società civile del bambino, ma pongono domande sul limite delle nostre conoscenze, sulla nostra capacità di adattamento all'ambiente. Osservare le poche immagini di bambini vissuti nella foresta per molto tempo insieme agli animali come il caso di Ramu, il «ragazzo-lupo» trovato nei pressi di Lucknow, in India - è un modo per ripensare al nostro passato più antico, quando la definizione dell'Homo non era ancora ben fissata. Studiando le fonti, si può constatare che i casi di bambini vissuti con gli animali sono più frequenti dal 1700 in qua, forse perché fino ad allora casi del genere erano ritenuti fenomeni tipici dell'immaginario medievale. Dal XVIII secolo l'Europa perde la priorità degli avvistamenti, anche in relazione alla diminuzione delle aree «selvatiche», mentre Africa e Asia si contendono il primato. Lupo, orso e scimmia sono generalmente gli animali che più di altri vengono considerati genitori putativi dei bambini selvaggi studiati. Da essi i figli della foresta sembrerebbero aver assimilato le principali caratteristiche di «be¬ stialità»: con intonazioni simboliche che spesso risentono della tradizione mitico-religiosa di origine precristiana. Le cronache del XIV secolo ci riferiscono di due casi di ragazzi-lupo catturati in Germania, poi gli avvistamenti sembrano spostarsi verso Ovest; in queste zone, fino al XVII secolo, pare che l'animale più disposto ad adottare i cuccioli d'uomo fosse l'orso. Poi il territorio privilegiato divenne l'India, che con i suoi 70 casi attualmente noti, continua a essere il paese dove i bambini trovano una dimensione selvatica che pare chiudersi come un bozzolo protettivo intorno alla loro fragile esistenza. Davanti a questi casi c'è il rischio che l'osservazione sia attratta dai riverberi del mito, c'è la possibilità che riaffiorino i nomi di Romolo e Remo, Mileto, Neleo, o della generosa lupa capitolina e della divina capra Amaltea... Tutto un patrimonio di tradizioni e di credenze che cerca di trascendere l'atavico archetipo dell'animalità, per donarci ancora l'agognato desiderio del primato. Massimo Contini brerebbero aver assimilato le principali caratteristiche di «be¬

Persone citate: Contini, Kipling, Lucien Maison, Mileto

Luoghi citati: Africa, Asia, Costa D'avorio, Europa, Germania, India