Il cielo immaginario Ho pilotato il Jumbo che non c'è

Il cielo immaginario Ho pilotato il Jumbo che non c'è Il cielo immaginario Ho pilotato il Jumbo che non c'è LW avventura alla guida di un «Jumbo», un'ora davanti alla cloche alla destra del comandante (che siede sempre sul seggiolino di sinistra), incomincia appena la torre di controllo dà il via libera per il decollo. I motori si avviano, i pannelli s'illuminano: con il capitano Dieter Kleeberg, 15 mila ore di volo perlopiù proprio alla guida dei «Jumbo» Lufthansa, verifico che le spie davanti a noi non segnalino guasti. La lista dei controlli previsti prima della partenza è lunga ma tutto è in ordine, dagli altimetri agli indicatori di velocità, dalla bussola al radar meteorologico. I serbatoi sono pieni di carburante, anche se ne servirebbe molto meno per arrivare a destinazione, a Oslo. Una sola preoccupazione: le previsioni segnalano maltempo lungo la rotta, che da Francoforte salirà verso Amburgo, prima di lasciare lo spazio aereo tedesco e di sorvolare la Danimarca e il mare del Nord fino alla Norvegia. All'arrivo ci aspetta una pista gelata con forte vento da Nord. Bisognerà stare attenti. Gli aerei davanti a noi in attesa di decollare (un altro «Jumbo», due «Airbus» e un «Boeing 737») sono partiti. Tocca a noi. Arriviamo all'imbocco Est della pista «25R» controllando la direzione con i pedali. Per partire, adesso, basta abbassare le due leve laterali, accanto alla cloche: quelle per dare gas e aumentare la velocità; I motori si impennano, la pista corre e si comincia a intravederne il fondo: i 2400 metri a disposizione per alzarsi stanno per finire e ancora l'aereo non sale, la velocità prescritta per il decollo 135 nodi, circa 200 chilometri l'ora - non è ancora stata raggiunta. Ma niente a bordo segnala un allarme. Il «Jumbo» infatti risponde al tocco della cloche, si alza e la pista scompare, mentre il carrello rientra: dal finestrino adesso non si vede che il cielo sereno sopra Francoforte, poche nubi sull'orizzonte. Il decollo è tranquillo, la prima esperienza di un profano ai comandi del più grande fra gli aerei di linea comincia bene. Se dovessi commettere errori gravi, il comandante mi toglierebbe dai pasticci: i comandi, come su tutti gli aerei, sono doppi. Ma anche se tutto dovesse andare storto avremmo ottime possibilità di cavarcela: tutto, nella cabina, è reale, i comandi sono veri, le reazioni dell'aereo sono vere e anche gli errori lo sareb bero. Ma quel che c'è «fuori» è illusione, un'elaborazione del computer che controlla il simulatore di volo nel quale ci troviamo. Alle nostre spalle, l'ingegner Harmut Loeffel parla col computer, materializza i nostri desideri: quel che vediamo davanti a noi, «all'esterno», è lui a comporlo sulla tastiera dell'elaboratore. Le condizioni del tem po e le immagini che avremo di fronte durante il volo obbedì scono ai suoi ordini. Loeffel è responsabile della programmazione del simulatore e lavora per la Lufthansa: siamo al centro di adddestramento piloti della compagnia tedesca, all'aeroporto di Francoforte. Ac canto al nostro simulatore ce ne sono altri: quelli di un «Airbus 320» e di un «Boeing 737», due bireattori usati sulle rotte a corto e medio raggio, e quello del nuovissimo quadrigetto «Airbus», l'«A-340», da poco in servizio sulle rotte a lungo e lunghissimo raggio. La crisi dell'aviazione civile, il blocco delle assunzioni per i piloti e la conseguente riduzio ne nell'utilizzo dei simulatori impiegati anche per il regolare controllo del personale in servi zio - hanno convinto la Luft hansa ad aprire al pubblico questi impianti. A Francoforte è co minciato poco prima di Natale, e le richieste sono già centinaia, nonostante il prezzo (750 mar chi, settecento mila lire, per un'ora di «Jumbo», 500 marchi per il «737», 650 per 1'«Airbus 320»), Altri impianti funzionano a Brema, dove si può pilotare anche l'«Airbus 310», fratello maggiore del «320». A bordo, abbiamo le carte di volo e quella che servirà per l'avvicinamento all'aeroporto di Oslo. Le abbiamo ricevute prima di entrare in «cabina», al centro di smistamento, dove gli equipaggi Lufthansa in partenza da Francoforte ricevono le informazioni aggiornate sulle condizioni del tempo lungo la rotta, e le istruzioni per preparare i piani di volo.- Le cartine sono complesse, decifrare tutte le sigle, le scritte, i livelli di quota e i radiofari, è difficile. Sono ben visibili i «corridoi» e le rotte obbligate (il comandante, alla partenza, può proporre quella che gli pare migliore, considerate le condizioni del tempo e il traffico, ma saranno i controllori a indirizzarlo durante il volo). La carta sembra una ragnatela, con lunghi fili che si intrecciano intorno agli aeroporti più importanti dell'Europa centro-settentrionale, ognuno indicato da numeri e lettere, ognuno attraversato ogni tanto da simboli azzurri, i radar di controllo. Nello stesso centro, eravamo stati informati delle condizioni del tempo lungo la rotta: per selezionarle, è stato sufficiente programmare il computer, collegato con il centro di Reading in Inghilterra; l'immagine è subito apparsa sullo schermo. Sappiamo dunque che a Oslo c'è tempo fortemente perturbato. Ma adesso che l'aereo sta salendo verso la quota di crociera, 29 mila piedi pari a poco meno di diecimila metri, tutto va bene, non c'è quasi vento, il cielo è sereno. Meglio cambiare qualcosa, allora, per movimentare il volo: l'ingegner Loeffel programma l'incontro con un fronte freddo, e subito il paesaggio davanti a noi cambia. Adesso voliamo all'interno delle nubi, non si vede più niente, ci affidiamo agli strumenti e alla radio. Manteniamo la rotta osservando l'indicatore dell'orizzonte, dove le ali dell'aereo devono coincidere con una linea orizzontale. Altre informazioni ci arrivano da terra. Ma il vento comincia a scuotere l'aereo. La «cabina» sobbalza come se davvero fossimo incappati in una tempesta, grazie al sistema idraulico che la tiene sospesa e riproduce esattamente le scosse che si avrebbero in volo, in una situazione del genere. Mantenere in assetto il jet è difficile, bi¬ sogna tenere stretta la cloche, ma le vibrazioni sono fortissime. Dai controllori di volo sappiamo che a una quota più bassa, sui 4000 metri, la situazione è più tranquilla. Ci abbassiamo, dunque, ma subito cambiamo di nuovo programma e torniamo alle condizioni che troveremmo in quel momento su Oslo. Il computer, adesso, ci presenta l'aeroporto d'arrivo: lo si intravede attraverso le nubi, ma da terra comunicano che la pista è ghiacciata e che spetta al comandante decidere se tentare l'atterraggio. Si tenta, i margini di rischio sono bassi. Ma mentre iniziamo la fase finale della discesa, guidati dai segnali elettronici in arrivo dalla pista, e già abbiamo abbassato gli ipersostentatori del bordo d'attacco delle ali per garantirci il sostegno durante l'atterraggio, un'avaria ci costringe a rivedere le procedure: il primo motore di destra è a fuoco, e subito dopo tocca a quello vicino, ma succede qualcosa anche al terzo, a sinistra. L'aereo adesso si affida a un solo motore, una possibilità molto remota nella realtà ma possibile. Tre spie su 4 sono accese, e una cicala segnala l'avaria. I motori a fuoco vengono subito spenti e isolati, mentre entrano in funzione gli estintori. Il vento da Nord ci flagella, l'atterraggio diventa all'improvviso a rischio. Ci teniamo alla cloche, cerchiamo di rimanere in assetto: una situazione del genere sarebbe difficile, nella realtà, ma l'esperienza del comandante ha la meglio. Tocchiamo terra, l'aereo sbanda perché i freni non fanno presa sul ghiaccio. Il «Jumbo» continua la sua corsa, nonostante l'immediato azionamento degli inversori di spinta per ridurre la velocità. Superiamo i limiti della pista, ma riusciamo a fermarci al bordo estremo, prima di finire nella neve fresca e rovesciarci. Ce l'abbiamo fatta per un soffio, e senza trucchi: tutto quel che ci è successo sarebbe davvero accaduto in un aereo sul quale tre motori fossero andati a fuoco, poco prima di scendere su una pista battuta dal maltempo. L'elaboratore si è limitato a fornire i dati sui quali l'equipaggio responsabile del volo ha lavorato. Anche il sospiro di sollievo, alla fine, è reale. Emanuele Novazio Sopra: il simulatore ' del Boeing 747 «jumbo»; comandato dall'istruttore, riproduce con grande realismo tutte le posizioni e le condizioni in cui può venirsi a trovare l'aereo. A fianco: dopo il «volo» se ne analizzano i risultati: reazioni e comportamenti errati dei piloti sono implacabilmente re^strati. In basso: il «Link-trainer» usato durante la Seconda guerra mondiale, è il precursore dei simulatori moderni

Persone citate: Brema, Dieter Kleeberg, Emanuele Novazio, Loeffel, Luft, Reading