LO ZIBALDINO

LO ZIBALDINO LO ZIBALDINO Aforismi di Rigoni, studioso di Leopardi Meglio la solitudine che la mediocrità FANCIULLA pesarese messa incinta da un turpe seduttore, che la trascina poi sotto i ferri clandestini e mortiferi di un abortista incompetente. Cronaca nera del 1819. Non ne avremmo mai saputo niente se qualche anno fa non avessimo preso in mano il primo volume dei «Meridiani» Mondadori che raccoglie poesie e prose di Giacomo Leopardi, a cura di Mario Andrea Rigoni. E lì, a pag. 390, ecco il fattaccio, ecco la «canzone» da esso ispirata al poeta de «L'infinito», composto in quello stesso 1819. Piccole curiosità erudite, che però tendono a sedimentare nella mente del lettore comune. Pensa te, Leopardi implicato nella cronaca nera! E perché no, anche Dante, in fondo... Nascono altri accostamenti, pensierini, affiorano domande telescopiche, orizzonti fissi si rimettono in moto, più lontani, più vicini... Non c'è maggior piacere che aggirarsi nel territorio sterminato di un classico in compagnia di un esploratore (specialista è oggi termine da trivio), che ti suggerisca via via nuovi sentieri, ti segnali certi arbusti minimi o fiori essenziali. E all'esploratore Ma- rio Andrea Rigoni noi, senza conoscerlo, ci siamo affidati fin da quando leggemmo i suoi primi scritti accademici in difesa del pessimismo di Leopardi. Per incredibile che possa sembrare, la critica «di sinistra» tentò seriamente anche questo, in anni non lontani: la cooptazione di un Leopardi progressista, tutto fervore civile e patriottico, con qualche caduta caratteriale nel malumore. Privatamente deluso, disingannato, certo; ma nel fondo, a cercar bene, sempre un «compagno». Contro una simile lettura Mario Andrea Rigoni si avventò con la limpida, determinata prosa del vendicatore solitario che certe enormità proprio non può lasciarle passare. E mutati i tempi, venute meno le radiose certezze e sciocchezze care a tanti lette¬ rati italiani, egli ha di recente potuto organizzare e diffondere con successo una più che necessaria antologia di testi leopardiani, «La strage delle illusioni» (Adelphi), che del pensiero politico e filosofico del grande lirico rende egregiamente conto. Non ci si può commuovere su Silvia senza sapere che l'infelice Giacomo aveva, oltre a un cuore, una mente delle più affilate. Ora Rigoni dà alle stampe un libro di pensieri proprii, «Variazioni sull'impossibile» (Rizzoli, pag. 106, L. 18.000), già in parte uscito a Parigi con prefazione di Cioran, altro maltoUerato refrattario al Paese dei Balocchi Universale. Si tratta di una raccolta di aforismi, ma converrà sconsigliarlo subito a chi si aspettasse un'ennesima sgranatura di spot per far ridere e ridacchiare in treno. I pur incantevoli paradossi di Wilde, le pur fulminanti battute di Woody Alien, Longanesi, Flaiano, sono altra cosa. Per Rigoni, come per Cioran e, da noi, per un Ceronetti, un Pontiggia, l'aforisma è anzitutto un affare di stile: poche parole, per lo più comuni, usurate, devono essere scelte e sistemate in modo da riacquistare tutta la loro originaria elasticità di lancio. Una fionda per un proiettile che sarà, a sua volta, laboriosamente setacciato tra sassi e diamanti. Su questo punto lasciamo la parola all'autore: «Ore, mesi, anni di fatica, logoramento, disperazione, per contendere al caos un piccolo ritmo perfetto - o soltanto un suo presentimento». Ma anche: «La superiorità dell'aforisma consiste nell'uccidere la spiegazione». E allo stesso mo- do: «L'amore ha anche questo in comune con la poesia: che, quando ci si spiega, si è perduti». Ma l'inspiegabilità dell'aforisma è di natura formale. Chi se ne serve deve mirare a un effetto perentorio, strappare l'applauso. Bravo, colpito in pieno! Col rischio costante, però, che quei missili sembrino scagliati da un pulpito gratuito, illegittimo e magari, peggio ancora, con un certo compiacimento narcisistico. Come ogni autentico «moralista letterario», Rigoni è ben cosciente di questa contraddizione: formulare in termini definitivi, lapidari, ciò che ha origine da un pozzo di dubbi, oscillazioni, chiaroscuri. Chi legge deve sentire la tensione della ricerca, non l'altezzosità del pontificatore. «Sono tutte illusioni, siamo d'accordo, ma le illusioni non sono tutte uguali: da quella che scegli si capisce chi sei». Scegliamo allora qua e là tra i suoi gusti e disgusti: «Niente riflette l'ostinata e miracolosa insensatezza della vita meglio dell'atto sessuale. Pensiamo al giudizio che ne darebbe una pianta...». «Da quando le cose tra le quali viviamo si sono trasformate in oggetti l'intero universo è diventato un fenomeno turistico, Dio compreso». «Eppure l'esistenza è insieme troppo sinistra e troppo piccante perché dietro non ci sia qualcosa». «Che cosa hanno fatto i grandi per meritarsi un inferno anche postumo? Che cosa ha fatto Rimbaud perché una sua biografia potesse essere scritta da un giornalista e presentata da un capo di governo a un convegno mondano?». «Per capire il successo, altrimenti inspiegabile, di certi individui, bisogna sapere che esiste un tipo del tutto particolare di genio: il genio della mediocrità». «C'è stata un'epoca della conversazione, c'è stata un'epoca della discussione. Incapaci dell'una, nauseati dell'altra, non ci resta adesso che il soliloquio in compagnia». Rigoni ha ragione, ovviamente. Ma si potrà dirgli che il soliloquio in compagnia del suo libro rende la passeggiata più tollerabile? Carlo Frutterò Franco Lucenti» Mario Andrea Rigoni Variazioni sull'impossibile Rizzoli pp. 106. L 18.000

Luoghi citati: Parigi