WILBUR L'EGIZIANO SPIA I FARAONI

WILBUR L'EGIZIANO SPIA I FARAONI WILBUR L'EGIZIANO SPIA I FARAONI L. EGITTO mi ha ^ sconvolto. Ho / toccato con dito ' gli zefiri dell'antichità e ne sono stato annullato. Il vento del Nilo riempie la vela della tua feluca e non cessa mai di sussurrarti le voci del passato. Guerrieri, marinai, contadini, re e regine, astronomi, sacerdoti, cavalieri e puttane: tutti ti vengono a cercare, tutti sono lì nell'aria a galleggiare tra l'acqua ed il deserto come miraggi. Ti prendono, ti affascinano e poi ti stordiscono. Ti guidano nel ventre di una piramide, tra gli ori e le bende funerarie della più grande civiltà mai esistita, e ti dicono: prima dell'Africa ci siamo stati noi. Noi abbiamo plasmato questa terra. Noi ed il dio del fiume». Wilbur Smith, in Italia per lanciare il primo romanzo della moglie, sorrideva nel dire queste co¬ se. Sorrideva cercando di nascondere il suo sguardo timido dietro le spesse lenti da miope. Lui, Wilbur del veld e della savana, lui il cantore della saga dei Courteney e dei Ballantyne, aveva ceduto al cantico di un altro pezzo di Africa, lontana dalla Cape Town boera e segregazionista, dai miti dei re Matebele o zulù e dalle leggende boscimane o xhosa. Era bastata un'anticipazione. Un professore del dipartimento di antichità del Cairo lo aveva avvertito: «Abbiamo trovato una tomba stupenda, inimmaginabile. Siamo riusciti a togliere il coperchio al "periodo oscuro", quando i barbari ci invasero. Non abbiamo notizie di quel periodo: sappiamo solo che, dal caos, nacque una stirpe di grandi faraoni. Venga. Ci sono papiri, geroglifici, tesori: la storia sconosciuta di un popolo». Wilbur non se lo fece ripetere due volte: «E' nato così II dio del fiume. Da un viaggio, come per gli altri romanzi. Ma questo libro ha dentro i misteri della natura dell'uomo, il sapore delle origini, qualcosa in grado di cambiarti profondamente». Ecco dunque l'antefatto, che offre un'immagine vagamente diversa dal solito cliché della macchina da bestsellers. Secondo l'agiografia ufficiale, infatti, Smith (che di preferenza abita alle Seychelles) si alza presto al mattino, scrive fino all'ora di pranzo (esclusivamente da febbraio ad ottobre, perché il resto dell'anno è scientificamente dedicato al girovagare per il mondo) e trascorre il pomeriggio a gingillarsi tra golf, passeggiate in montagna e mogli, visto che Danielle, T'attuale, è la numero tre. Con qualche postilla però: non ha mai sfiorato una macchina per scrivere («Uso solo la biro, ogni 100 pagine una segretaria mi ribatte tutto»); da giovane gli editori gli hanno sbattuto la porta in faccia costringendolo a fare «/

Persone citate: Cape, Guerrieri, Wilbur Smith

Luoghi citati: Africa, Egitto, Italia