PER IL SALONE ACCORNERO CHIAMA BERLUSCONI

PER IL SALONE ACCORNERO CHIAMA BERLUSCONI Prossimamente PER IL SALONE ACCORNERO CHIAMA BERLUSCONI EMPI duri anche per Guido Accomero: sta tirando i cordoni della borsa; la sua amata creatura, il Salone del libro di Torino, que¬ st'anno si apre (20-25 maggio) in grande austerity, addirittura senza il pranzo inaugurale («300 milioni risparmiati»). Il Patron sarebbe quasi tentato di cercare compagni di strada. Il solo timore è che la sua possa essere una vox clamans in deserto. 0 c'è del vero nell'attenzione che Berlusconi avrebbe verso la kermesse torinese? Ma ci si chiede se Accomero accetterebbe «questa» mano tesa. «Altroché, ne sarei felice». Anche se Torino corresse il rischio di uno «scippo»? «Saprei difenderla». Contando, naturalmente, sul fair-play di Sua Emittenza. Fondi bloccati per i traduttori Difficoltà o rischio di morte? Domanda legittima a proposito della Scuola europea di traduzione letteraria, unica sinora nel vecchio continente, nata a Torino nell'agosto scorso per iniziativa di Salone del libro, Regione e Università, maggiore finanziatrice la Cee. Un'ottantina di borsisti di tutt'Italia, scelti tra 1900 candidati, corso biennale diviso in 4 quadrimestri, impegno teorico e pratico su 5 lingue con la guida dei massimi specialisti italiani e stranieri, adesione di 30 editori, imminente pubblicazione dei primi lavori (da Einaudi, Melangolo, Giunti, Sellerio, e/o). «Scuola di alta qualità» conferma Accomero che l'ha sostenuta sino a oggi ma aggiunge: «Non posso più continuare a pagare». I 565 milioni Cee per il '92 e i 700 per il '93 non si sono visti per ora: arrivati in Italia, ma fermi a Roma o chissà dove. Così, nell'ultimo mese nessuno è stato retribuito. «Tante ansie - spiega l'ideatrice e direttrice Magda Olivetti - mentre la scuola sta perfezionando il suo aspetto giurìdico al fine di rilasciare agli allievi un diploma valido in tutta Europa». E' allora doveroso chiedersi: 1°) Dove sono i denari «europei»? 2°) E' troppo sperare che un'istituzione culturale necessaria venga aiutata? Non si tratta, per caso, di civiltà? Quando il pei scoprì Primo Levi I primi lettori di Se questo è un uomo non sono stati gli acquirenti del libro uscito da De Silva nell'autunno '47 per iniziativa di Antonicelli, dopo il rifiuto di Einaudi. Sono stati, nella primavera dello stesso anno, i «compagni» del pei di Vercelli abbonati al settimanale L'amico del popolo diretto da Silvio Ortona. Grande amico di Primo Levi, Ortona pubblicò ampi stralci del manoscritto: «Mi faceva leggere le sue pagine; gliene chiesi qualcuna, il loro valore era evidente». La piccola scoperta, fatta dallo studioso Luca Baranelli durante una ricerca su Calvino, porta a una conferma: il primo titolo del libro, poi cambiato in accordo con l'editore, era Sul fondo. Ma «Levi si sentì subito molto legato al secondo, definitivo» sottolinea Alberto Cavaglion, interprete tra i più attenti dell'opera dello scrittore. Nel suo nuovo libro Loescher Primo Levi e Se questo è un uomo, sapiente quanto discreto viaggio nell'universo forse inesplorabile di Levi, Cavaglion dà conto di un'altra, questa volta sua, scoperta: il Rapporto scritto da Primo con il suo compagno di prigionia Leonardo Debenedetti e pubblicato (vero esordio) su Minerva Medica già nel luglio '46. E' la descrizione dell'arrivo al Lager e dei forni crematori. Descrizione «scientifica» che, «non condizionata da nessuna norma poetica, non solo parla ma, quasi, urla» e che non sarà ripetuta in termini così erodi in Se questo è un uomo. Perché, ricorda Cavaglion, «Levi scrittore, davanti all indicibile, tace». [m. app.l

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