Bruciò bandiera ebraica Diciotto mesi di carcere di Giovanni Bianconi
Bruciò bandiera ebraica Diciotto mesi di carcere Roma, dura sentenza contro naziskin Bruciò bandiera ebraica Diciotto mesi di carcere L'imputato: una condanna esemplare Rinviati altri 2 processi a teste rasate ROMA. Sono tornati i naziskin, ma stavolta alla sbarra, in un'aula di tribunale. Era il giorno dei processi agli antisemiti, ieri, al palazzo di giustizia di Roma, e il primo verdetto è stato severo: un anno e mezzo di carcere per Andrea Insabato, 34 anni, un passato da estremista di destra, per aver bruciato allo stadio una bandiera con la stella di David. Sentenza rinviata al 26 aprile, invece, per Alessandro Di Martino, 21 anni, «testa rasata» dell'ultima generazione, accusato di aver «marchiato» con la stella a sei punte le vetrine di alcuni negozi gestiti da commercianti ebrei. Rinvio anche per Giorgio Cola, diciannovenne simpatizzante del Movimento politico occidentale, mandato a giudizio per aver distribuito volantini antisemiti. Era l'8 novembre scorso quando allo stadio Olimpico, in mezzo agli ultras laziali, Andrea Insabato fece un falò della bandiera con la stella di David. Intervennero le forze dell'ordine, poi le indagini del sostituto procuratore Giovanni Salvi, Ieri l'epilogo. L'imputato s'è seduto davanti al tribunale per tentare di spiegare le ragioni di quel gesto: «Era un fatto simbolico, per attirare l'attenzione sui diritti negati al popolo palestinese. Ma non nutro odio razziale contro gli ebrei». Il pubblico ministero Pietro Saviotti ha chiesto la condanna ad un anno di galera per il reato di istigazione all'odio razziale, ma i giudici del tribunale sono stati più severi: un anno e mezzo di galera senza la sospensione condi¬ zionale della pena, perché l'imputato è colpevole, oltre che del reato contestato dal pubblico ministero, anche di «accensioni ed esplosioni pericolose». E' questo uno dei pochi casi in cui è stata applicata in un'aula di giustizia la legge del 1975 che punisce «chi incita in qualsiasi modo alla discriminazione o a commettere atti di violenza o di provocazione nei confronti di persone perché appartenenti a un gruppo nazionale, etnico o razziale». «E' una condanna esemplare, hanno voluto colpire me perché non si verifichino più questi episodi», ha commentato Insabato alla fine del processo: prima del verdetto della Corte di Cassazione non andrà in carcere. Sentenza rinviata invece per Di Martino, reo confesso di aver attaccato quegli adesivi con la scritta «Via i sionisti dall'Italia» sulle serrande di alcuni commercianti del ghetto. Nell'interrogatorio il giovane naziskin ha difeso la propria azione perché - ha detto testualmente - «i sionisti sono una mafia terroristica e razzista, come la P2, solo che il sionismo opera a livello internazionale. Certo - ha aggiunto - ci sono anche degli ebrei per bene». A giugno sarà giudicato anche l'altro naziskin Giorgio Cola. Gli ebrei era scritto nei volantini che distribuiva - «hanno un piano per favorire attraverso la propaganda abortista il decremento delle nascite e la migrazione degli extracomunitari nell'occidente». Giovanni Bianconi
Persone citate: Alessandro Di Martino, Andrea Insabato, Di Martino, Giorgio Cola, Giovanni Salvi, Insabato, Pietro Saviotti
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