«Eltsin, mi hai deluso ma sei meglio dei Soviet» di Cesare Martinetti

«Eltsin, mi hai deluso ma sei meglio dei Soviet» «Il Paese oggi è diventato un gran formicaio con insetti impazziti che si muovono in tutte le direzioni» «Eltsin, mi hai deluso ma sei meglio dei Soviet» Afanasiev: il Congresso è l'erede fedele della Russia autoritaria PARLA IL GURU DEMOCRATICO MOSCA DAL NOSTRO CORRISPONDENTE Che fanno i democratici? Yurij Afanasev, per esempio, nella prima domenica del dopo-Eltsin, se ne sta in casa con una tuta colorata, nel quartiere universitario di Mosca a riflettere. Confessa di non essere andato al Congresso dei deputati del popolo: «A cosa sarebbe servito?» Critica Boris Eltsin per le sue incertezze, si lamenta che non gli risponde nemmeno più al telefono, prevede un regime autoritario-parlamentare che rallenterà «la corsa della Russia verso il mondo contemporaneo, ma senza fermarla. Indietro non si può tornare». Yurij Nikolaevich, lei insieme a Eltsin, Sacharov, Popov e Palm nell'89 fu copresidente di quel «Gruppo Interregionale» che ha costituito il primo partito di opposizione nel Congresso dei deputati del popolo dopo settant'anni di comunismo sovietico. Quel gruppo si è da tempo disperso, i democratici sono stati zitti e silenziosi come non mai nel Congresso che ha segnato la fine di quella stagione politica. Perché? «E' semplice, Eltsin ci ha deluso. Se mettiamo su una bilancia la sua politica di questi anni, il piatto del negativo pesa più di quello del positivo». Dove ha sbagliato? «Si è mosso lungo una linea democratica, ma in modo non continuo ed ha finito per fare il gioco della vecchia burocrazia russa, la stessa dei tempi di Kruscev e di Breznev, che alla forza e al potere di un tempo ha potuto aggiungere ora anche il capitale che gli viene dalla svendita del patrimonio di Stato». Ma non è stata proprio questa burocrazia ad opporsi alla sua politica? «Sì, perché Eltsin nel cammino delle riforme andava più lontano di quanto non volesse la burocrazia del Congresso. Il suo grande errore è stato quello di non combattere i vecchi burocrati diffondendo la democrazia in tutti gli strati della società, che invece è rimasta amorfa, non strutturata, senza forze che la rappresentano». Secondo lei, quindi, l'azione di governo di Eltsin è stata anti-democratica? «Diciamo che in questi anni è mancata una direzione e un'attuazione democratica della riforma che, fatta com'è stata fatta, ha favorito i forti e impoverito i deboli. In questa situazione il conflitto tra i poteri era inevitabile e puntualmente è arrivato alla resa dei conti». Eppure solo un anno fa questo stesso Congresso aveva data a Eltsin i poteri speciali e aveva consentito la nomina a premier del giovane Gajdar. Com'è stato possibile un rovesciamento di posizione così radicale? «Non bisogna dimenticare chi sono i membri di questo Congresso: su poco più di mille, 900 erano dirigenti del pcus e 500 di loro hanno votato per uno come Ivan Polozkov, l'ultimo segretario del partito di tutta la Russia, tuttora deputato». Ma come si spiega l'alleanza tra i vecchi burocrati comunisti e i giovani nazionalisti? «L'ideologia non c'entra niente, li uniscono ben altri valori: la Russia arcaica con le vecchie aspirazioni collettivistiche, egualitaristiche, statalistiche. Intendendo per stato non un ente al servizio della società, ma con pieni poteri su di essa. Sono conservatori e autoritari». E adesso che faranno? «L'itinerario è abbastanza ben delineato: un regime autoritario mascherato dalla retorica della costituzione e del parlamentarismo. Si tratta di vedere quanta parte di territorio riusciranno a tenere». Lei pensa che ci saranno nuove spinte nazionaliste e indipendentiste? «Al Congresso non se n'è parlato nonostante sia questo il problema più importante. Vi sono repubbliche, regioni e province che ogni giorno approvano delibere totalmente in contrasto con le decisioni centrali. La Russia è oggi un gran formicaio con insetti impazziti che muovono in ogni direzione. Il movimento è molto intenso e il governo non se ne rende nemmeno conto, tutto avviene al di fuori del controllo dello Stato, comprese le esportazioni di materie prime. Sembra che non sia possibile immaginare una situazione peggiore. Ma in realtà c'è un aspetto positivo: in questo tumulto sta crollando il vecchio potere russo». Professor Afanasev, lei crede che la stagione politica di Boris Eltsin sia finita? «E' finita questa stagione e questa linea politica; non so se è finita anche la personale stagione di Boris Eltsin. Certo, ha deluso. E' andato al potere con la bandiera della lotta ai privilegi e alla cor¬ ruzione, ma poi si è scordato di combatterli. La gente capisce a suo modo e dice: quando c'erano i comunisti il paese non veniva derubato». Lei pensa che dopo questa conclusione del Congresso, cambierà anche la politica estera russa, si tornerà ad un clima di confronto con l'Occidente? «Non credo un ritorno al passato, ma un certo raffreddamento ci sarà. Nello schieramento dei vincitori si sente la nostalgia dell'imperialismo, riemergerà la tendenza a respingere tutto ciò che arriva dall'Occidente. Ma come per il mercato, anche per la politica estera non ci può essere un ritorno indietro». Afanasev, lei che conosce bene Boris Eltsin, cosa pensa che farà ora? «Rimarrà presidente, tenterà di riformulare una politica attiva, d'attacco, farà l'appello al popolo, tenterà di organizzare il suo referendum». Come voterebbe la gente? «Il presidente ha perduto molto dell'appoggio popolare, ma credo che possa ancora vincere. La gente potrebbe votare per lui in odio al Congresso, a Khasbulatov e a ciò che essi rappresentano». E lei? «Voterei per lui. Ma non sento alcun entusiasmo di correre al seggio elettorale». Cesare Martinetti Yurij Afanasev Yurij Afanasev

Luoghi citati: Mosca, Russia