Il sesso è una condanna impariamo a dire basta di Liliana Madeo

Il sesso è una condanna impariamo a dire basta bl caso. Una studiosa inglese demolisce l'ultimo tabù: «astensionisti», venite fuori Il sesso è una condanna impariamo a dire basta Pi RIMO: buttar giù dal piedistallo il «genital myth», il mito della sessualità genitale. Secon I do: smetterla di pensare - così come fan tutti, o quasi che qualsiasi forma di sesso (eterosessualità, lesbismo, omosessualità maschile, sado-masochismo), anche quelle forme un tempo considerate anormali e ora invece tollerate in nome del profondo rispetto per il «myth», sia meglio del non fare sesso per niente. Terzo: includere, fra le opportunità che la cosiddetta libertà sessuale offre, anche la scelta di interrompere ogni attività di sesso - in barba a Freud e alle sue teorie - e di godersene i vantaggi che ne derivano: per la salute fisica e mentale della persona, per la felicità della convivenza in coppia e in famiglia, per la crescita intellettiva e interiore dell'individuo. C'è un libro, appena uscito in Inghilterra, che lancia queste proposte e sta facendo scalpore. S'intitola Women, celibacy and passion (Donne, celibato e passione, ed. André Deutsch) e il serissimo Observer lo considera un saggio sull'«ultimo tabù» della nostra società. L'autrice, Sally Cline, è un'ex giornalista ora studiosa di tematiche femminili. Si rivolge a uomini e donne ma in particolare si occupa dell'effetto che sulle donne produrrebbe il martellamento secondo cui chi non fa sesso è un infelice, un malato, uno spostato, un poveraccio. «Cinquantanni fa ci voleva un bel coraggio a una donna non sposata per dire che faceva sesso e che le piaceva. Oggi ci vuole coraggio per dire il contrario», sostiene. Moltissimi - secondo lei - sono gli uomini e le donne che si sono stufati del sesso facile consumato in questi anni, e da cui non hanno tratto il piacere, le emozioni che volevano. Gli «astensionisti» sarebbero sia sposati sia single, motivati dalle più diverse ragioni: odio o paura del sesso, stanchezza, malattia, abuso sessuale, casualità, mancanza di tempo, mancanza di partner validi. Pochissimi ancora, invece, sono quelli disposti ad ammettere di aver chiuso con il sesso, a riconoscere la loro diversità o addirittura a sbandierarla come una conquista, una scelta di valenza politica, un passo avanti nella concezione sia del sesso sia della valutazione di sé. Queste persone - per la Cline - vanno snidate e incoraggiate a parlare della loro esperienza. Lei le sue convinzioni le sbandiera con passione. Prima, però, ci dà un'altra lezioncina. Solo gli zucconi e i retrogradi - apprendiamo - pensano ancora che «celibe» sia la persona che non ha contratto matrimonio. Lei ci spiega invece che i nuovi dizionari a quella spiegazione ne aggiungono un'altra, che «celibe è chi si astiene dall'avere relazioni sessuali». Lei questa esperienza l'ha vissuta in prima persona. Ebrea, cinquantenne, con educazione cattolica alle spalle, la Cline è stata eterosessuale, le- sbica, sposata, separata, divorziata. Ha una figlia. Ha interrotto ogni attività sessuale dopo una malattia al cuore, e allora ha scoperto che stava benissimo ugualmente, che anzi non le mancava niente e aveva ritrovato - nell'oasi di quel limbo asessuato - la pienezza della sua persona, la creatività, la libertà dai condizionamenti che la società impone soprattutto alle donne (diete, bellezza, sacrifici, consumismo). Nell'assenza di sesso, il gioco di potere fra i sessi finalmente lo ha visto riequilibrato. «Celibato - dice conciliante non è anti-sesso, anti-amore. E' passione senza possedere, passione senza essere posseduti». Non vuole spaventare il lettore. Nella graduatoria dei cultori di questa pratica mette in testa gli «ascetici», quelli che al sesso hanno detto basta, e in coda i «sensuali», quelli che incorrono in avventure passeggere e praticano la masturbazione. In mezzo, tante variabili. Compresi i finti celibi, quelli che i media propongono come belli, soli, agghindati e desiderabili: un vero imbroglio, denuncia la Cline, perché in realtà questi single sono in attesa dell'incontro fatato - di sesso - con l'altro. Mentre il celibato, lei insiste, è una cosa seria, una scelta che riguarda la mente e lo spirito prima che il corpo, e non necessariamente è definitiva. Per quanto la riguarda, ad esempio, è ottimista: immagina possibile e augurabile, nel suo futuro, un rappòrto d'amore e di coppia. «Ma - precisa questo non necessariamente significa vivere con qualcuno. Io vorrei sempre avere delle pause di celibato». Per verificare la sua «scoperta» Sally Cline è andata a intervistare donne sposate, suore, ragazze, lesbiche, uomini single e anche i mariti di donne che si sono liberate dalla routine della sessualità «normale», dalla dipendenza dall'altro. Questi ultimi, dal suo libro, risultano quelli che meno hanno capito il senso filosofico e spirituale della scelta fatta dalle loro mogli, e più sembrano lontani dal dare ragione alla scrittrice. Che però non perde la speranza di fare proseliti. Ha scovato Mark, marito felice da 15 anni e «celibe» da 10, che dice: «Spesso il sesso è il prezzo che una donna paga per avere l'amore e la tenerezza di un uomo». Mark è uno su un milione?, ironizza l'Observer. Liliana Madeo

Persone citate: André, Cline, Deutsch, Donne, Freud, Sally Cline

Luoghi citati: Inghilterra