«Ero paraplegico, adesso cammino grazie alla volontà e a un trapezista»
«Ero paraplegico, adesso cammino grazie alla volontà e a un trapezista» A Mixer la storia di un uomo di Voghera che ha vinto la malattia «Ero paraplegico, adesso cammino grazie alla volontà e a un trapezista» IL CASO CARROZZINA ADDIO ESSUN miracolo, dice. Solo forza di volontà, e _ _ un metodo efficace per supportarla. E' così che s'è alzato da quella carrozzina: «Credendo che ci sarei riuscito. E quando sono stato in piedi, bello dritto, senza appoggi, ho detto solo: porca miseria». Lorenzo Pernetti, 31 anni. Abita a Voghera. Nel 1981 lo tirano fuori a fatica dalla sua automobile dopo un incidente e non gli lasciano speranza: lesione del midollo, paraplegico. Incomincia allora «la lunga esperienza di ospedali», in Italia e in Francia: «Mi trattavano da paralizzato, insegnandomi a convivere con la nuova situazione come se fosse definitiva. Dentro di me lo rifiutavo, mi sentivo normale, facevo una vita normale». Università, laurea in legge, amici, vacanze. «Niente televisione, non la guardo mai. Ma un giorno, l'anno scorso, mi hanno portato una cas- setta: registrazione di un servizio di "Mixer", la storia di un trapezista del Circo dì Mosca paraplegico dopo una caduta, che in 5 anni si era rimesso in piedi. Diceva il servizio che ora il trapezista era tornato al circo e aveva aperto un centro dove insegnava il suo metodo. Mi sono informato. Prima di partire ho incontrato il neurochirurgo che mi aveva operato in Francia, una persona che stimo e apprezzo. Mi ha detto: "Lorenzo, mi dispiace ma non ce la farai"». Lorenzo arriva al Centro Valentin Dikul, a Mosca, il 26 ottobre del '92. Ne esce il 28 febbraio scorso: camminando con le stampelle. Mixer, che con Marcella De Palma lo ha accompagnato, stasera racconta i quattro mesi di lavoro di Lorenzo Pernetti alla riconquista dì se stesso. Stasera il documento. Domani sera lui, Lorenzo Pernetti, a commentarlo in studio con Giovanni Minoli. Pernetti, sicuro che la sua storia in televisione non scateni illusioni impossibili? «Spero di no, proprio perché non è un miracolo. E Valentin Dikul non illude nessuno. Non esistono bacchette magiche, nemmeno lui ne ha una. Esiste soltanto il credere fermamente in qualcosa e perseguirlo. A Mosca ho trovato un metodo efficace, con gli strumenti necessari per far fare dei progressi al mio corpo. E ho trovato un modo diverso di trattare i paraplegici: come sportivi che debbano prepararsi a un record. Poi Valentin Dikul sente su di sé quello che provi, al contrario dei medici che cercano di avvicinarsi al tuo problema per approssimazione». Perché crede che non le lasciassero speranze? «Forse perché la scienza non considera tutto quello che non riesce a pesare, tagliare, cucire. Ha biso- gno di certezze. E' vero che un tessuto nervoso lesionato non si rigenera, ma in alcuni casi accadono cose diverse da quelle controllate in laboratorio. A me è servita la concentrazione, l'uso della volontà come un laser per portare gli impulsi al posto giusto». < A casa Lorenzo Pernetti con¬ tinua con quel lavoro. L'obiettivo adesso è posare le stampelle. Dovrebbe farcela in un anno e mezzo, dice: «E allora forse si creeranno le condizioni giuste per provare ad aiutare altri. Credo che sia questa la cosa migliore per un uomo». Eva Ferrerò Lorenzo Pernetti (a destra nella foto) al Centro di Mosca con Valentin Dikul Con ginnastica e volontà s'è alzato dalla carrozzina
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