Ditemi chi ha ucciso mio figlio

Ditemi chi ha ucciso mio figlio Disperato appello di un padre a due anni dall'assassinio di Grosso Canavese Ditemi chi ha ucciso mio figlio «Sono pronto a pagare chi mi aiuta» «Chi sa qualcosa sulla morte di mio figlio si faccia avanti. Per una buona informazione sono pronto a pagare». E' il disperato appello di Guido Bertini, artigiano di Grosso Canavese. Da due anni spera, a ogni squillo del telefono, che dall'altro capo del filo un magistrato o un carabiniere gli dica «Bertini, l'abbiamo preso. Ora può vedere in faccia chi ha ucciso il suo Lorenzo». Un'attesa che lo ha fatto invecchiare, gli ha tolto il sonno e la serenità. La sera del 18 marzo 1991 suo figlio Lorenzo, 28 anni, impiegato all'aeroporto di Caselle, sentì abbaiare i cani in cortile e si affacciò al balcone. Venne ucciso da un proiettile di carabina cai. 22: un colpo solo, che ferì il ragazzo a un fianco, trapassò il costato e si conficcò nel cuore. Guido Bertini, 68 anni, nella villetta di via Cittadella 30 trattiene le lacrime con una smorfia: «Ha fatto in tempo a fare un passo indietro, ad appoggiarsi alla porta, a dire "papà". Lo abbiamo sdraiato sul divano, un minuto dopo è morto». Lorenzo stava per sposarsi: dopo la sua morte, i parenti hanno dovuto disdire il banchetto di nozze, rispedire ai mobilieri l'arredamento dell'alloggio preparato per gli sposi all'ultimo piano della villetta dei Bertini. «Non ho voluto affittarlo - dice il padre -. E' vuoto, ma non riesco a pensare che ci possa abitare qualcun altro. Nella sua stanza, da quella sera, non ho più messo piede. L'abbiamo chiusa a chiave». La sera del 18 marzo era la festa del paese, a Grosso c'erano le giostre, folla che si divertiva nella piazza che dista pochi metri dalla casa dei Bertini. Dopo il delitto i carabinieri di Venaria, Cirio e Torino lavorarono per mesi, senza risultato: un ragazzo dal passato così limpido che è stato impossibile trovare un movente per l'omicidio. Gli inquirenti setacciarono l'ambiente di lavoro di Lorenzo, interrogarono gli amici, passarono al vaglio l'azienda del padre. Tutto mutile. Si convinsero che l'assassino fosse uno squilibrato: nelle settimane precedenti qualcuno si era divertito a prendere di mira le finestre illuminate, in qualche caso sparando con una calibro 22. Gli episodi si verificarono a Fiano, Cafasse, Noie: dopo il delitto, i proiettili vaganti cessarono, ma non è stato mai scoperto il responsabile. Da sei mesi, la famiglia Bertini paga un investigatore privato: «Mia moglie è più rassegnata, dice che se anche scopriranno il colpevole, Lorenzo non tornerà in vita. Io no, io voglio sapere». Dopo il delitto, Guido Bertini ha cambiato vita: esce poco di casa, ha rinunciato alle bocce, ossessionato dal pensiero del figlio. «Tutte le notti, tutti i giorni, una dopo l'altra, sfilano le immagini di quella sera maledetta. Sono pronto a pagare chi mi indicherà la strada per arrivare all'assassino. Avrà accanto madre, amici, moglie, persone che possono nutrire dei sospetti. Invito questa gente a mettersi una mano sulla coscienza». Giovanna Favro llll '<«**llll Guido Bertini Il balcone su cui fu colpito il figlio l

Luoghi citati: Cafasse, Caselle, Cirio, Fiano, Grosso, Noie, Torino, Venaria