Nuova febbre italiana: la raccolta punti

Nuova febbre italiana: la raccolta punti Due famiglie su tre partecipano ai concorsi a premi e le aziende li promuovono per vincere la crisi Nuova febbre italiana: la raccolta punti Ogni anno investiti per gli omaggi 4500 miliardi Il successo spesso coglie impreparatigli ideatori Sette colonne nell'ultima pagina dei principali quotidiani: «Parmalat si scusa per il successo. L'eventuale ritardo con cui potranno essere consegnati gli orologi della promozione Football watch è causato dallo strepitoso successo dell'iniziativa». Dietro questo annuncio a pagamento,, si nasconde l'ultima mania degli italiani: la raccolta punti. Una «febbre» che contagia un numero sempre maggiore di consumatori: due famiglie su tre, dice il settimanale «Mondo», che al fenomeno ha dedicato un'inchiesta. E precisa: i concorsi promozionali lanciati dalle industrie e dalle catene di supermercati sono l'unico settore pubblicitario su cui non soffia il vento della crisi. Mentre il mercato degli spot televisivi e la pubblicità su giornali e riviste è fermo, concorsi a premio e regali crescono del 15 per cento, superando ormai i 4500 miliardi di lire l'anno. Con esempi di «boom» clamorosi. Come i dodici milioni di confezioni di ceramiche, tovaglie e mulini spediti in un anno dalla Balilla. Oppure i due milioni di orologi Swatch dedicati alle squadre di serie A che sono andati a ruba tra i consumatori dei prodotti Parmalat. Ma c'è un altro risvolto. Aziende leader nell'alimentazione o nella distribuzione stanno diventando importanti operatori in settori assolutamente diversi dal loro business tradizionale. La Balilla, per esempio, spende un'ottantina di miliardi l'anno in ceramiche. La Standa si merita il titolo di primo acquirente di posate in argento. E la Parmalat, con un conto di 30 miliardi, è ormai il primo cliente mondiale della svizzera Smh, la casa produttrice degli Swatch. Spese a nove zeri, insomma. Ne vale davvero la pena? «Certo che sì - risponde Domenico Barili, direttore generale della Parmalat -. Queste promozioni non sono più un investimento nel vuoto, ma un buon affare. Assicurano un ritorno immediato. Sono capaci di cambiare il trend di vendita nel giro di 3040 giorni. Noi lo abbiamo sperimentato direttamente, prima con le felpe delle squadre di calcio, poi con gli Swatch. Risultati che la pubblicità tradizionale, pur va¬ lida, da sola non può certo assicurare. Dunque, la nuova formula per incrementare le vendite impone sia la reclame, sia la promozione». Però forse ci rimette la pubblicità, quella tradizionale. «Ma no, che non è vero - ribatte Klaus Davi, della Yong & Rubicam, l'agenzia di Gavino Sanna -. Questi concorsi a premi puntano sulla fedeltà, mirano a rendere più continuativo il rapporto tra consumatore e prodotto. Sono un veicolo alternativo, ma non sostituiscono la pubblicità tradizionale. Anzi, sfruttano gli effetti della promozione precedente, quella fatta di spot e di inserzioni. Se un'azienda emergente scommette sui concorsi a premi senza prima aver investito sul marchio, rischia di rimanere nell'anonimato. E' una formula che ha senso solo per chi già investe in pubblicità». Dunque, tutti contenti. Aziende e pubblicitari. E il consumatore? Per Gustavo Ghiaini, presi- dente del Movimento consumatori, fa un affare: «Questi concorsi non premiano un prodotto peggiore rispetto a uno migliore. Premiano la fedeltà a un certo marchio. E si promettono, in un momento di consumi molto bassi, di incrementare le vendite. Al massimo l'acquirente si deve domandare se davvero gli serva quel prodotto oppure no. Ma dietro non c'è alcuna trappola». Pier Paolo Luciano Le vendite crescono in poche settimane I pubblicitari: ma bisogna che il marchio sia noto Due concorsi pubblicizzati dai periodici in questo periodo: Il cliente che completa le schede riceve un omaggio direttamente al negozio oppure alla casa produttrice: in Italia c'è il boom di questi «concorsi»

Persone citate: Domenico Barili, Gavino Sanna, Gustavo Ghiaini, Klaus Davi, Pier Paolo Luciano, Yong

Luoghi citati: Italia