Ma il buon cow-boy non vuole linciaggi di Lorenzo Mondo

Ma il buon cow-boy non vuole linciaggi r- -n Ma il buon cow-boy non vuole linciaggi I abbiamo visti l'altro giorno al Senato, missini, leghisti e comunisti rifondati, scagliare contumelie e banconote false contro il presidente del Consiglio che, battuto sull'infausto decreto relativo al finanziamento dei partiti, chiedeva fiducia per il suo governo. E sia pure che si trattasse di un governo camaleontico, come quello che ha dovuto cambiare per strada buona parte dei suoi effettivi: da Scotti a Martelli, da Goria e De Lorenzo a Ripa di Meana. Cosa mai vista per il passato, e non è detto, con il vento che tira da Milano, che altri non debbano perdersi ancora, per inquisizione o per disamore. Ma l'esibizione che ha trasformato in circo sgangherato l'aula di Palazzo Madama non aveva giustificazione: accantonato il decreto, capitan Amato chiedeva soltanto di traghettare la sua ciurma composita fino al porto o al Maelstròm del referendum e di successive, prevedibili elezioni. Tenendo a bada l'eterogenea fratellanza corsara che pretendeva, invece, elezioni immediate e accampava, in mancanza di numeri esigibili, non si sa bene quale legittimazione popolare. Il virtuistico sdegno riproponeva in realtà, con buon anticipo, la frammentazione e i vizi di un sistema che non sarebbe sostanzialmente modificato da una spruzzaglia in più di voti ribelli. Mentre ostacolava il referendum del 18 aprile dal quale si attende il primo cam^biamentfiTaéllé regole dèTfeioco alle quali dovranno attenersi anche gli impuniti vociferatori.'; f Li abbiamo visti, i giovani missini di Milano che attendevano La Malfa davanti al Palazzo di Giustizia per gettargli addosso sputi e monetine. Un consigliere della fiaccola è arrivato a sostenere, con malcelato rammarico, che contro il leader repubblicano avrebbero potuto fare molto di più. Dovevano fargli inghiottire l'olio di ricino o magari scuoiarlo? Come se il risanamento del Paese dipendesse da quei 50 milioni non registrati che costituiscono, sem mai, un parametro di sanatol ria possibile e accettabile. Dulcis in fundo, abbiamo sentito il prof. Miglio, testa pensante della Lega, proclamare che «il linciaggio è la forma di giustizia nel senso più alto della parola». Trasecoliamo, e andiamo a consultare, ^dte voce, il benemerito dizio- nario Battaglia: «Linciaggio. Esecuzione sommaria di delinquenti colti in flagrante o di presunti autori di delitti gravissimi come l'assassinio, la violenza carnale, ecc., compiuta dalla folla senza l'osservanza di alcuna procedura giudiziaria (negli Stati Uniti diretta soprattutto contro negri)». Avete capito che distillati di saggezza mette in circolo il nostro diabolico professore che - cranio raso, orecchie a sventola, occhi matti - vagheggia scenari da macelli giacobini o da piazzale Loreto? Ma non lo sa che persino i cowboys più svelti di mano e di pistola fanno il diavolo a quattro per impedire un linciaggio? Il dottor Mefisto non sarà per caso uno specialista in iettatura? Dalla fiera di Palazzo Madama alle provocazioni di Miglio abbiamo registrato in una settimana una serie di sintomi allarmanti che rivelano come molti ritengano di vincere inefficienza e corruzione con un irnbarbarimento della parola e del gesto che appartiene ai periodi più torbidi della nostra storia. Proprio quando in modo pacifico ma inesorabile stiamo avviandoci, sia pure confusamente, verso il grande cambiamento delle istituzioni e, sperabilmente, del nostro costume. Non riusciranno ormai a fermarlo gli uomini del vecchio potere, ma neanche quelli che si fìngono nuovi. Intendo i residuati di ideologie e pratiche totalizzanti sconfìtte sull'orizzonte planetario, o i presunti «barbari» rigeneratori che farebbero bene, intanto, a non guastarsi il sangue con imprudenti fornicazioni. Nessuno, ha ragione Bobbio, può dirsi del tutto innocente, esibire l'immacolatezza di un anno. E il nuovo, se nascerà, avrà bisogno, non di improvvisati e dubbi giustizieri, ma della fatica, e persino dell'espiazione, dei migliori, di una riscoperta di valori che vanno affermati nel dialogo e nel civile confronto. Il resto è vanità e follia. Lorenzo Mondo u

Luoghi citati: Meana, Milano, Stati Uniti