Fratelli ladri, venite in convento di Ferdinando Camon

Fratelli ladri, venite in convento Lettera dei Francescani: le nostre porte sono aperte, è l'ora del pentimento Fratelli ladri, venite in convento QUELLI che sono coinvolti, o che possono essere coinvolti, nell'affare "Mani pulite", vengano in convento», han chiesto ieri i francescani. L'invito contiene un ragionamento sottile: vengano in convento perché soltanto così, separandosi dal mondo, possono riesaminare con calma la loro vita e rendersi conto del male che han fatto alla società. Si tratta evidentemente dei tangentari non scoperti, anzi non sospetti; quelli che sono ancora innocenti per tutti, ma dentro di sé sanno di non esserlo. Quanti saranno? Milioni? Tenendo conto che la tangente, grossa o piccola, era una prassi consolidata e capillare nella vita della nazione, l'invito dei francescani ha tutta l'aria di proporsi come la ripulitura morale di un popolo e di un'epoca. L'unica forma di ripulitura, tra l'altro, visto che dalle istituzioni politiche non viene fuori proprio niente. La chiamata in convento non sostituisce la confessione ai magistrati, ma la prepara: vengano a noi, a fare l'esame di coscienza, se no non possono parlare con i magistrati. Qui c'è l'idea che nessuno è in grado di vedere bene le proprie colpe se prima non esce dal mondo: deve uscire da una morale e immergersi in un'altra. Fin che resta nella morale del mondo, della politica, degli affari, della carriera, vedrà una minima parte delle colpe che ha commesso, o non ne vedrà nessuna: le colpe gli possono apparire come meriti. E' quel che dicevamo di fronte ai primi suicidi: il suicida per tangenti è uno formato a vivere secondo la morale della politica, che credeva fosse tutta la morale, e che di colpo deve fare i conti con un'altra morale, la morale del popolo: non regge, ed esce dalla vita. Il mondo è un'infezione, che si cura in quella camera sterile che è il convento. C'è nella proposta dei francescani anche una buona dose di orgoglio: l'orgoglio di poter offrirsi per una correzione della stona. E qui purtroppo qualcosa bisognerà pur rispondere, ai frati. Se l'aspettano, del resto, quando premettono: «Ci sentiamo in qualche modo corresponsabili per aver implicitamente permesso, col nostro silenzio, un generale e tacito adeguarsi alla situazio- ne»: solo che ahimè non è stato un silenzio dissenziente, ma un fortissimo grido consenziente. Un grido che è durato mezzo secolo, e cessa soltanto adesso, a colpe già pubblicamente scoperte e denunciate. Quello che adesso vien chiamato regime ha potuto stabilirsi così solidamente e durare così a lungo perché era, non tacitamente sopportato, ma raccomandato a viva voce dalla chiesa: è stato come se la chiesa stendesse una mano sugli attuali inquisiti, e dicesse al popolo: «Garantisco per loro, puoi votarli». Anzi: «Devi votarli». Anzi: «Guai se voti contro di loro. Se lo fai ti scomunico». Sì, al punto in cui siamo c'è una fetta di popolo che deve entrare nei conventi e chiedere perdono alla chiesa. Ma c'è una fetta di chiesa che deve uscire dai conventi e chiedere perdono al popolo. Ferdinando Camon

Persone citate: Lettera, Mani, Milioni