Un'esecuzione annunciata

Un'esecuzione annunciata Il parricida di Leinì non si pente: «Mi sono tolto un peso» Un'esecuzione annunciata «Ecco perché ho dovuto ucciderlo» «Non mi pento, ad ammazzare mio padre mi sono tolto un peso». E' cominciata così la confessione, davanti al giudice Virginia Borgani, di Massimo Lisci, 27 anni, il cantoniere del Comune di Leinì che ha ucciso il padre a fucilate. Freddo, lucido, ha avuto un solo momento di emozione: quando ha creduto che suo padre Lorenzo, 50 anni, fosse ancora vivo. «Dio mio, ho fallito. Adesso sono un uomo morto», ha detto, con le mani tremanti. «Uscirà dall'ospedale per uccidermi». E quando, dal pronto soccorso del Giovanni Bosco, è arrivata la conferma del decesso: «Meno male. Così non si poteva andare avanti». Non ha versato una sola lacrima, ha risposto come un automa a tutte le domande del giudice, dei carabinieri di Leinì, del suo avvocato Antonio Penne tt a: un delitto premeditato, consumato a freddo senza una parola, a distanza di molte ore dall'ultimo litigio. Massimo Antioco Lisci aveva in comune con il padre soltanto la passione per la caccia. Giovedì sera ha nascosto il fucile calibro 12, un modello Beretta semiautomatico, nel cortile di casa, in via Lombardore 120, e ha aspettato che il padre tornasse dal lavoro. Nell'alloggio al secondo piano della palazzina, la madre Maria Maddalena Atzori, operaia di 50 anni, stava preparando la cena. Lorenzo Lisci, netturbino in servizio a Torino, è arrivato alle 20,30 a bordo della sua Renault 19. Il figlio ha imbracciato il fucile: l'uomo è sceso dall'auto, si è avviato verso l'ingresso del palazzo. Massimo ha sparato un primo colpo a distanza ravvicinata, tre o quat- tro metri. Il padre ha spalancato gli occhi barcollando, ha fatto qualche passo per tentare di fuggire. Il fucile calibro 12 si inceppa, il ragazzo libera l'arma del bossolo rimasto incastrato, ricarica, spara ancora. Un altro colpo, due, al volto, al petto, il padre crolla a terra nel sangue. A dare l'allarme alla Croce verde di Leinì sono stati i vicini di casa: Massimo, prima dell'arrivo dell'ambulanza, è salito sulla sua Renault 5 e si è allontanato. «Un ragazzo normale», dicono i parenti schiudendo l'uscio di via Lombardore. Tre anni fa, una brutta storia di eroina: pochi mesi, poi il ragazzo era riuscito a disintossicarsi. Ora cùnduceva una vita regolare, senza mai mancare al lavoro. Il fratello Giambattista, di due anni maggiore, se n'era andato di casa a 16 anni «perché non andava d'accordo con il padre», dice l'avvocato Pennetta. Poi, anche per lui, una storia di droga, con l'obbligo della firma, fino ad oggi, alla caserma dei carabinieri. L'assassino è stato fermato dai militari di Leinì poco dopo il delitto: era seduto a bordo della sua auto, parcheggiata nei pressi della caserma. Beveva birra, lo stereo a tutto volume. Si è consegnato senza opporre resistenza. «Io e mia madre - ha spiegato - avevamo paura di lui. Studiavamo il suo umore quando tornava a casa dal lavoro per capire se era possibile parlargli. Ci picchiava, ci puntava il coltello alla gola, non gli andava mai bene niente. Vivere con lui era un inferno». L'awo- cato Pennetta spiega che il padre «era ossessionato dal timore che il ragazzo avesse ricominciato a drogarsi. Forse Massimo aveva effettivamente ripreso a farlo, di nascosto ai genitori». Ieri mattina, il fratello Giambattista era seduto al bar che si affaccia sulla piazza principale di Leinì. Ha letto i giornali, si è richiuso le pagine sul volto, curvo sul tavolino, piangendo. Il fratello, dopo una notte nella cella di sicurezza della caserma dei carabinieri, stava intanto sbrigando, tranquillo, le formalità di rito: la foto segnaletica, le dita nell'inchiostro per le impronte digitali. Poi, per lui si sono aperte le porte del carcere delle Vallette. Giovanna Favro Massimo Lisci ha atteso il padre sotto casa e gli ha sparato a bruciapelo: poi è fuggito «Vivere con lui era diventato un incubo» Una parente dei Usci nella casa dove vivono a Leinì La vittima Lorenzo Usci (sopra) e il figlio Antioco Massimo

Luoghi citati: Comune Di Leinì, Torino