Taccone, Ciarrapico e noi che fessi siamo
Taccone, Ciarrapico e noi che fessi siamo OPINIONI Taccone, Ciarrapico e noi che fessi siamo OGNI tanto sembra che tutti i venti nuovi siano rèfoli, basta mettersi un golfino d'epoca, di quelli fatti dalla nonna, e ogni cosa torna come prima. E lo sport, già conservatore naturale, diventa strumento di restaurazione. Il fatto: ieri ciclotelecronaca di una tappa della Tirreno-Adriatico, con arrivo ad Avezzano città di Vito Taccone pedalatore ruggente negli Anni Sessanta: Adriano De Zan lo ha riesumato sul palco, ed ecco Taccone partecipare, insieme con divertenti ricordi, la sua riconoscenza all'assessore De' Piripacchis, al quale pare sia dovuta la realizzazione di quella tappa marsicana, chissà se con elargizione e uso e magari abuso di denaro pubblico, quel denaro la cui mancanza sta mettendo in crisi l'organizzazione di tante gare, ciclistiche e non. Ma come?, nell'Italia nuova, che cambia sotto il bisturi, siamo ancora al ringraziamento all'assessore? Il ciclismo e De Zan non ne nanne abbastanza di personaggiucci politici, di tangentocultori, di arraffoni di pubblicità e non solo? Ed è già gran cosa che De Zan non si sia associato al ringraziamento, come avrebbe fatto nel passato. Il Giro d'Italia della Fininvest riuscirà a liberarsi e liberarci dall'ossequio politico, dalla mendicità conclamata di contributi, sussidi, attenzioni, permessi, notorietà? O sarà peggiore di quello della Rai, ma più furbo? Staremo a vedere, anzi a guardare, perché vedere non basta più. Ma sa di ancien regime anche questa storia di Cirrrapico che lascia la clinica per andare ad assistere al trionfo della sua Roma. Con le vicen¬ de che lui sta vivendo, e non parliamo proprio di vicende sportive, il riserbo sarebbe la cosa migliore: o si pensa che il mondo è fatto di fessi, pronti all'applauso di commozione, di gioia, disposti a scordare tutto per due gol? La confusione (eufemismo) è alimentata da molti giornali. Lungi da noi ogni idea di incensare Berlusconi, ma davvero ci pare comico e sospetto parlare adesso contro di lui che non saprebbe perdere (ma perché?), e dire di storia che volta la pagina, di Italia liberata dalla paura del Milan, dall'incubo del Milan. Un po' di serietà, via, anche nell'uso delle parole, un po' di senso delle proporzioni nell'uso dei concetti, per situazioni tutto sommato da due soldi, pur se creano incassi di miliardi. E per fortuna - sì, fortuna che la Ferrari va così male che l'inizio della Formula 1 mondiale stavolta ci esime dalla ricorrente produzione di speranze nelle rosse vittoriose. Sennò c'era il rischio di confidare in un'Italia che si riscatta dai suoi mali se Alesi imbrocca una curva, se Berger ritarda bene una frenata. Usare lo sport per anestesie, o addirittura per conservazioni e restaurazioni sarebbe secondo noi, e di questi tempi poi, un crimine, una bestemmia. O, se l'operazione fosse involontaria, una cretinata abissale: anche e soprattutto in chiave speculativa, perché la gente ormai sa, capisce, e ben che vada di un assessore, di un palpito calcistico molto occasionale, di un giro veloce se ne frega. O comunque deve fregarsene, se non vuole che freghino ancora lei. Gian Paolo Orntezzano ino^J
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