«Urge una soluzione politica»

«Urge una soluzione politica» «Urge una soluzione politica» Del Turco: la paralisi è totale un accordo va trovato, e subito ROMA Ottaviano Del Turco, numero due della Cgil, come spiega quest'esplosione della disoccupazione? «Le cifre dell'Istat non sono che una conferma di quello che da tempo il sindacato denunciava. La spiegazione, prescindendo da fattori esterni, è nell'atteggiamento da situazione recessiva che le piccole e le grandi aziende hanno assunto: tutti fermi, in attesa degli eventi. I magazzini dei prodotti finiti non si svuotano e non si riempiono i magazzini dei semilavorati. Ad aggravare questo quadro già preoccupante di immobilità totale, è giunta due giorni fa la decisione spaventosa della commissione affari costituzionali di bocciare il decreto sugli appalti, bloccando anche quest'unica possibilità di riaprire i cantieri e di creare lavoro. Che ruolo ha Tangentopoli in quello che sta accadendo? «Esistono due aspetti che rendono diversa la crisi attuale da quelle che in precedenza il nostro Paese ha attraversato. Innanzitutto, non dobbiamo dimenticare che anche nelle fasi più acute, più gravi, in passato si immaginava un finale del tipo "arrivano i nostri". Ora, invece, sappiamo che non arriva nessuno. L'Italia questa volta i suoi guai se li deve curare da sola». E l'altro? «La gente normalmente sarebbe portata a considerare la disoccupazione come un fenomeno ciclico del mercato. Ora, invece, sapere che esiste anche la questione morale fa sì che si generi un pericolosissimo atteggiamento di passività: fermi gli investimenti e totale mancanza di fiducia. Ci troviamo dunque di fronte ad una situazione difficilmente governabile in cui tutte le attività economiche sono coinvolte sia nella recessione che nella questione morale. Si rischia cioè di innescare una situazione in cui il cerino acceso della disoccupazione può entrare in contatto con il clima di tensione morale che sta montando nel Paese con effetti che dovrebbero preoccupare qualunque persona di buon senso. E tutto questo non aiuta il sindacato». Effettivamente finora il sindacato non sembra aver assunto un atteggiamento deciso. «Negli anni precedenti avevamo inventato dei metodi per fronteggiare situazioni di crisi: penso, ad esempio, alla cassa integrazione normale e straordinaria. Ora non sarebbe possibile: ora si esce solo con una soluzione politica, ma, intanto la politica è ferma, priva di sussulti». Ma è anche vero che esiste un forte disorientamento tra voi rappresentanti dei lavoratori. «Siamo lo specchio delle contraddi¬ zioni del Paese. Di fronte ad una crisi di questa portata spetterebbe a noi farci portatori del rinnovamento morale del Paese. Sarebbe una grande occasione per Cgil Cisl Uil e anche per la Confindustria di presentarsi uniti agli occhi degli italiani da una proposta capace di sfidare la lenta e progressiva corrosione della classe politica». Vale a dire il famoso patto sociale, di cui si parla da tempo? «Se si vuole lo si può chiamare così, anche se sulla dizione "patto sociale" sono già sorti alcuni dissensi e questo non è un inizio promettente. Per ora, dunque, sarebbe meglio limitarsi a parlare di accordo. Io, però, sono convinto che non c'è alternativa. Siamo senza strumenti contrattuali, senza scala mobile, senza una rappresentanza contrattuale legittimamente eletta nei luoghi di lavoro: solo facendo un accordo potremmo dire di aver affrontato la situazione nel modo giusto. Poi, se ci si pone l'obiettivo ambizioso di regolare le relazioni tra le parti, si può tornare a chiamarlo "patto sociale". Se no, continueremo a parlare di accordo». Delle due ipotesi lei quale preferisce? «Io sono per puntare in alto, all'obiettivo ambizioso». Ma nella Cgil non tutti la pensano così. «Non tutti la pensiamo allo stesso modo, è vero, ma non mi rassegno di fronte al fatto che la Cgil se ne stia a guardare l'involuzione del Paese senza far nulla». Flavia Anubile Ottaviano Del Turco segretario generale aggiunto della Cgil

Persone citate: Del Turco, Flavia Anubile, Ottaviano Del Turco, Paese

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