Lo conosco bene, anzi no

Lo conosco bene, anzi no PRIME CINEMA «Sommersby» di Jon Amiel con Richard Gere e Jodie Foster Lo conosco bene, anzi no Un reduce e un enigma: la sua identità TRUCCATA da vicenda romantica con divi in costume, è in realtà una riflessione sull'identità: cosa dà identità a un individuo rendendolo riconoscibile nella comunità in cui vive e tra gli affetti domestici, cosa rappresenta l'identità per l'individuo stesso, a cosa egli è disposto per salvaguardarla. Insomma: cos'è un uomo, il nome che porta, il passato che l'ha formato, oppure la sua natura e i suoi comportamenti nei presente? Il rifacimento americano de «Il ritorno di Martin Guerre», diretto nel 1982 dal francese Daniel Vigne e interpretato da Gerard Depardieu e Nathalie Baye, ha molti difetti d'incongruità e di furberia: ma è un buon film, solido e interessante. All'inizio della Guerra Civile americana, Jack Sommersby, proprietario terriero d'un paese del Sud, sposato con Jodie Foster, padre d'un bambino, era partito per combattere nell'esercito sudista. Due anni dopo la fine della guerra, nel caos postbellico, Sommersby-Richard Gere torna a casa. E' molto cambiato, il suo cane non lo riconosce, il suo piede non coincide con la forma conservata dal calzolaio, è gentile e amoroso come la moglie non l'aveva mai visto, legge Omero come non aveva mai fatto, intraprende a vantaggio di tutto il paese la coltivazione del tabacco con uno spirito d'iniziativa che i paesani non gli conoscevano. Non sembra lui ma tutti, anche la moglie, desiderano che sia Sommersby, che sia tornato, che la guerra sia finita, che si ristabilisca una normalità: lo accolgono con gioia, lo accettano. I dubbi sulla sua identità, insinuati da un uomo innamorato della moglie, confermati da testimoni di passaggio, vengono messi da parte. Finché Sommersby non viene arrestato e processato per un vecchio omicidio: se confessasse d'essere un altro si salverebbe, se no verrà impiccato. Ai margini del processo, il conflitto si accende tra la moglie, che vuol dire la verità risparmiandogli la vita, e lui che per non voler rinnegare quella identità che è ormai la sua perderà la vita. Tutto il processo, raccontato con effetti forti, è poco credibile (e pochissimo credibile è che a celebrarlo sia un magistrato nero). Ma fino a quel punto la storia è ben condotta; lo stile piano e classico non presenta innovazioni né idee, però è corretto; la mescolanza tra la ritrovata serenità paesano-domestica e l'incombere del dubbio è efficace; l'ambiguità della moglie è recitata con finezza da Jodie Foster; e Richard Gere, si capisce, è Richard Gere. Lietta Tornabuoni SOMMERSBY di Jon Amiel con Richard Gere, Jodie Foster, Bill Pullman, James Earl Jones Drammatico. Usa/Francia, 1992. Cinema Reposi di Torino Astra di Milano Adriano, Ambassade, Archimede, Ciak di Roma. Il rifacimento americano de «Il ritorno di Martin Guerre» ha difetti d'incongruità: ma è un film solido, interessante Jodie Foster e Richard Gere in una scena di «Sommersby», di Jon Amiel A destra Nastassja Kinski: è «La bionda» che sconvolge ogni abitudine nel film di Rubini

Luoghi citati: Francia, Roma, Torino, Usa