Studio Usa: «Sei lesbica? E' tutta colpa d'un gene»
Studio Usa: «Sei lesbica? E' tutta colpa d'un gene» I tes* condotti su gemelle monozigotiche Studio Usa: «Sei lesbica? E' tutta colpa d'un gene» Ma l'Arci-gay condanna la ricerca «Dimostra la voglia di discriminare» WASHINGTON. Lesbiche si nasce, non si diventa. E la responsabilità sarebbe di un gene che gioca uri ruolo chiave nell'omosessualità femminile. E' la conclusione cui sono giunti due ricercatori di Boston, Michael Bailey e Richard Pillarci, i primi ad affrontare l'argomento non in termini psicocomportamentali, ma biologici e in campo femminile. Lo studio, pubblicato ieri, ha preso in esame gemelle monozigotiche (nate dallo stesso ovulo), gemelle normali e sorelle adottive, e ha scoperto che nel caso delle monozigotiche, che hanno cioè comune patrimonio genetico, se una delle due gemelle è lesbica, nel 48% dei casi lo è anche l'altra. La percentuale scende al 16 se le gemelle non sono monozigotiche e addirittura al 6 nel caso di sorelle adottive. Lo studio dei due ricercatori sembra provare una connessione genetica, ma lascia aperto il campo a varie obiezioni. Il fatto che non tutte le gemelle monozigotiche abbiano le stesse inclinazioni, nota Michael Bailey, conferma infatti che influiscono anche le condizioni ambientali. Secondo il biologo Dean Heimer del National Institute of health, è «un ottimo studio, che per la prima volta affronta il problema in campo femminile», visto che in precedenza ci si era concentrati sull'uomo, dimostrando tra l'altro che nel caso di gemelli monozigotici la percentuale in cui anche il secondo è omosessuale è del 52. Il dottor Kenneth Kendler, epidemiologo della Virginia, invita però alla cautela e ricorda che è facile prendere in considerazione spaccati statistici che non sono speculari del vero spettro della popolazione. In altre parole, spiega Kendler, può darsi che le donne coinvolte nella ricerca siano state condizionate inconsciamente e che per questo ci fossero più lesbiche fra le volontarie. Liz Hendrickson del Centro nazionale per i diritti delle lesbiche di San Francisco ha detto che lo studio è il benvenuto se serve a riconoscere le lesbiche e i loro diritti almeno dal punto di vista genetico. Ma non se si riconosceranno i loro diritti solo per quello: «Il lesbismo deve essere protetto come un'associazione valida e una scelta di vita, che sia genetica o meno». Più critico il giudizio del movimento omosessuale italiano, come confermano le parole di Graziella Bertozzo, segretaria nazionale dell'Arcigay: «Sono scettica di fronte a rivelazioni di questo tipo - dice -, perché il campione esaminato potrebbe non essere ampio e quindi la statistica potrebbe non avere grande rigore scientifico». E aggiunge: «Non è importante sapere se una persona è nata lesbica o lo è diventata, quanto indagare sulle condizioni sociali in cui è costretta a vivere. In ricerche come queste vedo una voglia di sensazionalismo, una discriminazione culturale, il tentativo di etichettare il lesbismo come una malattia». [r. cri.] La tennista Martina Navratllova (a sinistra nella foto con l'ex compagna Judy Nelson) difende negli Usa i diritti degli omosessuali
Persone citate: Dean Heimer, Graziella Bertozzo, Judy Nelson, Kenneth Kendler, Martina Navratllova, Michael Bailey, Richard Pillarci
Luoghi citati: Boston, San Francisco, Usa, Virginia, Washington
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