«In piena Tangentopoli continuavano a rubare»

«In piena Tangentopoli continuavano a rubare» «In piena Tangentopoli continuavano a rubare» MANI PULITE l« » tROMA A bufera di Tangentopoli ha cambiato poco o nulla, le «mazzette» sono continuate ad arrivare nelle casse dei partiti come se niente fosse. E allora, per gli onorevoli «cassieri» ci vogliono le manette. Così dicono i giudici di Milano, che hanno chiesto l'autorizzazione a procedere e all'arresto nei confronti di Raffaele Rotiroti, deputato del psi alla sua seconda legislatura, un passato da leader nel consiglio comunale di Roma. Secondo i magistrati di «Mani pulite» ha intascato tangenti per conto dei suo partito - come il senatore democristiano Moschetti - fino al dicembre '92, cioè a scandalo in corso. La richiesta d'arresto è arrivata anche per Moschetti al Senato. «La perpetrazione di tale delitto - scrivono Di Pietro e colleghi a proposito di Rotiroti - nonostante le indagini giudiziarie in corso, l'attenzione della pubblica opinione, la richiesta di trasparenza e moralità che viene dalle più alte cariche dello Stato ed in generale dal Paese, evidenzia che non è sufficiente il richiamo, pur fermo, ai valori della legalità e della correttezza a trattenerlo dalla perpetrazione di tali fatti... Appare estremamente probabile che l'on. Rotiroti commetta altri reati della stessa specie, e ciò comporta la necessità di adottare nei suoi confronti provvedimenti di rigore». Inoltre, aggiungono i magistrati, l'arresto è necessario perché l'indagato potrebbe inquinare o cancellare le prove. L'onorevole in questione - sollecitato da una dichiarazione del deputato verde Paissan che dice: «Ne abbiamo sentite di tutti i colori, ma questa è una novità assoluta» - nega tutto. «Sono totalmente estraneo alle vicende richiamate - dichiara Rotiroti -. Dei fatti avvenuti a fine '92, in piena Tangentopoli, non si sarebbe reso protagonista nemmeno un delinquente comune. Questa considerazione avrebbe dovuto essere tenuta presente anche dai giudici milanesi prima di avventurarsi a proporre misure di eccezionale gravità in assenza di qualsivoglia contraddittorio con la parte interessata». Rotiroti lamenta che tutte le accuse nascono «soltanto dalla parola di un imprenditore», ma questo imprenditore ha fornito tali e tanti particolari da risultare credibili agli occhi della Procura milanese. La storia è quella di un appalto concesso dall'Acea, l'azienda comunale che distribuisce l'energia elettrica a Roma. Da alcune perquisizioni nell'ambito delle indagini su Bartolomeo De Toma - «l'incaricato della segreteria nazionale del psi per la richiesta di tangenti nel settore energentico ed ambientale» - sono saltati fuori appunti che spiegavano il sistema delle spartizioni fra diverse imprese per gli appalti Acea, tutti rigorosamente collegati alle tangenti da distribuire ai partiti. Negli appunti sequestrati comparivano i nomi di molti imprenditori e società, e di nome in nome i magistrati sono arrivati a Massimo Marra, rappresentante legale di una delle imprese interessate all'appalto, la Riet. E' Marra a rivelare che bisognava pagare uan tangente del 5 per cento a de e psi, i quali si spartivano rispettivamente il 60 e il 40 per cento della somma. «Con riferimento all'appalto relativo agli impianti di illuminazione - ha raccontato l'imprenditore nell'interrogatorio del 2 febbraio '93 -, la percen¬ tuale della tangente è stata del 5,50 per cento su tutti i 49 miliardi complessivi, ed io in quali tò di capo-commessa mi sono assunto l'onere di raccogliere il denaro fra le suddette ditte e di versarlo ai sistemi dei partiti». Il valore della tangente era di 2 miliardi e 750 milioni. Di questa somma, 250 milioni sono andati al presidente del Comitato regionale di controllo Saverio Damiani, «versati totalmente in tre rate direttamente nel suo uf¬ ficio da parte mia», ha detto Marra. «Del restante 5 per cento ammontante a 2.500.000.000 di lire, è stata pagata la somma di lire 2.390.000.000 in quattro rate a partire, dal 1991, alla stipula del contratto, e fino al mese di dicembre 1992». Sulla consegna delle mazzette, Massimo Marra è molto preciso. «In particolare - ha detto ai giudici - dopo aver raccolto il danaro fra gli altri soci, io ho provveduto a versare il danaro in questione... Mi spiego. In sostanza ho dato la cifra di lire 1.500.000.000 al senatore Moschetti di cui l'ultima rata versata a dicembre 1992, e lire 900.000.000 all'onorevole Rotiroti di cui l'ultima rata sempre a dicembre 1992. Al senatore Moschetti ho versato il danaro nella sede de romana di piazza Nicosia e nel suo studio presso piazza Navona. All'onorevole Rotiroti ho versato in parte nella sede nazionale del psi di via del Corso ed in parte presso un circolo del psi di via di Largo Argentina...». Ma non basta. Un anno fa Marra fu chiamato da Moschetti, il quale gli disse che l'Ansaldo aveva ricevuto un appalto dall'Acea per la costruzione di una centrale elettrica senza che fosse stata saldata la tangente prevista. «Ne parlai con tele Doriano dell'Ansaldo - racconta Marra -. Dopo circa un mese il Doriano mi disse di recarmi presso lo studio di un commercialista di cui non ricordo il nome ove mi furono consegnate due buste contenenti la somma di lire novanta milioni cadauna, di cui una portai al senatore Moschetti e l'altra all'onorevole Rotiroti». Giovanni Bianconi Per bloccare le tangenti i magistrati hanno chiesto l'autorizzazione all'arresto del de Moschetti e del socialista Rotiroti Nella foto grande Raffaele Rotiroti (psi) che smentisce ogni coinvolgimento nell'inchiesta sugli appalti Acea A fianco, il deputato verde Paissan membro della commissione per le autorizzazioni a procedere

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