«Di questo passo Borrelli sarà premier»

«Di questo passo Borrelli sarà premier» «Di questo passo Borrelli sarà premier» Étentfo il Palazzo Cresce ilpartito dei magistrati UNO SCONTRO TRA POTERI M ROMA ■ I N mezzo al transatlantico, il I capogruppo dei deputati de, Bianco, descrive mezzo infuriato quello che sta succedendo in Italia. «Nessuno se ne rende conto dice - ma stiamo passando da un regime democratico ad un regime burocratico. La spina dorsale di questa operazione sono quei privilegiati dei giudici non eletti dal popolo, irresponsabili, inamovibili. E tutto questo avviene nel nome della lotta alla corruzione. Sembra di leggere alcune pagine di Max-Weber, quando parla dell'avvento dei regimi autoritari. La realtà è che fuori nel Paese e dentro il Parlamento c'è un partito dei giudici». Se Bianco si mantiene sul piano dell'analisi, nelle stesse ore, nell'aula di Palazzo Madama, l'ex-segretario de, Piccoli, traduce questi concetti in un discorso allarmante che rasenta la sindrome paranoica. «Hanno - spiega Piccoli a Franco Mazzola e ad altri senatori de - già tutto pronto. Di Pietro è andato in America, poi, è stato cinque giorni in una caserma dei carabinieri. Ora, prima della scadenza referendaria, un milione di fascisti occuperanno Montecitorio e il Senato e, a quel punto, per ristabilire l'ordine Scalfaro dovrà fare un governo affidandolo al procuratore di Milano Borrelli o a un comandante dei carabinieri». Le paure di Bianco e le paranoie di Piccoli nascono tutte dall'impressione che nel Paese stia venendo fuori un vero «partito dei giudici», con dei referenti in Parlamento (dalla Rete a Rifondazione, dal msi a una parte del pds a parlamentari de come Ombretta Fumagalli) e con un obiettivo: sostituirsi al potere politico delegittimando l'intera classe politica. E' una paura che da tempo aleggia nel Palazzo e che ieri, nel giorno in cui a Montecitorio dopo gli avvisi di garanzia sono cominciate ad arrivare le prime richieste d'arresto (il de Pomicino e il psi Rotiroti), si è fatta ancora più grande. «Sì, che c'è un partito che vuole conquistare il Paese così - spiega D'Onofrio dando voce alla grande paura -. L'ultimo atto saranno gli avvisi di garanzia ai membri di direzione di tutti i partiti del vecchio sistema per falso in bilancio. Per questo ha ragione Cossiga quando esige una soluzione politica». Ma cos'è questo «nuovo partito»? Chi comprende? Da chi è guidato? Punta di diamante del nuo- vo movimento - nella mente degli abitanti di Montecitorio - sono i giudici di Milano, quelli che con un comunicato inducono Scalfaro a non firmare un decreto del governo, o che - come è avvenuto qualche mese fa - inviano un fax a Ciriaco De Mita, presidente della commissione bicamerale, avvertendolo di non essere affatto d'accordo con l'idea di separare la carriera del Pubblico ministero da quella del giudice giudicante. Dietro, le procure che stanno seguendo il loro esempio. Poi, ci sono gli alleati dei giudici in Parlamento, a cominciare dalla Rete. Proprio la Rete, infatti, è considerata dagli altri il braccio politico scoperto dell'intero disegno. Intanto tutti i politici perseguitati, da Martelli a Goria, da Craxi a De Mita hanno riscontrato che le loro disgrazie sono state anticipate spesso da un tam-tam messo in moto, soprattutto, da esponenti della Rete o da riviste legate al movimento (il settimanale Avvenimenti). «Il collegamento Retegiudici esiste, eccome - spiega Pierluigi Castagnetta capo della segreteria di Piazza del Gesù -. Del resto, la Rete è un movimento che mette insieme l'indignazione cattolica e la voglia di rivalsa dei giudici». E proprio questo particolare rapporto ha indotto gh' altri partiti a passare al microscopio tutto quello che avviene nel movimento di Orlando e a tirar fuori strane teorie. «Bisognerebbe - dice ad esempio De Michehs - studiare più attentamente i collegamenti internazionali di Orlando. Il suo viaggio in America ricorda quello di De Gasperi. Per non parlare dei rapporti con la magistratura milanese: addirittura nel movimento di Dalla Chiesa, "Società civile", c'era Livia Pomodoro, cioè il magistrato che ha lavorato con Martelli al ministero della Giustizia. Vien quasi da pensare che abbiamo sostenuto una guerra con la spia in casa...». Signorile arriva a dire che «Orlando è andato in America per proporsi come il garante della nuova Italia agli americani e alla nuova mafia». Martelli ai suoi non si stanca di teorizzare un rapporto ambiguo tra Orlando e Andreotti. E, infine, De Mita non nasconde disprezzo verso l'ex- allievo: «Io ho sempre detto che chi fa il moralista è sempre immorale: e a me mi verrebbe tanto di tirar fuori una lettera da cui si capisce chi è Orlando...». Ma davvero la Rete è ^avanguardia» del partito dei giudici? Orlando nega di avere rapporti preferenziali con le procure italiane. «Io - giura - non sono andato mai né a cena, né a pranzo con un giudice. Né ho rapporti particolari con la magistratura». Se lui parla così, l'altro leader del movimento, Nando Dalla Chiesa, ammette in un libro intervista («Milano-Palermo nuova resistenza») di aver cominciato la sua esperienza politica proprio a braccetto con molti giudici di prima linea delle inchieste su Tangentopoli. Gherardo Colombo e Piercamillo Davigo, ad esempio, sono a metà degli Anni 80 tra i fondatori di «Società civile», cioè la rivista da cui nasce la branca milanese della Rete. «Con Colombo - racconta Dalla Chiesa - cominciai a stringere dei veri rapporti di amicizia dovuti ad affinità culturali... Si faceva l'analisi del Paese in cui vivevamo: il problema della legalità, come creare un nuovo modo di stare insieme non finalizzato all'acquisizione del potere...». Oltre a questo rapporto privilegiato con la Rete, il «partito dei giudici» trova dei compagni di strada con i partiti dell'opposizione estrema: da Rifondazione al msi, alle Leghe. In più possono contare anche su quella che è considerata una vera e propria corrente all'interno del pds, cioè la corrente dei magistrati: da Violante, a Imposirnato, ad Angela Finocch iaro. Proprio questo filone, composto da magistrati arrivati da anni alla politica, ha ga¬ rantito al pds un rapporto sia pure indiretto con i magistrati milanesi. Un rapporto che, però, è sempre più vissuto con una certa sofferenza da una parte del gruppo dirigente del partito, specie dopo che nelle ultime settimane le inchieste hanno coinvolto personaggi vicini al pds: dal «Caso Greganti» a quello dell'ex-sindaco di Napoli, Valenzi. Due giorni fa, ad esempio, Imposirnato si è dovuto sorbire uno sfogo al telefono di D'Alema: «Allora cosa fa è stato l'esordio del numero due di Botteghe Oscure con il suo interlocutore - il soviet di Milano? Adesso giudicano, decidono, legiferano, fanno proprio tutto loro». E la conferma di un certo allarme che il «partito dei giudici» ha suscitato anche nel vertice di Botteghe Oscure è venuta ieri dalla relazione di D'Alema in direzione: «il cambiamento» non può ridursi «alla rivolta moralistica, alla cacciata dei ladri, alla pura esaltazione dell'operato dei giudici». Augusto M inzolfali Orlando nel mirino «E' andato a prendere ordini in America...» Da sinistra: Leoluca Orlando e il magistrato Gherardo Colombo